La Corte di Giustizia delle Comunità europee si pronuncia sull’immissione in commercio di prodotti alimentari contenenti proteine transgeniche e sul potere degli Stati Membri di adottare misure di salvaguardia, in virtù del principio di precauzione e con l’onere di provare l’esistenza del rischio.
SENTENZA DELLA CORTE
9 settembre 2003 (1)
«Regolamento (CE) n. 258/97 – Nuovi prodotti alimentari – Immissione sul mercato – Valutazione dell’innocuità – Procedura semplificata – Equivalenza sostanziale rispetto a prodotti alimentari esistenti – Alimenti prodotti a partire da varietà di granturco geneticamente modificato – Presenza di residui di proteine transgeniche – Misura di uno Stato membro che limita temporaneamente o sospende la commercializzazione o l’utilizzazione sul proprio territorio di un nuovo prodotto alimentare»
Nella causa C-236/01,
avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio nella causa dinanzi ad esso pendente tra
Monsanto Agricoltura Italia SpA e altri
e
Presidenza del Consiglio dei Ministri e altri,
domanda vertente sull’interpretazione e la validità degli artt. 3, n. 4, primo comma, e 5, primo comma, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 27 gennaio 1997, n. 258, sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari (GU L 43, pag. 1), nonché sull’interpretazione dell’art. 12 di tale regolamento,
LA CORTE,
composta dai sigg. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, J.-P. Puissochet e C.W.A. Timmermans (relatore), presidenti di sezione, C. Gulmann, D.A.O. Edward, A. La Pergola, P. Jann, V. Skouris, S. von Bahr, J.N. Cunha Rodrigues e A. Rosas, giudici,
avvocato generale: sig. S. Alber
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
viste le osservazioni scritte presentate:
– per la Monsanto Agricoltura Italia SpA e a., dai sigg. E. A. Raffaelli, G. F. Ferrari e P. Todaro, avvocati;
– per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello Stato;
– per il governo norvegese, dalla sig.ra B. Ekeberg, in qualità di agente;
– per il Parlamento europeo, dai sigg. C. Pennera e G. Ricci, in qualità di agenti;
– per il Consiglio dell’Unione europea, dalla sig.ra A. Lo Monaco e dal sig. F. P. Ruggeri Laderchi, in qualità di agenti;
– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. M. Shotter e A. Aresu, in qualità di agenti,
vista la relazione d’udienza,
sentite le osservazioni orali della Monsanto Agricoltura Italia SpA e a., del governo italiano, del Parlamento, del Consiglio e della Commissione, all’udienza del 24 settembre 2002,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 marzo 2003,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1.
Con ordinanza 18 aprile 2001, giunta in cancelleria il 19 giugno seguente, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, quattro questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione e la validità degli artt. 3, n. 4, primo comma, e 5, primo comma, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 27 gennaio 1997, n. 258, sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari (GU L 43, pag. 1), nonché sull’interpretazione dell’art. 12 di tale regolamento.
2.
Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di una controversia che oppone la Monsanto Agricoltura Italia S.p.A., con sede a Lodi, la Monsanto Europe S.A., con sede a Bruxelles (Belgio), la Syngenta Seeds S.p.A., ex Novartis Seeds S.p.A., con sede a Origgio, la Syngenta Seeds AG, ex Novartis Seeds AG, con sede a Basilea (Svizzera), la Pioneer Hi Bred Italia S.p.A., con sede a Malagnino, la Pioneer Overseas Corporation, con sede a Des Moines (Stati Uniti), società attive nel settore della biotecnologia agroalimentare, nonché l’Associazione Nazionale per lo Sviluppo delle Biotecnologie (Assobiotec), alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero della sanità, al Consiglio dei Ministri, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministero per le Politiche comunitarie, all’Istituto superiore di sanità ed al Consiglio superiore di sanità, avente ad oggetto una misura di sospensione preventiva della commercializzazione e dell’utilizzazione di alcuni prodotti transgenici in Italia.
Ambito normativo
Disciplina comunitaria
Direttiva 90/220/CEE
3.
Ai sensi dell’art. 2, punti 1 e 2, della direttiva del Consiglio 23 aprile 1990, 90/220/CEE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (GU L 117, pag. 15), per «organismo» si intende un ente biologico capace di riprodursi o di trasferire materiale genetico, e per «organismo geneticamente modificato (OGM)» un organismo il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto si verifica in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale.
4.
Ai sensi dell’art. 11, n. 5, di tale direttiva, in combinato disposto con il suo n. 1, nessun prodotto contenente OGM può essere emesso nell’ambiente prima che l’autorità competente dello Stato membro in cui il prodotto sarà immesso sul mercato per la prima volta abbia dato il proprio consenso scritto, a seguito della notifica che gli sia stata presentata dal produttore o dall’importatore nella Comunità.
Regolamento n. 258/97
5.
Il secondo considerando del regolamento n. 258/97 dispone:
«considerando che, per tutelare la salute pubblica, è necessario assicurarsi che i nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari siano sottoposti ad una valutazione unica della loro innocuità in base ad una procedura comunitaria prima della loro immissione sul mercato della Comunità; che nel caso di nuovi prodotti o nuovi ingredienti alimentari sostanzialmente equivalenti a prodotti o ingredienti esistenti è opportuno prevedere una procedura semplificata».
6.
L’art. 1, nn. 1 e 2, del regolamento n. 258/97 dispone:
«1. Il presente regolamento ha per oggetto l’immissione sul mercato comunitario di nuovi prodotti e di nuovi ingredienti alimentari.
2. Il presente regolamento si applica all’immissione sul mercato della Comunità di prodotti e ingredienti alimentari non ancora utilizzati in misura significativa per il consumo umano nella Comunità e che rientrano in una delle seguenti categorie:
a) prodotti e ingredienti alimentari contenenti o costituiti da organismi geneticamente modificati ai sensi della direttiva 90/220/CEE;
b) prodotti e ingredienti alimentari prodotti a partire da organismi geneticamente modificati, ma che non li contengono;
(…)».
7.
L’art. 3 del regolamento n. 258/97 prevede:
«1. I prodotti o ingredienti alimentari oggetto del presente regolamento non devono:
– presentare rischi per il consumatore;
– indurre in errore il consumatore;
– differire dagli altri prodotti o ingredienti alimentari alla cui sostituzione essi sono destinati, al punto che il loro consumo normale possa comportare svantaggi per il consumatore sotto il profilo nutrizionale.
2. Ai fini dell’immissione sul mercato della Comunità dei prodotti e ingredienti alimentari oggetto del presente regolamento si applicano le procedure previste agli articoli 4, 6, 7 e 8 (…).
(…)
4. In deroga al paragrafo 2, la procedura di cui all’articolo 5 si applica ai prodotti o agli ingredienti alimentari di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettere b), d) ed e) che, sulla base dei dati scientifici disponibili e universalmente riconosciuti o di un parere emesso da una delle autorità competenti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, sono sostanzialmente equivalenti a prodotti o ingredienti alimentari esistenti per quanto riguarda la composizione, il valore nutritivo, il metabolismo, l’uso cui sono destinati e il tenore di sostanze indesiderabili.
Se del caso si può decidere, secondo la procedura prevista all’articolo 13, se un tipo di prodotto o ingrediente alimentare rientra nel campo di applicazione del presente paragrafo».
8.
Ai sensi dell’art. 5 del regolamento n. 258/97:
«Nel caso dei prodotti o ingredienti alimentari di cui all’articolo 3, paragrafo 4, il richiedente notifica l’immissione sul mercato alla Commissione. Tale notifica è corredata delle informazioni pertinenti di cui all’articolo 3, paragrafo 4. La Commissione trasmette agli Stati membri copia di detta notifica entro un termine di sessanta giorni, nonché, a richiesta di uno Stato membro, copia di tali informazioni. Ogni anno la Commissione pubblica un riassunto di tali notifiche nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C.
Ai fini dell’etichettatura valgono le disposizioni dell’articolo 8».
9.
L’art. 8, n. 1, del regolamento n. 258/97 prevede:
«Fatti salvi gli altri requisiti in materia di etichettatura dei prodotti alimentari previsti dalla legislazione comunitaria, per informare il consumatore finale si applicano ai prodotti alimentari i seguenti requisiti specifici supplementari in materia di etichettatura:
a) indicazione di qualsiasi caratteristica o proprietà alimentare quali:
– composizione,
– valore nutritivo o effetti nutritivi,
– uso al quale è destinato il prodotto alimentare,
che rendano il nuovo prodotto o ingrediente alimentare non più equivalente a un prodotto o ingrediente alimentare esistente.
Ai fini del presente articolo, un nuovo alimento o ingrediente alimentare non è più considerato equivalente qualora una valutazione scientifica basata su un’analisi appropriata dei dati esistenti possa dimostrare che le caratteristiche valutate sono diverse rispetto ad un alimento o ingrediente alimentare convenzionale, tenuto conto dei limiti accettati di variazione naturale di tali caratteristiche.
