Entro pochi giorni il Parlamento dovrebbe approvare in via definitiva la legge che mira a sterilizzare il referendum sul nucleare. A quel punto l’Ufficio centrale della Cassazione dovrà valutare se la nuova normativa che ha modificato la precedente situazione abbia assunto i “principi ispiratori” e i “contenuti normativi essenziali” che si pongono a fondamento della richiesta del referendum abrogativo. Nel caso in cui la Cassazione non dovesse ritenere idonea la modifica legislativa e – dando credito alle parole del Presidente del Consiglio – giudicarla solo strumentale a impedire la deliberazione del corpo elettorale, l’esito del giudizio sarebbe quello di far svolgere comunque la consultazione, sebbene sulle nuove norme.
Alcuni autorevoli studiosi (Stefano Rodotà, Massimo Luciani) hanno sollevato una questione che potrebbe rendere però vano quest’accertamento, rendendo complessa l’ipotesi di “trasferire” il referendum sulla nuova disciplina. L’emendamento del Governo su cui si dovrebbe spostare il giudizio del corpo elettorale appare, infatti, palesemente ambiguo: composto da otto commi, cinque di questi abrogano tutte le norme su cui è stato richiesto il referendum, uno (il primo) afferma invece la natura solo sospensiva e non invece definitiva dell’abrogazione, un altro (l’ultimo) stabilisce il termine di un anno della sospensione. Se si andasse a votare sull’intera nuova normativa l’effetto paradossale sarebbe quello che l’eventuale vittoria del sì all’abrogazione dell’emendamento anti-referendum finirebbe per cancellare non solo le norme “truffa” (quello che riservano al governo ogni futura decisione in materia nucleare: il primo e l’ultimo comma), ma anche quella parte dell’emendamento che abroga le attuali norme sul nucleare; con l’effetto irragionevole e contraddittorio di ridare subito al governo tutti gli strumenti per proseguire nella sua politica di costruzione delle centrali nucleari. Al danno si aggiungerebbe la beffa.
Tant’è che si sono prospettate altre strade per dipanare la matassa, sostanzialmente legate all’eventualità che la Cassazione si rivolga alla Corte costituzionale affinché sia quest’ultima ad accertare la costituzionalità delle norme che regolano la materia (nonché della legge che contiene l’emendamento governativo). La strada suggerita è complicata e i tempi rischiano di essere troppo stretti, a pochi giorni dalla data fissata per il referendum.
A me sembra vi sia un’altra e più lineare ipotesi che permetta di dare soluzione alla questione sollevata, nel rispetto dei principi giuridici indicati e delle posizioni politiche espresse. Dando finalmente senso (politico oltre che giuridico) all’intera vicenda.
Come è stato evidenziato, infatti, ciò che rivela l’intento mistificatorio e meramente antireferendario dell’emendamento del governo è contenuto nel primo comma (e in parte nell’ultimo) dell’articolato normativo, non in quelli successivi. È in questa parte della nuova legge che si afferma la volontà di non accogliere i principi ispiratori dei referendari. Nel primo comma si legge che “non si procede alla definizione e attuazione del programma” nucleare solo momentaneamente, in attesa di “acquisire ulteriori evidenze scientifiche” e “delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea”. È questo che appare incompatibile con la richiesta dei promotori del referendum che invece prospettano l’abbandono definitivo di ogni politica nucleare in Italia.
Sulla successiva abrogazione delle norme sul nucleare oggetto dei quesiti referendari, prevista dai commi successivi, non vi è invece nessuna questione di conflitto né tra i promotori del referendum, che proprio quest’obiettivo vogliono raggiungere, né con il Governo che prospetta il loro momentaneo congelamento.
La particolare struttura della disposizione normativa permetterebbe allora un “trasferimento del quesito” rispettoso dei diversi principi ispiratori. Basterebbe operare il trasferimento solo sul primo comma. In tal modo, il corpo elettorale sarebbe chiamato a scegliere tra la sospensione momentanea delle politiche nucleari (così come ritenuto necessario dal Governo e dalla maggioranza parlamentare) e il definitivo abbandono di ogni politica nucleare (così come richiesto dai promotori del referendum).