Introduzione
Vi sono romanzi che, in misura maggiore e in modo migliore, ci consentono di comprendere lo “stato delle cose presenti” e gli “scenari futuri”. La grande letteratura arriva alla «vita vera» prima della politica. Cechov, in Reparto n. 6, ci fa comprendere, un secolo prima di Cooper, di Laing e di Basaglia, che i veri matti sono i sani. Se leggiamo i “Buddenbrok”, o le “Illusioni perdute”, comprendiamo il capitalismo e la cultura borghese attraverso le persone che, in quei romanzi, sono ritratte (“le sole persone reali, sono, del resto quelle che non sono mai esistite”: O. Wilde). Il “romanzo” di Montesano è un grande “saggio politico” di questa epoca perché ci fa vedere la realtà del presente e la fisionomia del futuro prossimo. Un’epoca intrisa di falsificazioni, rassegnazione sociale, rapporti personali avvelenati, bugie che divengono verità. L’imperialismo transnazionale, finanziario, mediatico, economico, la “società menzognera dello spettacolo globale”, si impossessa dei “valori” e li “usa contro i valori”: “la bellezza” diviene “business”, la cultura diventa l’arma migliore per affossare la cultura e far trionfare la cupidigia borghese, l’opposizione politica si accorda con la maggioranza e si prostituisce alla cultura del nemico, la religione è compromessa col Dio Denaro. Il mercato globale ingloba tutto, anche gli oppositori, la merce si sostituisce ai cervelli. Il nuovo modello antropologico, o meglio “antropotecnico”, dell’Impero è la “Jeune – Fille”, figura del consumatore totale e sovrano, “nei suoi occhi lo Spettacolo stesso ci guarda”. (Tiqqun, Elementi per una teoria della Jeune – Fille, Torino, Bollati, Boringhieri, 2003) – Montesano ci invita – con A Blok – ad aprire gli occhi su questo paesaggio di rovine, prima che si cancelli persino il nome di speranza e ci indica, come via di uscita, la necessità di “dire la verità”: “dire al potere la verità del potere” (E. W. SAID, Dire la verità. Gli intellettuali e il potere, Milano, Feltrinelli 1995): è questa l’unica forma di lotta vera e reale.“Il pane è pane, la verità è verità”, grida il no-global Scardanelli (G. Montesano, Di questa vita menzognera, Milano, Feltrinelli, 2003), se si vuole cambiare la vita occorre conservare alle parole il loro significato: il resto è tradimento mascherato con il quale si accetta l’ordine del presente. Nell’era del liberismo e della guerra preventiva globale permanente che si nutre della menzogna assoluta (v. Iraq, Spagna), Montesano invita tutti coloro che credono ancora alla “bellezza come promessa di verità”, a dire “No ai giorni del presente”. Un presente fatto di sfruttamento e di guerra. Un rifiuto non della vita ma di questa esistenza (sopravvivenza) menzognera fatta di volgarità e violenza. Anche un nostro grande poeta, Vittorio Bodini, esprimeva tale rifiuto dicendo: «Lasciatemi uscire da questa vita, non dalla vita Signor Cristo, vi sono anime fatte per domandare ed altre fatte per rispondere. La mia è una persiana verde con due occhi dietro, la mia è un remo rosso fra i vivai di cozze che il pescatore aggira nello Jonio, lentamente immergendolo in quell’azzurro che non sa mentire». (V. Bodini, Tutte le poesie, Mondadori, 1970) Il resto è solo un “blob osceno” che ci cola dentro, il resto è la “favola raccontata da un idiota, tutto strepito e furia che non vuol dire nulla”, il resto è solo “un povero attore che si dimena e va pavoneggiandosi sulla scena del mondo la sua ora”. (W. Shakespeare Macbeth). Montesano, come tutti i grandi scrittori e poeti, compie il miracolo di farci vedere la vera realtà “inventandola”. Un miracolo che sola la “magia” delle parole rende possibile. Dove l’inganno sociale, economico e mediatico domina, ci fa capire, riprendendo la lezione di Adorno, che «solo l’esagerazione è vera». Per smascherare lo Spettacolo e liquidare le menzogne del mercato, egli esercita “l’antica arte della Menzogna”, ma una menzogna opposta a quella del potere. Egli usa, seguendo Oscar Wilde, la Menzogna per la “Menzogna”, la cui più alta espressione è la “Menzogna nell’arte”. L’Arte come “magia liberata dalla menzogna di essere verità”. Del resto se è vero il principio generale secondo cui “la Vita imita l’Arte assai più di quanto l’Arte imiti la Vita”, i romanzi di Montesano ci hanno rivelato il temperamento della nostra epoca. La figura di “Don Sossio” e dei “Fratelli d’Italia per il Lavoro e la Morale” (G. Montesano, Nel ventre di Napoli, Mondadori) ci ha consentito di comprendere a fondo la vicenda del Centro di Permanenza Temporanea “Regina Pacis” (S. Foca – Lecce) e la menzogna dell’ “ospitalità”. Il progetto di “Eternapoli”, “perseguito dalla famiglia degli imprenditori Negromonte, ci ha consentito di riflettere sulla prostituzione del nostro territorio, sull’oscenità della “Notte della Taranta”, sulla volgarità delle “beauty-farm”, degli “Acaya Golf Club”, sulle “speculazioni” di Porto Selvaggio, Torre dell’Orso, di S. Cesarea. Del resto come chiunque riesce a vedere nella Parigi di Balzac, la propria città, così, nei romanzi di Montesano, abbiamo compreso che ogni territorio sprofonda sempre più nella menzogna, nella bruttezza amministrata, plastificata e svenduta. Nelle sue pagine abbiamo, però, anche compreso la necessità di resistere, di restare vivi con i pensieri e le passioni, di imparare tutto da capo, di “sperare disperando. Abbiamo compreso che, “lottare per la libertà, vuol dire in sostanza, lottare per la bellezza”, (A. Camus) che la liberazione non passa dall’alternanza di governo, ma dai “magici selciati innalzati a barricate”. (Baudelaire). Abbiamo acquisito la certezza che “quest’estate le rose saranno azzurre e il bosco di vetro e che vivere e cessare di vivere, sono soluzioni immaginarie, perché la vita è altrove”. (A. Breton, Manifesti del surrealismo, Torino, Einaudi, 1987). Altrove da questa vita menzognera. E, soprattutto, abbiamo compreso che «nella sera della nostra vita saremo giudicati sull’amore» (Juan De La Cruz) (di Gaetano Bucci)