In tal caso, l’etichettatura menziona dette caratteristiche o proprietà modificate, corredate dell’indicazione del metodo con il quale esse sono state ottenute;
b) indicazione della presenza nel nuovo prodotto o ingrediente alimentare di sostanze che non sono presenti in un alimento equivalente esistente e che possono avere ripercussioni sulla salute di taluni gruppi di popolazione;
(…)».
10.
L’art. 11 del regolamento n. 258/97 dispone:
«Il comitato scientifico dell’alimentazione umana è consultato su ogni questione attinente al presente regolamento che può avere conseguenze per la salute pubblica».
11.
L’art. 12 del regolamento n. 258/97 è così formulato:
«1. Qualora a seguito di nuove informazioni o di una nuova valutazione di informazioni già esistenti, uno Stato membro abbia motivi fondati per ritenere che l’utilizzazione di un prodotto o ingrediente alimentare conforme al presente regolamento presenti rischi per la salute umana o per l’ambiente, tale Stato membro può limitare temporaneamente o sospendere la commercializzazione e l’utilizzazione sul proprio territorio del prodotto o ingrediente alimentare in questione. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione precisando i motivi della propria decisione.
2. La Commissione esamina quanto prima, nell’ambito del comitato permanente per i prodotti alimentari, i motivi di cui al paragrafo 1; essa prende le misure necessarie conformemente alla procedura di cui all’articolo 13. Lo Stato membro che ha adottato la decisione di cui al paragrafo 1 può mantenerla fino all’entrata in vigore di queste misure».
12.
L’art. 13 del regolamento n. 258/97 prevede:
«1. In caso di applicazione della procedura definita nel presente articolo, la Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari, in appresso denominato comitato.
2. Il comitato è convocato dal suo presidente, per iniziativa di quest’ultimo o a richiesta del rappresentante di uno Stato membro.
3. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall’articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l’adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all’articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione.
4. a) La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.
b) Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.
Se il Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte».
La raccomandazione 97/618/CE
13.
Il 29 luglio 1997 la Commissione ha adottato, ai sensi dell’art. 4, n. 4, del regolamento n. 258/97, la raccomandazione 97/618/CEE relativa agli aspetti scientifici delle informazioni a sostegno delle domande di autorizzazione all’immissione sul mercato di nuovi prodotti e nuovi ingredienti alimentari, della presentazione di queste informazioni e della preparazione delle relazioni di valutazione iniziale, in forza del regolamento (CE) n. 258/97 (GU L 253, pag. 1). L’allegato a tale raccomandazione, nella sua parte I, relativa alle raccomandazioni concernenti gli aspetti scientifici delle informazioni necessarie a sostegno delle domande di autorizzazione all’immissione sul mercato di nuovi prodotti e nuovi ingredienti alimentari, capitolo 3, punto 3.3, dal titolo «Equivalenza sostanziale», dispone:
«Il concetto di equivalenza sostanziale è stato introdotto dall'[Organizzazione mondiale della sanità (OMS)] e dall'[Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)] in relazione agli alimenti prodotti con le moderne biotecnologie. Nell’accezione dell’OCSE l’equivalenza sostanziale consiste nell’utilizzare organismi esistenti, che sono già usati come alimenti o da cui si derivano alimenti, come pietra di paragone per valutare se un prodotto o un ingrediente nuovo o modificato ponga problemi di sicurezza per il consumo umano. Se si riscontra che un prodotto o un ingrediente alimentare nuovo è sostanzialmente equivalente ad uno esistente, lo si può trattare alla stregua di quest’ultimo in fatto di sicurezza, pur tenendo presente che il metodo dell’equivalenza sostanziale non corrisponde ad una valutazione della sicurezza o del valore nutritivo, ma è solo un’analisi comparativa di un potenziale prodotto nuovo e del suo omologo tradizionale.
Il principio di equivalenza sostanziale può essere esteso all’analisi dei prodotti alimentari derivati da fonti e da processi non convenzionali. In altre parole i nuovi prodotti sostanzialmente equivalenti sono paragonabili, in termini di sicurezza, ai loro omologhi convenzionali. Si può riscontrare un’equivalenza sostanziale per l’alimento nel suo complesso o per l’ingrediente che racchiude la novità introdotta, ovvero per l’alimento o l’ingrediente eccetto la novità introdotta. Se si riscontra che il nuovo prodotto alimentare non è sostanzialmente equivalente ad alcun prodotto o ingrediente alimentare, ciò non significa necessariamente che è dannoso, ma semplicemente che dovranno esserne esaminate le proprietà e la composizione specifiche.
(…)»
14.
Nel medesimo capitolo 3 del detto allegato, punto 3.7, dal titolo «Requisiti tossicologici», si precisa:
«In linea di principio i requisiti tossicologici dei [nuovi prodotti e dei nuovi ingredienti alimentari] devono essere analizzati caso per caso; nello stabilire i dati tossicologici di volta in volta prescritti possono verificarsi tre casi: 1) è possibile stabilire un’equivalenza sostanziale con un prodotto o ingrediente alimentare tradizionale o accettato, nel qual caso non sono necessari ulteriori prove; 2) è possibile stabilire un’equivalenza sostanziale, ad eccezione di alcune caratteristiche specifiche del nuovo prodotto, nel qual caso le successive analisi devono incentrarsi appunto su tali caratteristiche;
(…)».
15.
L’allegato della raccomandazione 97/618 contiene, nella sua parte prima, un capitolo 5 che ha ad oggetto la proposizione di protocolli, a titolo indicativo, atti ad identificare i tipi di informazioni che saranno probabilmente richieste per stabilire l’innocuità di classi particolari di nuovi prodotti e di nuovi ingredienti alimentari. Il punto quarto di detto capitolo, intitolato «Effetti della modifica genetica sulle proprietà dell’organismo ospite», dispone:
«Le informazioni raccolte mediante questo protocollo sono incentrate sugli effetti della modifica genetica sulle proprietà dell’OGM rispetto a quelle dell’organismo ospitante. Si distingue fra effetti intenzionali ed involontari. Per quanto riguarda questi ultimi, particolare attenzione va dedicata agli eventuali impatti nutrizionali, tossicologici e microbiologici sugli alimenti.
Vegetali geneticamente modificati
I principi da applicare alla valutazione dei vegetali GM sono analoghi a quelli validi per i vegetali non geneticamente modificati e per i loro prodotti. La valutazione della sicurezza di un vegetale geneticamente modificato può essere più semplice di quella di un nuovo vegetale non geneticamente modificato, se l’organismo non modificato è un vegetale alimentare tradizionale e la modifica è avvenuta per mezzo di un processo di alterazione genetica ben definito. In tal caso la valutazione della sicurezza potrà limitarsi ai risultati della modifica genetica.
Se dalla modifica genetica si ottiene un nuovo fenotipo, devono essere definite e verificate le conseguenze di tale modifica sulla composizione del prodotto. Se per esempio un vegetale geneticamente modificato è concepito in modo da esprimere un insetticida naturale codificato da un gene proveniente da un altro organismo, ed è quindi divenuto resistente ad alcuni insetti, deve essere appurato il profilo tossicologico del componente insetticida introdotto. La sicurezza di questa modifica della composizione chimica può essere valutata mediante le normali procedure tossicologiche, e deve comprendere l’analisi del potenziale allergenico. Vanno inoltre presi in esame gli effetti secondari (o posizionali) dell’inserzione, in quanto la mutazione per inserzione o il riposizionamento genetico influenzano l’esito generale della modifica genetica. È essenziale conoscere la normale produzione di tossine del vegetale e degli effetti che questa subisce a seconda delle diverse condizioni di crescita e coltura cui il vegetale è soggetto, nonché sapere se il nuovo prodotto genico compaia nell’alimento finale. Lo stesso vale per le componenti nutrizionali importanti, soprattutto nel caso degli alimenti prodotti a partire da vegetali.
(…)».
Disciplina nazionale
16.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 agosto 2000, sulla sospensione cautelativa della commercializzazione e dell’utilizzazione di taluni prodotti transgenici sul territorio nazionale, a norma dell’art. 12 del regolamento (CE) n. 258/97 (GURI n. 184, 8 agosto 2000, pag. 9; in prosieguo: il «decreto 4 agosto 2000»), dispone:
«1. La commercializzazione e l’utilizzazione dei prodotti transgenici Mais Bt-11, Mais MON 810, Mais MON 809 […] sono sospese ai sensi di cui alle premesse.
2. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà immediatamente comunicato alla Commissione europea ed agli altri Stati membri».
Causa principale e questioni pregiudiziali
17.
A seguito delle decisioni della Commissione 22 aprile 1998, 98/292/CEE, concernente l’immissione in commercio di granturco geneticamente modificato (Zea mays L. Linea Bt-11), a norma della direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU L 131, pag. 28), e 22 aprile 1998, 98/294/CEE, concernente l’immissione in commercio di granturco geneticamente modificato (Zea mays L. Linea MON 810), a norma della direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU L 131, pag. 32), assunte in forza della direttiva indicata, le autorità francesi e del Regno Unito hanno dato il loro assenso all’immissione sul mercato, ad opera di talune delle società ricorrenti nella causa principale ovvero ad opera di società collegate a queste ultime, di chicchi di granturco geneticamente modificato, rispettivamente di linea Bt-11 – modificazione genetica che conferisce al granturco una resistenza agli insetti – e MON 810 – modificazione genetica che conferisce al granturco una maggiore tolleranza a un erbicida. Le decisioni 98/292 e 98/294 sancivano espressamente che tali due Stati membri davano il loro assenso facendo salve altre disposizioni di diritto comunitario, in particolare quelle di cui al regolamento n. 258/97.
