L’Italia ha due anni di tempo per riportare il rapporto tra deficit e Pil entro la soglia del 3% e per ricominciare la discesa, con ritmo soddisfacente, verso il tetto regolamentare del 60% nel rapporto tra debito pubblico e Pil (oggi attestato intorno al 106-107%).
Il Commissario agli Affari economici Almunia ha spiegato il senso della Raccomandazione indirizzata all’Italia, evidenziando la necessità di intendere la “dilazione” concessa al governo italiano non come un’eccezione al rigoroso percorso di rientro previsto dal Patto, bensì come una richiesta ben precisa di interventi «strutturali», da affrontarsi in due anni, anziché in uno, attesa, da un lato, l’evidente «bassa crescita economica» che attualmente caratterizza l’economia del nostro paese, e, dall’altro lato, la stessa «dimensione dell’intervento» auspicato dalla Commissione, tale da non poter «oggettivamente» trovare realizzazione nel corso di un solo anno.
La proposta di Bruxelles sarà esaminata e, molto probabilmente, accolta dal Consiglio Ecofin del prossimo 12 luglio. Dunque, essa pare in perfetta consonanza con la lettera e lo spirito del “nuovo” Patto, che, pur mantenendo inalterati i parametri-soglia maastrichtiani (3% e 60%), prevede una maggiore discrezionalità politica nella valutazione dei «fattori significativi» che causano il mancato raggiungimento degli obiettivi quantitativi fissati ex ante.
I dati di riferimento valutati dalla Commissione sono i seguenti.
Nel 2005 si è ormai preso atto che la crescita economica italiana sarà complessivamente vicina allo zero. Per il 2006 e il 2007, invece, è stata stimata una crescita dell’ 1,5% (si tratta, peraltro, di un dato assai ottimistico se confrontato con quello degli altri Paesi dell’eurozona, soprattutto alla luce dei recenti rincari del prezzo del petrolio). Ciò, ad ogni modo, significa che nel 2005 il deficit italiano supererà il 4% del Pil, ben oltre, perciò, il 3,6% stimato dal governo italiano in una prima approssimazione. Per poter ritornare entro il 3% richiesto dalle norme comunitarie, la Commissione esige, pertanto, una correzione pari all’1,6% del Pil, da realizzare nel biennio 2006-2007. Tradotto in euro, quindi, la manovra correttiva complessiva richiesta al governo italiano dovrebbe aggirarsi intorno ai 20 miliardi (in due anni), presumibilmente da ottenere attraverso ulteriori tagli strutturali alla spesa pubblica (visto che occorrerà rinunciare ai 4-5 miliardi di euro all’anno per l’abolizione dell’Irap e visto che, a tutt’oggi, l’esecutivo insiste, nel documento di programmazione economica e finanziaria in gestazione, sulla linea politico-elettoralistica dei “tagli alle tasse”).