L’informazione (e la disinformazione) nell’epoca di internet: un problema di libertà*

di Fabio Sammito – Dottore in Scienze del Servizio sociale. Università degli Studi di Catania. Giorgio Sichera – Dottorando in Diritto costituzionale Università degli Studi di Torino

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Fabio Sammito
Dottore in Scienze del Servizio sociale. Università degli Studi di Catania

Giorgio Sichera
Dottorando in Diritto costituzionale. Università degli Studi di Torino

Abstract

Ita

La domanda che sta alla base del presente contributo, inevitabilmente complessa e tuttora aperta, è la seguente: il mondo del cyberspazio ci rende più o meno liberi? Per tentare di dare una risposta a tale interrogativo, che si ritiene investa diverse aree del sapere, il lavoro prende le mosse da uno studio dei meccanismi di funzionamento a livello tecnico di algoritmi e raccolta di dati nell’ambito comunicativo, e delle relative ricadute sul campo sociale. Gli snodi teorici che vengono successivamente trattati riguardano il problema del falso informativo nell’epoca del digitale, dominata – per precise scelte o “non scelte” politiche – da colossi privati, unitamente agli irrisolti problemi di identificazione del falso, alle difficoltà nell’individuare rimedi esperibili in ambito penale, amministrativo e privato, e alla controversa possibilità che un soggetto privato, in quanto gestore di piattaforme comunicative, possa limitare l’altrui libertà di espressione. La linea evolutiva tracciata si rifà all’idea anglosassone di «Algorythm Constitutional by design», una regolazione vincolante relativa alle sole finalità degli algoritmi, volta ad indirizzare l’utilizzo degli stessi secondo i valori costituzionali europei, che alla luce della natura aterritoriale – o meglio extraterritoriale – di internet, può essere realizzato soltanto da un legislatore sovranazionale, chiamato a scrivere una vera e propria Costituzione del digitale. La parte finale del saggio evidenzia le conseguenze che tale panorama esercita sul funzionamento del gioco democratico, e la conseguente messa in discussione delle categorie fondanti della democrazia rappresentativa, «sfigurate» da quella che è stata definita bubble democracy. La problematica iniziale, dalle dimensioni epocali, rimane inevitabilmente aperta. L’intento del saggio è quello di aprire spazi di discussione, problematizzare le questioni fondamentali sul tema e ipotizzare delle possibili vie percorribili in futuro.

Eng

The contribution’s underlying question, which is inevitably complex and still open, is: Does the world of cyberspace give us more or less freedom? In order to try to answer this question, which is considered to involve different areas of knowledge, the work starts with a study of the mechanisms of operation at a technical level of algorithms and data collection in the field of communication, and of the related effects on the social field. The theoretical points that are subsequently dealt with in this essay concern the problem of false information in the digital age, dominated, due to precise political choices or “none choices” by private giants, with an analysis of the unresolved problems of identifying false information and of the even more problematic remedies that can be applied in the criminal, administrative and private spheres. Linked to this is a further issue: Can private individuals carry out such a balancing act? The answers tentatively outlined are based on the Anglo-American idea of «Algorythm Constitutional by design», that is, an irrevocable rule, even if reduced to a minimum as it only concerns the purposes of algorithms, aimed at guiding their use according to European constitutional values. An «Algorythm Constitutional by design», in the light of the aterritorial, or rather extraterritorial, nature of the Internet, which is therefore considered to be achievable only by a supranational legislator, called upon to write a true and proper digital Constitution. The final part of the essay highlights the consequences that this panorama has on the functioning of the democratic game. The founding categories of representative democracy are thus called into question, opening the door to what has been called bubble democracy. The initial problem, of epochal dimensions, inevitably remains open. The aim of this essay is to open up spaces for discussion, to problematise the fundamental questions on the subject and to hypothesise possible ways forward.