18.
Il 10 dicembre 1997, il 30 gennaio e il 14 ottobre 1998 sono state indirizzate alla Commissione, ad opera o per conto di alcune società ricorrenti nella causa principale, talune notifiche effettuate in applicazione della procedura semplificata di immissione sul mercato di nuovi prodotti o nuovi ingredienti alimentari, di cui all’art. 5 del regolamento n. 258/97 (in prosieguo: la «procedura semplificata»). Tali notifiche erano relative all’immissione sul mercato di nuovi prodotti o di nuovi ingredienti alimentari derivati dalle varietà di granturco Bt-11, MON 810 e MON 809 (in prosieguo: i «nuovi prodotti alimentari»), quali farine di granturco.
19.
Le citate notifiche erano corredate di pareri emessi nel settembre 1996 dall’Advisory Committee on Novel Foods and Processes (comitato consultativo sui nuovi prodotti alimentari e procedure alimentari; in prosieguo: l’«ACNFP»), un organismo competente ai sensi degli artt. 3, n. 4, e 4, n. 3, del regolamento n. 258/97, con sede nel Regno Unito, e trasmessi alle imprese interessate ad opera delle autorità britanniche con lettera 14 febbraio 1997. In tali pareri, l’ACNFP giungeva in sostanza alla conclusione che i prodotti derivati di cui si tratta erano sostanzialmente equivalenti a prodotti derivati da granturco proveniente da raccolte tradizionali e potevano essere utilizzati senza pericolo negli alimenti («safe for use in food»).
20.
Tali notifiche sono state poi trasmesse agli Stati membri, rispettivamente il 5 febbraio, 6 febbraio e 23 ottobre 1998. Esse sono state del pari pubblicate, in sintesi, nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (GU 1998, C 200, pag. 16, e GU 1999, C 181, pag. 22).
21.
A partire dal gennaio 1998, la Commissione e gli Stati membri hanno convenuto, in seno al comitato, di non continuare a utilizzare la procedura semplificata per i nuovi prodotti alimentari derivati da OGM contenenti proteine transgeniche.
22.
Con lettere 23 novembre 1998, 4 febbraio e 2 aprile 1999, indirizzate alla Commissione, il Ministro italiano della Sanità (in prosieguo: il «Ministro») ha lamentato l’irregolarità del ricorso alla procedura semplificata per l’immissione sul mercato di nuovi prodotti o di nuovi ingredienti alimentari derivati dalle varietà di granturco Bt-11, MON 809 e MON 810. Il Ministro ha chiesto di consultare la documentazione relativa a tale procedura, nonché le verifiche tossicologiche e allergeniche effettuate. La Commissione ha trasmesso tali lettere alle imprese interessate, affinché queste ultime potessero rispondere direttamente alle autorità italiane.
23.
Con lettera 23 dicembre 1999, indirizzata al membro della Commissione competente in materia di salute e di tutela dei consumatori (in prosieguo: il «commissario competente»), il Ministro, facendo riferimento ad una relazione dell’associazione Verde Ambiente e Società e basandosi inoltre su un parere del Consiglio superiore di sanità 16 dicembre 1999, si è nuovamente opposto all’utilizzazione, nella fattispecie, della procedura semplificata, in particolare in quanto i nuovi prodotti alimentari non erano «sostanzialmente equivalenti» ai prodotti alimentari esistenti.
24.
Secondo tale lettera, era necessario adottare misure preventive al fine di garantire la sicurezza dei nuovi prodotti alimentari e al fine di valutare in maniera rigorosa, prima della loro immissione sul mercato, i rischi che essi avrebbero potuto comportare per la salute. Il Ministro ha inoltre chiesto alla Commissione di riconsiderare l’immissione in libera circolazione di tali prodotti alimentari e, più in generale, l’adeguatezza della procedura semplificata per l’esclusione di ogni rischio per la salute dei consumatori.
25.
Con lettera 10 marzo 2000, il presidente della Commissione ha risposto che, nella fattispecie, era stato sufficientemente dimostrato che la condizione dell’equivalenza sostanziale era soddisfatta e che, quindi, il ricorso alla procedura semplificata era giustificato. Egli ha poi aggiunto che la Commissione era decisa a proporre una revisione della disciplina in questione, al fine di renderla più chiara e più trasparente.
26.
Con lettera 5 giugno 2000, indirizzata al presidente della Commissione e al commissario competente, il Ministro ha reiterato la sua opposizione al ricorso alla procedura semplificata nella fattispecie ed ha, inoltre, espresso l’auspicio che tale procedura non fosse più utilizzata per prodotti alimentari di origine transgenica, data l’ambiguità della nozione di equivalenza sostanziale.
27.
In un primo parere, emesso in data 4 luglio 2000, l’Istituto superiore di sanità, dipendente dal Ministero della Sanità italiano, è giunto alle medesime conclusioni cui era giunto il Consiglio superiore di sanità nel suo parere 16 dicembre 1999, sul quale si era basato il Ministro.
28.
Con lettera 10 luglio 2000, il commissario competente ha risposto alla lettera 5 giugno 2000 affermando che era effettivamente necessario procedere ad un riesame completo del quadro normativo relativo ai nuovi prodotti alimentari. Egli ha inoltre dichiarato di aver trasmesso i dati rilevanti al comitato scientifico dell’alimentazione umana affinché quest’ultimo procedesse ad una completa valutazione.
29.
In un secondo parere, emesso in data 28 luglio 2000, l’Istituto superiore di sanità ha rilevato, negli alimenti di cui trattasi, la presenza di proteine derivanti da modificazioni genetiche a livelli compresi tra lo 0,04 e 30 parti per milione ed ha rilevato che, in generale, i nuovi prodotti alimentari presentavano un’identità sostanziale con i loro omologhi tradizionali per quanto riguarda il loro valore micronutritivo e macronutritivo, pur aggiungendo che, per taluni (micro)componenti, la documentazione presentata non conteneva dati che confrontassero tali nuovi prodotti alimentari con i loro omologhi tradizionali.
30.
Esso ha concluso che «alla luce delle conoscenze scientifiche attuali non risultano esistere rischi per la salute umana ed animale derivanti dal consumo dei derivati degli OGM indicati nella tabella».
31.
Facendo riferimento alla sua corrispondenza con la Commissione e ai detti pareri scientifici, il governo italiano ha adottato il decreto 4 agosto 2000, espressamente basato sull’art. 12 del regolamento n. 258/97.
32.
Nel preambolo di tale decreto, il governo italiano rileva in particolare che l’assenza degli elementi informativi da esso più volte richiesti e la presentazione all’esame del comitato scientifico dell’alimentazione umana per un riesame degli effetti degli OGM sulla salute dei consumatori e sull’ambiente costituiscono elementi sufficienti per chiedere la sospensione della commercializzazione e dell’utilizzazione degli OGM di granturco per i quali era stata rilevata una persistenza degli elementi modificati negli alimenti, nell’attesa delle necessarie verifiche sulla composizione dei citati elementi.
33.
In data 7 agosto 2000 il governo italiano, in applicazione dell’art. 12, n. 1, del regolamento n. 258/97, ha notificato una copia del citato decreto alla Commissione e agli altri Stati membri.
34.
Come annunciato nella sua lettera 10 luglio 2000, la Commissione ha consultato il comitato scientifico dell’alimentazione umana, in conformità all’art. 11 del regolamento n. 258/97, sottoponendogli la questione se i pareri citati 16 dicembre 1999 del Consiglio superiore di sanità e 28 luglio 2000 dell’Istituto superiore di sanità fornissero motivi, più o meno circostanziati, per ritenere che l’uso dei nuovi prodotti alimentari di cui trattasi rappresenti un pericolo per la salute umana.
35.
Nel suo parere 7 settembre 2000, il citato comitato scientifico ha espresso l’opinione che le informazioni presentate dalle autorità italiane non forniscono dettagliata motivazione scientifica per ritenere che l’uso dei nuovi prodotti di cui trattasi rappresenti un pericolo per la salute umana.
36.
Alla luce di tale parere, il 18 ottobre 2000 la Commissione, conformemente all’art. 12, n. 2, del regolamento n. 258/97, ha adito il comitato con un progetto di decisione relativo al decreto 4 agosto 2000.
37.
Secondo il resoconto della riunione del comitato, svoltasi il 18 e il 19 ottobre 2000:
«[…] taluni Stati membri hanno espresso la loro inquietudine circa l’applicazione del procedimento semplificato a prodotti derivati dagli OGM ed hanno insistito sul fatto che tale problema sia esaminato prima che possa essere adottata una decisione relativa al decreto italiano [del 4 agosto 2000]. A proposito dell’applicazione dell’equivalenza sostanziale a prodotti derivati geneticamente modificati, come i prodotti derivati dal mais geneticamente modificato, si rendevano necessarie delle precisazioni e si è rilevato che questo poteva essere effettuato a norma dell’art. 3, n. 4, del regolamento [n. 258/97]».
