1. Le crisi di governo: metodologia di studio.
Il tema delle crisi di governo può essere affrontato con una pluralità di approcci metodologici. In questa trattazione seguirò un approccio normativo, che muove dall’interpretazione dell’art. 94 Cost., integrato dalla ricognizione e sistemazione dei precedenti, secondo una lettura della forma di governo oramai divenuta classica. Come è noto, infatti, dalla prefazione di Giannini a Burdeau[1], fino a Duverger[2] ed Elia, si è affermato un metodo di studio della forma di governo che, muovendo dalla ricostruzione del quadro normativo formale, lo collega e coordina con altri fattori più marcatamente politici, considerati extra-giuridici sulla base di una visione strettamente giuspositivistica, che cominciano ad essere ritenuti, se non parte integrante, quanto meno condizionanti l’esperienza giuridica. In particolare, è merito di Elia aver evidenziato che se un sistema dei partiti “si stabilizza, diventa un elemento di immediata rilevanza giuridica, entrando nel sistema presupposto dalle norme costituzionali”[3], e che da tale stabilizzazione discende la formazione di convenzioni costituzionali corrispondenti a prassi secundum e praeter Constitutionem[4]. Ciò non significa, ha messo in evidenza lo stesso autore in alcuni scritti successivi, che i partiti siano elementi costitutivi della forma di governo; essi devono piuttosto essere considerati come elementi esterni che ne condizionano il funzionamento[5]. Di recente, la classica impostazione metodologica di Elia è stata oggetto di critica da parte di Luciani, secondo il quale, dato che ai partiti politici spetta la determinazione della politica nazionale, al Parlamento la politica parlamentare e al Governo l’indirizzo politico, i partiti sono esclusi dal sistema di rapporti giuridici tra gli organi che esercitano funzioni sovrane. Inoltre, non si vedrebbe per quale motivo l’apertura ad elementi esterni dovrebbe indurre a considerare i partiti e non i sindacati, lo spirito repubblicano o il sentimento di unità nazionale, l’esistenza di un sistema di giustizia costituzionale, l’indipendenza della magistratura, i sindacati, le Regioni[6].