Mercoledì 14 settembre prenderà avvio il vertice dei Capi di stato che dovrebbe avallare il progetto di riforma dell’ONU presentato, in aprile, sulla base di una proposta del segretario generale Kofi Annan.
Sulla bozza di riforma grava, però, un numero assai rilevante di emendamenti presentati dagli Stati Uniti, sicché la discussione risulta, di fatto, bloccata. Gli ambasciatori delle 191 nazioni rappresentate all’ONU hanno, quindi, poco tempo a disposizione per trovare un accordo sulla bozza di riforma dell’organizzazione. I negoziati, in corso al Palazzo di vetro, a New York, perseguono, perciò, questo obiettivo. Fra le principali proposte di riforma vi sono quelle di: a) creare un Consiglio per i diritti umani, eletto direttamente dall’Assemblea, in sostituzione dell’ormai screditata Commissione per i diritti umani; b) istituire una Commissione di “peace-building” per aiutare la ricostruzione post-conflitti.
Fra i compiti principali dell’ONU dovrà esservi quello di realizzare gli obiettivi di sviluppo del millennio («Millennium goals») per dimezzare la povertà mondiale entro il 2015. Il progetto di riforma fa riferimento, a questo proposito, all’impegno dei paesi ricchi ad aumentare il proprio aiuto allo sviluppo fino allo 0,7% del proprio PIL. Esso prevede, inoltre, la creazione di una convenzione internazionale contro il “terrorismo”, anche se la definizione di tale nozione dovrà essere elaborata nel vertice del settembre.
Gli Stati Uniti hanno, sinora, elargito un’unica concessione, ossia quella di poter essere esplicitamente nominati nell’azione diretta a realizzare gli obiettivi del “Millennium goals”. Hanno, però, ribadito che non assumeranno mai l’impegno di stanziare lo 0,7% del PIL. Essi chiedono, tuttavia, una riforma completa del Segretariato dell’ONU, ossia dell’organo che governa l’amministrazione ed i suoi programmi. Il fine pare essere quello di accrescere il controllo sulla suddivisione dei poteri. Per questi motivi, gli Stati Uniti avrebbero imposto il rinvio, almeno fino a dicembre, della riforma del Consiglio di Sicurezza, nel quale, oggi, siedono 5 membri permanenti con diritto di veto e dieci a rotazione. Essi, inoltre, non condividono la richiesta del Giappone, della Germania e del Brasile, di ottenere un seggio permanente. Il governo britannico, da parte sua, teme che un fallimento del vertice potrebbe vanificare l’accordo sugli aiuti raggiunto dal G8, a Gleneagles, nel luglio scorso (sul punto si rinvia a G. BUCCI E L. PATRUNO (a cura e con un commento di), Il G-8 di Gleneagles “razionalizza” il debito dei Paesi poveri. Aiuti e protezionismo: la quadratura del cerchio nelle decisioni del vertice più atteso, in questa Rivista, nella rubrica “Notizie” del 14/07/2005).
Occorre, tuttavia, rilevare, a proposito della questione degli aiuti e dell’obiettivo di dimezzare la povertà mondiale entro il 2015, che l’ultimo “Rapporto mondiale sullo sviluppo umano” lancia un allarme sul raggiungimento dei tanto decantati “Obiettivi del Millennio”, ossia sulla promessa, assunta cinque anni addietro, di sollevare dalla miseria quel miliardo e più di persone che vivono, ancora oggi, nell’estrema povertà e indigenza. Il Rapporto contiene una ricchissima serie di dati sugli «indicatori dello sviluppo umano» (speranza di vita; tasso di alfabetizzazione, di scolarità ecc.) in 177 paesi (dalla Norvegia, in testa, al Niger, ultimo in classifica).
Esso evidenzia tre questioni fondamentali: 1) il ritmo attuale degli interventi non consentirà, malgrado i progressi registrati, il raggiungimento degli obiettivi; 2) le ineguaglianze – tra paesi e all’interno dei singoli paesi, compresi quelli ricchi – sono uno scandalo morale e costituiscono un freno allo sviluppo;3) la necessità di ripensare la cooperazione internazionale, allargando il suo raggio d’azione al commercio equo e alle questioni della sicurezza. Il Rapporto, dopo aver evidenziato un’inversione senza precedenti degli indici dello sviluppo umano, segnala l’aumento delle disuguaglianze tra i paesi in relazione alle speranze di vita, alla discriminazione sessuale, alla morte per fame e povertà. Le suddette disuguaglianze sussistono, altresì, all’interno dei paesi considerati. Si sottolinea, inoltre, la diminuzione percentuale degli aiuti allo sviluppo e l’aumento, parallelo, delle spese militari. E’ in questo scenario che si propone la creazione di una Commissione per il mantenimento della pace, sotto l’egida dell’ONU.
Si critica, inoltre, il fatto che gli aiuti allo sviluppo vengono spesso condizionati, dai paesi donatori, all’acquisto di materiale prodotto da loro stessi o all’accettazione di programmi economici ultraliberisti che lasciano poche speranze alla crescita endogena dei paesi più poveri. Gli aiuti allo sviluppo, del resto, vengono annullati dalle ingiustizie nel commercio internazionale. Nel 2003 i paesi in via di sviluppo hanno perso, infatti, circa 70 miliardi di dollari di entrate dell’export, a causa delle sovvenzioni agricole accordate, dagli USA e dall’UE, ai propri produttori. Una cifra equivalente all’aiuto allo sviluppo ricevuto da questi stessi paesi.
Molti paesi, specie in America Latina, sono costretti a firmare accordi bilaterali con i paesi ricchi. Accordi molto più svantaggiosi degli accordi internazionali multilaterali.
Ritornando al tema dei progetti di riforma dell’ONU, occorre osservare che, a prescindere da un loro possibile fallimento, è stato auspicato che il XXI secolo dovrebbe «entrare nella storia non solo come il secolo che avrà deciso l’illegalità della povertà, ma anche come quello che avrà riconosciuto l’umanità quale soggetto giuridico e politico». Occorrerebbe, a questo fine, passare «dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, all’Organizzazione mondiale dell’umanità». Occorrerebbe, cioè, «adoperarsi per inventare un’architettura politica planetaria all’altezza dell’universalità della condizione umana» ( R. PETRELLA, Nessuno ha diritto di essere povero, in il Manifesto del 8 settembre 2005. Sul tema della riforma dell’ONU e della possibile estensione dei compiti nella materia economico-sociale, cfr., altresì, U. ALLEGRETTI, Stato e diritti nella mondializzazione, Troina, CittàAperta, 2002).