38.
La Commissione ha ritenuto che non fosse necessario invitare tale comitato a formulare ufficialmente il suo parere.
39.
A tutt’oggi, il decreto 4 agosto 2000 non è stato oggetto di alcun provvedimento della Commissione assunto in applicazione dell’art. 12, n. 2, del regolamento n. 258/97.
40.
Il 13 novembre 2000, le ricorrenti nella causa principale hanno proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio un ricorso contro i convenuti nella causa principale, volto in sostanza:
– all’annullamento del decreto 4 agosto 2000 – nella parte in cui sospende provvisoriamente la commercializzazione e l’utilizzazione nel territorio italiano dei nuovi prodotti alimentari – e di ogni atto o comportamento preordinato, consequenziale o connesso, espressamente contemplato da tale decreto, e
– all’integrale risarcimento del danno che esse avrebbero subito, in forma di un’autorizzazione giudiziaria loro concessa per la commercializzazione dei citati prodotti alimentari.
41.
Alla luce degli argomenti dinanzi ad esso dedotti, il giudice del rinvio ritiene che, nella fattispecie, il ricorso alla procedura semplificata non appare giustificato in quanto i nuovi prodotti alimentari non sono sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti.
42.
Infatti, secondo tale giudice, dalla raccomandazione 97/618, e più esattamente dalla parte prima, capitoli 3, punti 3.3 e 3.7, e 5, punto IV, del suo allegato, risulta che dev’essere tenuto in considerazione l’insieme degli elementi dell’equivalenza. Orbene, esso ritiene che, nella fattispecie, le ricorrenti nella causa principale non abbiano seriamente messo in discussione il fatto che i nuovi prodotti alimentari contengono proteine transgeniche che sono l’espressione dei geni introdotti. Ne deriverebbe che l’equivalenza sostanziale di tali alimenti non potrebbe essere stabilita, poiché essi differiscono, nella loro composizione, dagli alimenti esistenti.
43.
Il giudice del rinvio ritiene che si debbano esaminare le conseguenze che potrebbero derivare da tale irregolarità di procedura per quanto riguarda, in particolare, i poteri di cui dispongono gli Stati membri per adottare misure nei confronti dei prodotti alimentari introdotti nel loro territorio a seguito di una tale procedura irregolare.
44.
Per quanto concerne il ricorso, da parte della Repubblica italiana, all’art. 12 del regolamento n. 258/97, il giudice del rinvio rileva che tale disposizione contiene una clausola di sicurezza che costituisce una specifica applicazione del principio di precauzione (v., a proposito dell’art. 11 della direttiva 90/220, sentenza 21 marzo 2000, causa C-6/99, Greenpeace France e a., Racc. pag. I-1651, punto 44).
45.
Tale giudice rileva che, poiché dalla formulazione dell’art. 5 del regolamento n. 258/97 sembra risultare che il ricorso alla procedura semplificata non implica che la Commissione abbia autorizzato l’immissione sul mercato dei prodotti alimentari di cui trattasi, lo Stato membro, conformemente al principio di precauzione, può esercitare il potere derivantegli dall’art. 12 di tale regolamento, anche se non dispone, o non dispone ancora, di elementi tali da dimostrare che i citati prodotti alimentari presentano un pericolo per la salute umana e per l’ambiente.
46.
Il giudice del rinvio ritiene che, se la procedura semplificata implicasse un tacito assenso della Commissione all’immissione sul mercato dei prodotti alimentari che sono stati oggetto di notifica, si porrebbe in tal caso la questione della legittimità dell’assenso della Commissione.
47.
Del resto, il giudice del rinvio ritiene che, se il regolamento n. 258/97 dovesse essere interpretato nel senso che il ricorso alla procedura semplificata era giustificato nel caso di specie, si porrebbe inoltre la questione della compatibilità di tale regolamento con gli artt. 153 CE e 174 CE, nonché con il principio di proporzionalità e di «ragionevolezza».
48.
In tali circostanze, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte varie questioni pregiudiziali. Tali questioni non sono state formulate in maniera distinta. Dalla motivazione dell’ordinanza di rinvio può tuttavia dedursi che la domanda pregiudiziale verte sulle seguenti questioni:
1) Se l’art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97 debba essere interpretato nel senso che i prodotti e gli ingredienti alimentari contemplati all’art. 1, n. 2, lett. b), del citato regolamento possano essere considerati sostanzialmente equivalenti a prodotti o a ingredienti alimentari esistenti e possano conseguentemente essere immessi sul mercato in base alla procedura semplificata per effetto di una notifica anche nell’ipotesi in cui in tali prodotti e ingredienti alimentari siano presenti residui di proteine transgeniche.
2) In caso di soluzione negativa della prima questione e, quindi, di illegittima applicazione, nel caso di specie, della procedura semplificata, quali conseguenze derivino in particolare in relazione:
– al potere degli Stati membri di adottare, in forza del principio della precauzione – di cui l’art. 12 del regolamento n. 258/97 costituisce una specifica applicazione – misure come il decreto 4 agosto 2000;
– alla distribuzione dell’onere della prova dei rischi per la salute umana e per l’ambiente che il nuovo prodotto comporta.
3) Se una soluzione affermativa del problema se la natura della procedura semplificata implichi un consenso tacito della Commissione all’immissione sul mercato dei prodotti che ne costituiscono oggetto incida sulla soluzione della seconda questione nel senso che lo Stato membro considerato deve previamente mettere in discussione la legittimità di tale consenso tacito.
4) In caso di soluzione affermativa della prima questione, se l’art. 5 del regolamento n. 258/97 sia compatibile con gli artt. 153 CE e 174 CE, nonché con il principio della precauzione e con i principi di proporzionalità e di ragionevolezza, nonostante che:
– esso non richieda una valutazione completa della sicurezza dei prodotti e degli ingredienti alimentari in relazione ai rischi per la salute umana e per l’ambiente e non garantisca l’informazione e la partecipazione degli Stati membri e dei loro enti scientifici, benché tale intervento risulti irrinunciabile per tutelare i predetti beni, come sta a dimostrare la procedura ordinaria prevista agli artt. 6 e segg. del citato regolamento;
– siffatta procedura semplificata possa essere applicata, per semplici ragioni di celerità e di semplificazione dell’azione amministrativa, all’immissione sul mercato di prodotti e ingredienti alimentari rispetto ai quali, attesa la presenza in essi di residui di proteine transgeniche, non si dispone di informazioni complete su tutti i loro effetti sulla salute dei consumatori, sul consumo umano e sull’ambiente, come può desumersi, in via generale, dalla raccomandazione 97/618/CE.
Sulla prima questione
49.
Con la prima questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97 debba essere interpretato nel senso che la presenza, in nuovi prodotti alimentari, di residui di proteine transgeniche a determinati livelli osti a che tali alimenti siano considerati sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti e, pertanto, osti al ricorso alla procedura semplificata per l’immissione sul mercato di tali nuovi prodotti alimentari.
Osservazioni presentate alla Corte
50.
Le ricorrenti nella causa principale sostengono che il regolamento n. 258/97 permette che siano immessi sul mercato nuovi prodotti alimentari secondo la procedura semplificata, se tali prodotti non contengono OGM e sono sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti.
51.
Orbene, gli alimenti di cui alla causa principale non conterrebbero OGM. Sarebbe infatti pacifico che essi, pur contenendo proteine transgeniche, non potrebbero essere qualificati come OGM.
52.
Il regolamento n. 258/97 avrebbe inoltre delegato completamente la valutazione dell’equivalenza sostanziale alla comunità scientifica. Tale questione non sarebbe collegata ad una questione interpretativa del diritto comunitario, ma si riferirebbe esclusivamente alla portata di un concetto scientifico. Ne conseguirebbe che la Corte non potrebbe pronunciarsi su una tale questione nell’ambito di una domanda di decisione pregiudiziale.
53.
Il governo italiano fa valere che il regolamento n. 258/97 esige che la procedura normale, cui si riferisce l’art. 3, n. 2, di tale regolamento (in prosieguo: la «procedura normale»), sia rispettata quando risulta necessaria la valutazione del rischio. In assenza di una tale valutazione, il principio centrale del regolamento n. 258/97, cioè la tutela della salute pubblica, sarebbe violato e gli alimenti di cui trattasi non si troverebbero legittimamente sul mercato.
54.
Tale governo fa riferimento alla parte I, capitolo 3, punto 3.3, dell’allegato alla raccomandazione 97/618, il quale confermerebbe che il concetto di «equivalenza sostanziale» ha un valore strumentale e relativo. Questo concetto e, di conseguenza, la procedura semplificata si applicherebbero solamente se l’equivalenza riguarda tutti i profili individuati dal regolamento n. 258/97 (composizione, valore nutrizionale, ecc.).
55.
