Nelle Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo del 21 e 22 giugno 2007, le quali contengono un preciso mandato per la modifica dei Trattati vigenti allo scopo di mettere fine a «due anni di incertezza sul processo di riforma»[1], leggiamo – senza mezzi termini – che «il progetto costituzionale, che consisteva nell’abrogazione di tutti i trattati esistenti e nella loro sostituzione con un unico testo denominato “Costituzione”, è abbandonato»[2]. Di fronte a un’affermazione tanto apodittica, viene da pensare che tutte le esigenze che erano state collegate al progetto di una “costituzionalizzazione” dell’integrazione europea e del diritto dell’Unione, siano state messe – almeno per un lungo periodo, se non addirittura per sempre – in soffitta. Tuttavia, se è vero che i più alti voli pindarici del costituzionalismo devono essere considerati come appartenenti al passato, o a un futuro certo non vicino, ciò nonostante una più differenziata disamina del mandato che il Consiglio Europeo ha affidato alla Conferenza Intergovernativa (CIG) e soprattutto del Trattato firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 dai capi di stato e di governo dell’Unione[3] può mostrarci come non tutto sia stato sepolto. Nonostante l’arresto forzato del progetto a seguito dei referendum in Francia e Paesi Bassi, così come delle resistenze di molti altri paesi, alcune delle istanze convogliate a suo tempo sotto il concetto di “costituzionalizzazione” continuano a essere vive e ad avere una loro concreta possibilità di essere tradotte in normativa vigente.