Il disegno di legge costituzionale che mira a travolgere la Costituzione repubblicana, da ieri in Aula, al Senato, ha già meritato critiche, puntuali, serrate e credo ineccepibili da costituzionalisti illustri tra i quali Azzariti, Caretti, Pace, Villone. L’esame di quel testo ne ha riscontrato vizi difficilmente sanabili perché attengono agli ambiti su cui spazia, agli oggetti che coinvolge, alla congruità ed alla finalità che persegue. Ne è chiaramente risultato che configura un uso illegale di un potere legale.
Ma è solo di illegalità che si tratta? Non desta dubbi la legale composizione delle due Camere del Parlamento. Ciascuna Camera ha provveduto a munirsi dei propri organi applicando le disposizioni dei rispettivi Regolamenti. Le elezioni si sono svolte secondo le prescrizioni costituzionali e legislative vigenti. È a norma dell’articolo 88 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 4 novembre 1991, n. 1, che erano state sciolte quelle precedenti. Piena ed intera è stata l’esecuzione delle norme costituzionali, legislative e regolamentari. Non dovrebbe destare dubbi la legale attribuzione delle funzioni che la Costituzione prevede per ciascuna di esse e per ciascuna delle elette e ciascuno degli eletti.
I dubbi, invece, li desta. Attengono alla legge elettorale, cioè ai presupposti, alle forme e ai modi, al procedimento in base al quale sono stati eletti i senatori e i deputati. Riguardano il fondamento della legittimità delle attribuzioni potestative e funzionali delle due Camere del Parlamento. Che il “porcellum” sia infarcito di disposizioni incostituzionali è opinione comune, è dichiarazione pubblica univoca e diffusa, è consapevolezza certa anche di quanti, per bassi ed inconfessabili interessi di parte, si battono per mantenerlo. Cento volte il Presidente della Repubblica ne ha predicato l’intollerabilità democratica, la necessità inderogabile di espungerlo dall’ordinamento della Repubblica per l’evidenza dei vizi di costituzionalità e di congruenza politica. Nel suo discorso alle Camere riunite dopo la sua rielezione ha usato espressioni quanto mai inusuali per sollecitarne la sostituzione con una legge di chiara e sicura conformità ai principi della democrazia.
Sulla legge elettorale pende ora la possibile mannaia di una declaratoria di incostituzionalità da parte della Corte costituzionale. A sollevare la questione è stata nientemeno la Corte di Cassazione, il supremo garante della legalità in Italia. Se questa mannaia calerà, i suoi effetti, a rigore, non colpiranno gli atti posti in essere dalle Camere prima della pronunzia di incostituzionalità ma quelli che la seguirebbero sì. Comunque su quegli atti peserebbe il marchio dell’illegittimità più netta, chiara, definitiva. Netta, chiara, definitiva risulterebbe l’illegittimità della legge costituzionale di deroga dell’art. 138 della Costituzione oggi in discussione. Netta chiara, definitiva risulterebbe la constatazione della carenza di potere delle Camere perché elette con legge costituzionalmente illegittima. Carenza assoluta tanto più in materia di legislazione costituzionale.
A saperlo non è solo chi scrive. Inaspettatamente lo confessa addirittura il senatore Quagliariello (su “la Repubblica, 4 luglio, p. 16). È un ministro della Repubblica, è il Governo della Repubblica quindi che avvia un procedimento illegale ed illegittimo di stravolgimento della Costituzione. La maggioranza di governo delle due Camere, si presta ad assecondare questo disegno eversivo. Le due Camere accettano le mutilazioni delle loro prerogative e dei diritti di ciascuno dei loro componenti per assicurare il compimento di questo misfatto al più presto possibile. Nella convinzione che, una volta adempiuto, si legittimerà da solo, di fatto.
Tutto questo accade qui da noi in Italia, in uno stato che si presume “di diritto”. E lo si tace, lo si consente. Si tace e si consente questa violazione multipla di regole, diritti, principi. Noi non possiamo che denunziarla. E combatterla.