Nella causa principale, l’Istituto superiore di sanità ha rilevato, secondo tale governo, la presenza di proteine transgeniche quale espressione dei geni immessi e tale presenza non è del resto stata contestata. Orbene, la semplice constatazione che, nella fattispecie, non vi è stata valutazione dell’innocuità di tale presenza nell’ambito della procedura normale instaurata dal regolamento n. 258/97, la quale prevede la partecipazione informata dell’insieme degli Stati membri, comporterebbe l’inapplicabilità della procedura semplificata.
56.
Il governo norvegese sostiene che la presenza nei nuovi prodotti alimentari di proteine estranee espresse da geni spesso derivati da organismi di un altro regno costituisce, di per sé, un cambiamento sostanziale della composizione della pianta di cui trattasi.
57.
Secondo tale governo, l’esame diretto ad accertare se taluni alimenti possano essere qualificati come sostanzialmente equivalenti ad altri alimenti deve inoltre prendere in considerazione le conseguenze che possono derivare dalla modificazione genetica.
58.
In particolare, l’inserimento di geni estranei potrebbe avere effetti imprevedibili sulla composizione della pianta, i quali devono essere oggetto di un esame più approfondito nell’ambito di una valutazione globale dei rischi. Questi ultimi potrebbero essere cagionati dagli effetti dello stesso inserimento genetico sui geni già presenti nella pianta, ovvero potrebbero risultare dall’interazione dei prodotti contenenti un gene estraneo con i composti/processi della linea parentale.
59.
Il governo norvegese afferma che da ciò consegue che la presenza nei nuovi prodotti alimentari di proteine estranee, come è il caso dei prodotti di cui alla causa principale, osta a che tali alimenti possano essere considerati come sostanzialmente equivalenti, ai sensi dell’art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97, ai prodotti alimentari esistenti. Inoltre, riconoscere in tali condizioni l’equivalenza sostanziale avrebbe come conseguenza che, contrariamente all’art. 3, n. 1, del regolamento n. 258/97, gli alimenti in questione potrebbero essere immessi sul mercato senza che siano eseguite valutazioni di sicurezza. Pertanto, si dovrebbe rispondere alla prima questione in senso negativo.
60.
Il Parlamento sostiene che spetta al giudice nazionale, trattandosi di questione di fatto, stabilire se i nuovi prodotti alimentari rientrino in una delle categorie di prodotti alimentari per le quali è ammesso il ricorso alla procedura semplificata e se essi siano sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti. Esso aggiunge che gli appare dubbio che queste due condizioni siano soddisfatte nella causa principale.
61.
La Commissione sostiene che, sul piano formale, non esistono ostacoli giuridici al ricorso alla procedura semplificata per l’immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari di cui alla causa principale.
62.
Risulterebbe sia dall’art. 3, n. 4, del regolamento n. 258/97, sia dalla raccomandazione 97/618 che, in sede di un esame concreto destinato a verificare, sulla base delle conoscenze scientifiche attuali, se taluni nuovi prodotti alimentari contenenti proteine transgeniche possano essere considerati sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari tradizionali che non ne contengono, è necessario procedere con prudenza, poiché la nozione di equivalenza sostanziale non è univoca e un siffatto esame implica un confronto difficile tra diversi parametri.
63.
La Commissione sostiene che, all’epoca dei fatti di cui alla causa principale – più esattamente al momento in cui le società ricorrenti nella causa principale hanno intrapreso iniziative tecniche e scientifiche in vista dell’immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari secondo la procedura semplificata -, la situazione normativa e lo stato delle conoscenze scientifiche consentivano l’utilizzazione della nozione di equivalenza sostanziale e, pertanto, della procedura semplificata per l’immissione sul mercato di tali prodotti alimentari, nonostante la presenza di residui di proteine transgeniche in tali ultimi prodotti.
64.
Tuttavia, a seguito dei dibattiti all’interno delle istituzioni scientifiche internazionali, l’importanza della nozione di equivalenza sostanziale sarebbe evoluta in maniera significativa.
65.
A seguito di tale riesame critico, la Commissione sarebbe giunta alla conclusione che, allo stato attuale della ricerca scientifica, risulterebbe che i prodotti alimentari contenenti proteine transgeniche non possono più essere considerati, in linea di principio, sostanzialmente equivalenti, ai sensi dell’art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97, a prodotti alimentari esistenti, a meno che una valutazione completa delle loro caratteristiche non consenta, al di là di ogni ragionevole dubbio, di garantire che ricorrono tutte le condizioni previste da quest’ultima disposizione.
66.
Tenuto conto di questo nuovo approccio, basato su considerazioni relative alla prudenza e allo sviluppo delle conoscenze scientifiche, la Commissione e gli Stati membri avrebbero convenuto, a partire dal gennaio 1998, di non ricorrere più alla procedura semplificata per tali prodotti alimentari.
67.
Tale nuova politica spiegherebbe la ragione per la quale, all’art. 38 della sua proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 2001/C 304 E/15, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati (GU 2001, C 304, pag. 221), presentata il 30 luglio 2001, la Commissione ha previsto la soppressione del ricorso alla procedura semplificata per i prodotti alimentari di cui all’art. 1, n. 2, lett. b), del regolamento n. 258/97.
68.
Tuttavia, secondo la Commissione, il ricorso alla nozione di equivalenza sostanziale e, quindi, alla procedura semplificata era giustificato nella causa principale poiché, all’epoca dei fatti, la Commissione e gli Stati membri non avevano ancora adottato un atteggiamento più restrittivo a seguito del riesame critico della materia.
69.
Un tale approccio sarebbe inoltre conforme a un’interpretazione letterale del regolamento n. 258/97 e tutelerebbe l’affidamento connesso a una lettura obiettiva di quest’ultimo. Inoltre, la Commissione ricorda che sia l’Istituto superiore di sanità, nel suo parere 28 luglio 2000, sia il comitato scientifico dell’alimentazione umana, nel suo parere 7 settembre 2000, hanno confermato che i nuovi prodotti alimentari non presentavano rischi per la salute o per l’ambiente.
Pronuncia della Corte
70.
Ai fini della procedura semplificata, la condizione di equivalenza sostanziale di cui all’art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97 è valutata sulla base dei dati scientifici disponibili e generalmente riconosciuti, ovvero, come è avvenuto nella causa principale, ad opera di organismi scientifici specializzati nella valutazione dei rischi causati dai nuovi prodotti alimentari, cioè gli organismi competenti degli Stati membri di cui all’art. 4, n. 3, dello stesso regolamento, i quali intervengono ex ante, cioè prima dell’immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari.
71.
Si tratta di un presupposto per l’applicazione di tale procedura che, se risulta soddisfatto e purché il nuovo prodotto alimentare considerato appartenga a una delle categorie di prodotti alimentari che possono essere oggetto della procedura citata – il che dev’essere verificato dal giudice del rinvio per quanto concerne i prodotti alimentari di cui trattasi nella causa principale – implica che non sia richiesta la valutazione dei rischi prevista nell’ambito della procedura normale.
72.
Dalle esigenze tanto dell’applicazione uniforme del diritto comunitario quanto del principio d’uguaglianza discende che una disposizione di diritto comunitario, come l’art. 3, n. 4, del regolamento n. 258/97, nonché la nozione di equivalenza sostanziale ivi contenuta, che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata, deve di regola dar luogo, nell’intera Comunità, ad un’interpretazione autonoma ed uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto di tale disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa considerata (v., in tale senso, in particolare, sentenza 19 settembre 2000, causa C-287/98, Linster, Racc. pag. I-6917, punto 43).
73.
Poiché l’equivalenza sostanziale rappresenta una nozione di diritto comunitario non definita nell’ambito del regolamento n. 258/97, è necessario quindi esaminare il contesto dell’art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97, nonché gli obiettivi perseguiti da quest’ultimo, così da dare a tale nozione un’interpretazione autonoma e uniforme.
74.
La duplice finalità del regolamento n. 258/97, consistente nel garantire il funzionamento del mercato interno dei nuovi prodotti alimentari (primo considerando di tale regolamento) e nel tutelare la salute pubblica rispetto ai rischi che questi ultimi possono produrre (secondo considerando e art. 3, n. 1, primo trattino, del citato regolamento), rappresenta al riguardo un elemento importante che milita a favore di un’interpretazione secondo cui la nozione di equivalenza sostanziale non esclude che nuovi prodotti alimentari che presentano differenze di composizione prive di effetti sulla salute pubblica siano considerati come sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti.
75.
Per quanto riguarda il contesto della nozione di equivalenza sostanziale, essa dev’essere collocata nell’ambito dei lavori delle istituzioni scientifiche internazionali nelle quali essa è stata elaborata, come enunciati in particolare nella raccomandazione 97/618.
76.
E’ vero che dal fondamento normativo di tale raccomandazione, cioè l’art. 4, n. 4, del regolamento n. 258/97, risulta che essa è stata adottata al fine di chiarire la procedura normale. Ciò spiega, del resto, la ragione per la quale l’esigenza di una valutazione tossicologica classica di cui alla parte I, capitolo 5, punto IV, dell’allegato della raccomandazione 97/618 (letto in combinato disposto con i punti 3.3 e 3.7 del capitolo 3 di quest’ultima), cui fa riferimento il giudice del rinvio, non è pertinente nella fattispecie. Si tratta, in tal caso, dell’utilizzazione della nozione di equivalenza sostanziale nell’ambito specifico di un’analisi dei rischi, come quella prevista nell’ambito della procedura normale.
77.
Tale raccomandazione è tuttavia utile per la definizione della nozione di equivalenza sostanziale, quale risulta dall’art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97. Emerge infatti dalla parte I, capitolo 3, punto 3.3, primo e secondo comma, del citato allegato che tale nozione non comporta, di per sé, una valutazione dei rischi, ma rappresenta un approccio volto a confrontare il nuovo prodotto alimentare con il suo equivalente tradizionale, al fine di verificare se esso debba essere sottoposto a una valutazione dei rischi per quanto concerne in particolare la sua composizione e le sue proprietà specifiche. Ne discende, inoltre, che l’assenza di equivalenza sostanziale non implica necessariamente che l’alimento in questione sia pericoloso, ma semplicemente che esso dev’essere sottoposto a una valutazione dei rischi che esso potrebbe cagionare.
78.
Al fine di circoscrivere ulteriormente la nozione di equivalenza sostanziale, quest’ultima dev’essere inoltre inserita nel contesto del processo dell’analisi dei rischi, quale comunemente definito a livello internazionale e comunitario. Si tratta infatti di una nozione applicata, come nel caso di specie, da organismi scientifici specializzati e incaricati della valutazione dei rischi connessi ai nuovi prodotti alimentari.
79.
Tale nozione dev’essere intesa, più precisamente, come un metodo specifico in materia di nuovi prodotti alimentari, avente ad oggetto l’identificazione dei pericoli, che rappresenta la prima fase della parte relativa alla valutazione scientifica dei rischi, cioè l’identificazione degli agenti biologici, chimici e fisici atti a provocare effetti negativi sulla salute che possono essere presenti in un determinato alimento ovvero in un gruppo di alimenti e che necessitano di una valutazione scientifica al fine di consentirne una migliore valutazione [v., in tal senso, in particolare, manuale di procedura della commissione del Codex alimentarius della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), 12ma edizione, pagg. 51 e 52, nonché l’allegato III della comunicazione provvisoria della commissione del Codex alimentarius della FAO e dell’OMS, CX 4/10, CL 2000/12 – GP, aprile 2000; art. 3, punti 9-14, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2002, n. 178, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31, pag. 1), nonché i punti 5.1.1, 5.1.2 e l’allegato III della comunicazione della Commissione 2 febbraio 2000, COM/2000/1, sul principio di precauzione; v., inoltre, sentenze del Tribunale 11 settembre 2002, causa T-13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio, Racc. pag. II-3305, punto 156, e causa T-70/99, Alpharma/Consiglio, Racc. pag. II-3495, punto 169].
80.
Poiché la tutela della salute pubblica è un obiettivo essenziale del regolamento n. 258/97, la nozione di equivalenza sostanziale non può essere interpretata nel senso che la procedura semplificata, la quale, ai sensi stessi dell’art. 3, n. 4, primo comma, del citato regolamento, presenta un carattere derogatorio, si traduca nel rendere meno rigorosi i criteri di sicurezza che devono essere rispettati dai nuovi prodotti alimentari (v., in tal senso, nell’ambito delle specialità farmaceutiche, sentenza 3 dicembre 1998, causa C-368/96, Generics (UK) e a., Racc. pag. I-7967, punto 22).
81.
Quanto agli effetti imprevedibili per la salute umana che potrebbero essere cagionati dall’inserimento di geni estranei, rilevati in particolare dal governo norvegese, va osservato che, se essi fossero qualificabili come pericoli per la salute umana alla luce delle conoscenze scientifiche disponibili all’epoca della valutazione iniziale ad opera dell’organismo competente, tali effetti dovrebbero essere sottoposti a una valutazione dei rischi e, pertanto, osterebbero al riconoscimento dell’equivalenza sostanziale nel caso di specie.
82.
Un altro elemento del contesto normativo della nozione di equivalenza sostanziale di cui all’art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97, che rafforza l’interpretazione secondo cui tale nozione non osta all’esistenza di differenze di composizione che siano irrilevanti per la salute pubblica, emerge dalla lettura combinata degli artt. 5, secondo comma, e 8 di tale regolamento.
83.
Ne deriva, infatti, che talune differenze, in particolare per quanto concerne la composizione dei nuovi prodotti alimentari, non impediscono che tali prodotti alimentari siano considerati come sostanzialmente equivalenti ai sensi dell’art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97, mentre l’art. 8 del citato regolamento prevede al contrario che tali differenze debbano essere specificamente menzionate nell’etichettatura.
84.
Si deve quindi risolvere la prima questione come segue: l’art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97 dev’essere interpretato nel senso che la mera presenza, all’interno di nuovi prodotti alimentari, di residui di proteine transgeniche a determinati livelli non osta a che tali prodotti alimentari siano considerati come sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti e, pertanto, non osta al ricorso alla procedura semplificata per l’immissione sul mercato di detti nuovi prodotti alimentari. Ciò tuttavia non vale qualora le conoscenze scientifiche disponibili all’epoca della valutazione iniziale permettano di individuare l’esistenza di un rischio di effetti potenzialmente pericolosi per la salute umana. Spetta al giudice del rinvio verificare se sia soddisfatta tale condizione.
Sulla seconda e sulla terza questione
85.
Con la sua seconda e terza questione, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza quale sia l’incidenza della regolarità del ricorso alla procedura semplificata sul potere degli Stati membri di adottare, in forza del principio di precauzione, e in particolare dell’art. 12 del regolamento n. 258/97, misure quali il decreto 4 agosto 2000, in particolare per quanto attiene all’onere della prova dell’innocuità dei nuovi prodotti alimentari e all’esistenza di un’eventuale condizione relativa alla messa in discussione del consenso tacito della Commissione, che sarebbe implicito nell’attuazione della procedura semplificata.
Osservazioni presentate alla Corte
86.
Secondo le ricorrenti nella causa principale, è evidente che le condizioni applicative dell’art. 12 del regolamento n. 258/97, esplicitamente previste da tale disposizione, non erano soddisfatte nella causa principale, in quanto il decreto 4 agosto 2000 non ha potuto basarsi su alcuna ragione precisa per ritenere, sulla base delle informazioni scientifiche disponibili, che i nuovi prodotti alimentari erano pericolosi per la salute umana o per l’ambiente.
87.
Pertanto, con la seconda questione, il giudice del rinvio chiederebbe in sostanza se, in caso d’illegittimità della disposizione che prevede il ricorso alla procedura semplificata per i nuovi prodotti alimentari contenenti proteine transgeniche, il diritto comunitario, in particolare il principio di precauzione, permetta a uno Stato membro di adottare una misura preventiva che sospenda la commercializzazione di tali alimenti, anche se le condizioni previste dall’art. 12 del regolamento n. 258/97 non sono soddisfatte.
88.
A tal proposito, le ricorrenti nella causa principale sostengono che dalla giurisprudenza della Corte risulta che qualora, come nella causa principale, le condizioni previste dall’art. 12 del regolamento n. 258/97 non siano soddisfatte, né il principio di precauzione, né un qualsiasi altro principio di diritto comunitario possono giustificare che uno Stato membro adotti misure preventive dirette a sospendere la commercializzazione di prodotti posti sul mercato invocando l’invalidità della disposizione di tale regolamento che istituisce la procedura in forza della quale tale immissione sul mercato è stata effettuata, fintantoché la citata invalidità non sia stata accertata in conformità al Trattato CE. Ne conseguirebbe che la seconda questione dovrebbe essere risolta negativamente.
89.
Il governo italiano sostiene che l’art. 12 del regolamento n. 258/97 conferma il valore strumentale e relativo della nozione di equivalenza sostanziale, come riconosciuta dalla Commissione nella raccomandazione 97/618.
90.
Tale governo sostiene che lo Stato membro che procede alla sospensione dell’autorizzazione di immissione sul mercato di un nuovo prodotto alimentare deve produrre una valutazione motivata di quest’ultimo per contestare la valutazione precedente, formulata da un’autorità tecnica diversa da quella sulla quale tale Stato si basa, e che la Commissione, di concerto con gli Stati membri e conformemente all’art. 13 del regolamento n. 258/97, valuta a sua volta le conclusioni tecniche dell’autorità competente dello Stato membro che ha sospeso la commercializzazione e l’utilizzazione di tale prodotto alimentare.
91.
La procedura semplificata non imporrebbe alla Commissione l’obbligo di verificare la notifica del nuovo prodotto o del nuovo ingrediente alimentare. Un tale controllo non costituirebbe pertanto una condizione di validità della notifica, cosicché sembra impossibile ritenere che una tale procedura possa essere analizzata come un atto complesso ovvero come un atto unilaterale sottoposto a talune condizioni di applicabilità.
92.
Il governo italiano ne conclude che la qualifica della notifica dell’immissione sul mercato di un nuovo prodotto alimentare è irrilevante ai fini del riconoscimento o meno agli Stati membri del potere di procedere alla sospensione dell’autorizzazione nell’attesa della verifica dell’innocuità di tale prodotto alimentare, con la partecipazione informata dell’insieme degli Stati membri, nell’ambito dell’art. 13 del regolamento n. 258/97.
93.
Il governo norvegese sostiene, in primo luogo, che qualora uno Stato membro, come la Repubblica italiana nella causa principale, si opponga a che taluni nuovi prodotti alimentari siano considerati sostanzialmente equivalenti, ai sensi dell’art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97, a prodotti alimentari esistenti, è necessario che, conformemente al secondo comma di tale disposizione, la questione sia definita secondo il procedimento previsto dall’art. 13 del medesimo regolamento. In tali circostanze, ciascuno Stato membro avrebbe la possibilità d’invocare tale procedura.
94.
Uno Stato membro che contesti una decisione relativa all’equivalenza sostanziale, adottata a seguito di tale procedura, avrebbe la possibilità d’invocare l’art. 12 del regolamento n. 258/97, sempreché le condizioni richieste da tale articolo siano soddisfatte.
95.
Il governo norvegese sostiene, inoltre, che uno Stato membro può legittimamente fare ricorso all’art. 12 del regolamento n. 258/97 se dispone di indicazioni scientifiche preliminari che gli forniscano motivi ragionevoli per temere che un nuovo prodotto alimentare sia potenzialmente pericoloso per la salute umana o per l’ambiente. Secondo tale governo, tale approccio prudente s’impone a maggior ragione in un settore scientifico relativamente nuovo, nel quale la conoscenza degli effetti potenziali degli OGM rimane ancora limitata.
96.
Tenuto conto della natura delle condizioni e della procedura specifica previste dall’art. 12 del regolamento n. 258/97, non spetterebbe a un giudice nazionale decidere se sia o meno giustificato il ricorso, da parte di uno Stato membro, a tale disposizione.
97.
Il governo norvegese fa valere, infine, che la mancanza di reazione della Commissione nell’ambito della procedura semplificata non può essere interpretata nel senso che costituisce un tacito assenso alla commercializzazione dei nuovi prodotti alimentari, poiché il ruolo della citata istituzione in tale procedura è limitato al ricevimento, alla trasmissione e alla pubblicazione delle notifiche dell’immissione sul mercato di tali nuovi prodotti alimentari.
98.
Il Consiglio sostiene che la natura giuridica della procedura semplificata è irrilevante ai fini dell’applicazione della clausola di salvaguardia prevista dall’art. 12 del regolamento n. 258/97, poiché gli Stati membri, sulla base di tale ultima disposizione, possono, in qualsiasi momento e indipendentemente dalla procedura in base alla quale è stata autorizzata l’immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari, sospendere la commercializzazione di questi ultimi basandosi su fondati motivi.
Pronuncia della Corte
99.
Tali questioni devono essere esaminate prendendo in considerazione il fatto che spetta al giudice del rinvio, e non alla Corte, stabilire se, nella causa principale, i nuovi prodotti alimentari siano sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti, facendo riferimento in particolare agli elementi interpretativi forniti dalla presente sentenza nella soluzione data alla prima questione.
100.
Per quanto concerne la natura giuridica della procedura semplificata, l’assenza di reazione della Commissione in sede di attuazione della citata procedura non può essere qualificata come tacito assenso di questa istituzione alla commercializzazione dei nuovi prodotti alimentari, in quanto il ruolo di quest’ultima in tale procedura è limitato al ricevimento, alla trasmissione e alla pubblicazione delle notifiche relative alla commercializzazione di tali nuovi prodotti alimentari. Nell’ipotesi di un ricorso ingiustificato alla procedura semplificata a causa dell’assenza di equivalenza sostanziale tra questi ultimi e prodotti alimentari esistenti, uno Stato membro può ricorrere alla clausola di salvaguardia di cui all’art. 12, n. 1, del regolamento n. 258/97, sempreché siano soddisfatti i suoi presupposti di applicazione, senza che esso sia tenuto a mettere in discussione, preliminarmente, la legittimità di un qualsivoglia consenso, ancorché tacito, della Commissione.
101.
Per quanto concerne la determinazione dell’equivalenza sostanziale nell’ambito della procedura semplificata, l’art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97 impone che essa sia effettuata ex ante, cioè prima dell’immissione sul mercato del nuovo prodotto alimentare; tuttavia il secondo comma di tale disposizione, nonché l’art. 13 del detto regolamento, prevedono una possibilità di verifica a livello comunitario dell’esistenza di una tale equivalenza sostanziale.
102.
E’ pacifico che, nella causa principale, la Repubblica italiana si è avvalsa della clausola di salvaguardia senza che fosse stata preliminarmente attuata la procedura comunitaria specificamente intesa a verificare la determinazione ex ante dell’equivalenza sostanziale, di cui agli artt. 3, n. 4, secondo comma, e 13, del regolamento n. 258/97.
103.
Tuttavia, tale fatto non può, di per sé, incidere sulla regolarità del ricorso alla clausola di salvaguardia. In conformità agli artt. 12, n. 2, e 13, del regolamento n. 258/97, i motivi della misura assunta dallo Stato membro sulla base della clausola di salvaguardia, ivi compresi quelli relativi alla regola dell’equivalenza sostanziale, possono infatti essere verificati a livello comunitario, e ciò in applicazione della stessa procedura cui fa rinvio l’art. 3, n. 4, secondo comma, di tale regolamento, cioè quella prevista dall’art. 13 dello stesso.
104.
L’applicabilità del citato art. 12 non è condizionata né dal tipo di procedura seguita preliminarmente all’immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari – cioè la procedura semplificata ovvero la procedura normale – né, in linea di principio, dalla regolarità della procedura seguita.
105.
Tuttavia, nel caso in cui la procedura semplificata sia stata erroneamente applicata, in quanto le differenze tra la composizione di un nuovo prodotto alimentare e quella del prodotto alimentare esistente non hanno permesso di concludere nel senso di un’equivalenza sostanziale di tali prodotti con riferimento ai rischi per la salute pubblica che tali differenze comportano, non può escludersi che la dimostrazione dell’esistenza di tali rischi possa, eventualmente, giustificare l’adozione di una misura di salvaguardia sulla base dell’art. 12, n. 1, del regolamento n. 258/97.
106.
Per non vanificare la duplice finalità del regolamento n. 258/97, che consiste nel garantire, da un lato, il funzionamento del mercato interno dei nuovi prodotti alimentari e, dall’altro, la tutela della salute pubblica rispetto ai rischi che possono essere generati da tali prodotti alimentari, le misure di tutela assunte in forza della clausola di salvaguardia non possono essere validamente motivate con un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente (v., in tale senso, in un ambito non armonizzato, sentenza della Corte EFTA 5 aprile 2001, causa E-3/00, EFTA Surveillance Authority/Norvegia, EFTA Court Reports 2000-2001, pag. 73, punti 36-38).
107.
Siffatte misure di tutela, nonostante il loro carattere provvisorio e ancorché esse rivestano un carattere preventivo, possono essere assunte solamente se fondate su una valutazione dei rischi quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, che dimostrino che tali misure sono necessarie a garantire, ai sensi dell’art. 3, n. 1, primo trattino, del regolamento n. 258/97, che i nuovi prodotti alimentari non presentano rischi per il consumatore.
108.
In ordine all’onere della prova che grava sullo Stato membro interessato ai sensi dell’art. 12, n. 1, del regolamento n. 258/97, va rilevato che tale disposizione richiede che tale Stato abbia «motivi fondati» per ritenere che l’uso di un nuovo prodotto alimentare presenti rischi per la salute umana o per l’ambiente.
109.
Ne risulta – è vero – che i motivi invocati dallo Stato membro interessato, come emergono da un’analisi dei rischi, non possono avere carattere generico. Tuttavia, con riferimento alla limitatezza della valutazione iniziale dell’innocuità dei nuovi prodotti alimentari nell’ambito della procedura semplificata (v. punto 79 della presente sentenza) e alla natura essenzialmente provvisoria delle misure basate sulla clausola di salvaguardia, si deve ritenere che lo Stato membro adempie all’onere della prova ad esso incombente se si basa su indizi tali da rivelare l’esistenza di un rischio specifico che potrebbe essere generato da tali nuovi prodotti alimentari.
110.
Posto inoltre che, come giustamente rilevato dal giudice del rinvio, la clausola di salvaguardia dev’essere intesa nel senso che rappresenta una specifica applicazione del principio di precauzione (v., per analogia con l’art. 11 della direttiva 90/220, sentenza Greenpeace France e a., cit., punto 44), i presupposti applicativi di tale clausola devono essere interpretati tenendo debitamente conto di tale principio.
111.
Secondo la giurisprudenza della Corte, dal principio di precauzione deriva che, quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi (v. sentenze 5 maggio 1998, causa C-157/96, National Farmers’ Union e a., Racc. pag. I-2211, punto 63, e causa C-180/96, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I-2265, punto 99).
112.
Pertanto, possono essere adottate misure di tutela in conformità all’art. 12 del regolamento n. 258/97, interpretato alla luce del principio di precauzione, ancorché la realizzazione di una valutazione scientifica dei rischi quanto più possibile completa, tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, si riveli impossibile a causa dell’insufficienza dei dati scientifici disponibili (v., in tal senso, sentenze cit. Pfizer Animal Health/Consiglio, punti 160 e 162, nonché Alpharma/Consiglio, punti 173 e 175).
113.
Tali misure presuppongono in particolare che la valutazione dei rischi di cui dispongono le autorità nazionali riveli indizi specifici i quali, senza escludere l’incertezza scientifica, permettano ragionevolmente di concludere, sulla base dei dati scientifici disponibili che risultano maggiormente affidabili e dei risultati più recenti della ricerca internazionale, che l’attuazione di tali misure è necessaria al fine di evitare che siano offerti sul mercato nuovi prodotti alimentari potenzialmente pericolosi per la salute umana.
114.
Alla luce di quanto precede, la seconda e la terza questione devono essere risolte nel senso che, in linea di principio, la questione della regolarità del ricorso alla procedura semplificata di immissione sul mercato di nuovi prodotti alimentari, prevista dall’art. 5 del regolamento n. 258/97, non incide sul potere degli Stati membri di adottare misure ai sensi dell’art. 12 del citato regolamento, quale il decreto 4 agosto 2000, di cui trattasi nella causa principale. Poiché la procedura semplificata non implica alcun consenso, ancorché tacito, della Commissione, uno Stato membro non è tenuto, al fine di adottare tali misure, a mettere previamente in discussione la legittimità di tale consenso. Tuttavia, tali misure possono essere adottate solamente se lo Stato membro ha previamente svolto una valutazione dei rischi quanto più possibile completa, tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, valutazione da cui risulti che, con riferimento al principio di precauzione, l’attuazione di tali misure è necessaria a garantire, ai sensi dell’art. 3, n. 1, primo trattino, del regolamento n. 258/97, che i nuovi prodotti alimentari non presentano rischi per il consumatore.
Sulla quarta questione
115.
Con la quarta questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se, nel caso in cui il ricorso alla procedura semplificata sia giustificato nonostante la presenza di residui di proteine transgeniche nei nuovi prodotti alimentari, l’art. 5 del regolamento n. 258/97 sia valido, con particolare riferimento agli artt. 153 CE e 174 CE, nonché ai principi di precauzione e di proporzionalità.
Osservazioni presentate alla Corte
116.
In via preliminare, le ricorrenti nella causa principale, il governo norvegese, il Consiglio e la Commissione sottolineano che le disposizioni relative alla procedura semplificata rilevanti nella causa principale implicano valutazioni complesse di natura tecnica e scientifica. Ne conseguirebbe che, nel settore in cui rientrano tali disposizioni, il legislatore comunitario dispone di un potere discrezionale circa la fissazione delle basi attuali di un’azione e la definizione degli obiettivi perseguiti. Di conseguenza, il sindacato da parte della Corte dell’esercizio di tale potere discrezionale dovrebbe limitarsi a verificare se esso non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere o se tale legislatore abbia manifestamente ecceduto i limiti di tale potere discrezionale.
117.
Le ricorrenti nella causa principale fanno valere che la procedura semplificata è compatibile con gli artt. 153 CE e 174 CE, nonché con i principi di proporzionalità e di «ragionevolezza», e che il legislatore comunitario non ha in alcun modo ecceduto il limite del potere discrezionale di cui dispone in materia. Benché motivata da esigenze di celerità e di semplificazione amministrativa, la procedura semplificata permetterebbe di tener fermi efficacemente gli imperativi di tutela della salute umana e dell’ambiente.
118.
Le ricorrenti nella causa principale sostengono che, contrariamente a quanto suggerito dal giudice del rinvio, la procedura semplificata garantisce la partecipazione informata degli Stati membri e dei loro organismi scientifici sia prima che dopo l’immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari.
119.
Il governo norvegese sottolinea che l’applicazione della procedura semplificata a nuovi prodotti alimentari che contengono proteine transgeniche, quali quelli di cui alla causa principale, implica che questi ultimi possono essere commercializzati nell’intera Comunità senza che vengano effettuate valutazioni della loro innocuità, e ciò nonostante gli effetti imprevedibili che tali alimenti possono avere a causa dell’inserimento di un gene estraneo.
120.
In tali circostanze, il governo norvegese sostiene che l’applicazione della procedura semplificata a prodotti alimentari contenenti proteine transgeniche è in contrasto cogli artt. 95, n. 3, CE, 152, n. 1, CE, 153, n. 1, CE, e 174, n. 2, CE, e che, pertanto, il riferimento all’art. 1, n. 2, lett. b), del regolamento n. 258/97, contenuto nell’art. 3, n. 4, primo comma, del medesimo regolamento, è invalido.
121.
Il Parlamento, il Consiglio e la Commissione sostengono che un’interpretazione dell’art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento n. 258/97, secondo cui tale disposizione consente di fare ricorso alla procedura semplificata per autorizzare l’immissione sul mercato di nuovi prodotti alimentari contenenti proteine transgeniche, non porta a una violazione degli artt. 153 CE e 174 CE, né, in particolare, del principio di precauzione. Una tale interpretazione non implica pertanto in alcun modo l’invalidità di tale disposizione nella parte in cui essa autorizza il ricorso alla procedura semplificata per tali prodotti alimentari.
122.
Il regime della procedura semplificata dovrebbe infatti essere considerato valido, sia tenuto conto delle condizioni restrittive alle quali è sottoposta la sua applicazione, sia alla luce delle disposizioni del regolamento n. 258/97 che disciplinano la citata procedura, cioè:
– il principio generale previsto dall’art. 3, n. 1, del regolamento n. 258/97, secondo cui i nuovi prodotti alimentari non debbono presentare rischi per il consumatore (v. anche il secondo considerando di tale regolamento);
– la duplice condizione alla quale l’art. 3, n. 4, primo comma, del medesimo regolamento subordina l’applicazione della procedura semplificata, cioè che i citati prodotti alimentari devono rientrare in talune categorie, che non comprendono i prodotti alimentari contenenti OGM, e che essi devono essere sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti;
– il requisito secondo cui l’equivalenza sostanziale deve basarsi su un’analisi scientifica svolta ex ante ad opera di un organismo specializzato;
– la possibilità, per ciascuno Stato membro, in conformità agli artt. 3, n. 4, secondo comma, del regolamento n. 258/97, di sollecitare la verifica, secondo la procedura prevista dall’art. 13 del medesimo regolamento, dell’esistenza di un’equivalenza sostanziale tra i nuovi prodotti alimentari e i prodotti alimentari esistenti;
– la clausola di salvaguardia prevista dall’art. 12 del regolamento n. 258/97, di cui dispongono gli Stati membri per adottare misure nei confronti di nuovi prodotti alimentari la cui immissione sul mercato è stata autorizzata, ma per i quali risulta che vi sono rischi per la salute pubblica.
123.
Il Consiglio sottolinea, in particolare, che l’autorizzazione di immissione sul mercato di un prodotto alimentare a seguito di una notifica nell’ambito della procedura semplificata non crea, da un punto di vista giuridico, alcuna presunzione in ordine all’innocuità di tale alimento. Da tale essenziale rilievo discenderebbe che gli Stati membri dispongono del potere di ritirare in qualsiasi momento dal mercato i prodotti per i quali sussistono fondati motivi per ritenerli pregiudizievoli per la salute, ancorché la loro immissione sul mercato sia stata autorizzata in conformità al regolamento n. 258/97.
124.
Esso sostiene inoltre che la clausola di salvaguardia prevista dall’art. 12 del citato regolamento si applica sia alle decisioni della Commissione che autorizzano l’immissione sul mercato nell’ambito della procedura normale, sia alle notifiche di immissione sul mercato indirizzate alla Commissione nell’ambito della procedura semplificata, e ciò anche quando risulti che non erano soddisfatte le condizioni per il ricorso a tale ultima procedura.
125.
La Commissione sostiene, in particolare, che le disposizioni rilevanti del regolamento n. 258/97 non sono incompatibili col principio di proporzionalità. Essa ritiene che la procedura semplificata, scelta dal legislatore comunitario tra le varie possibilità che gli si presentavano, offre contemporaneamente modalità agevolate di immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari e adeguate garanzie di sicurezza per la salute umana e per l’ambiente, in conformità allo stato delle conoscenze scientifiche disponibili all’epoca dell’adozione delle disposizioni relative a tale procedura.
Pronuncia della Corte
126.
Anche tale questione dev’essere esaminata prendendo in considerazione il fatto che spetta al giudice del rinvio, e non alla Corte, decidere se, nella causa principale, i nuovi prodotti alimentari siano sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti, con riferimento, in particolare, agli elementi interpretativi forniti dalla presente sentenza nella soluzione data alla prima questione.
127.
La quarta questione è relativa alla validità della procedura semplificata con riferimento a uno dei presupposti applicativi stabiliti dall’art. 5 del regolamento n. 258/97, cioè quello relativo all’equivalenza sostanziale, ai sensi dell’art. 3, n. 4, primo comma, di tale regolamento, nell’ipotesi in cui tale presupposto debba essere ritenuto esistente nel caso di specie, ed ha ad oggetto, in tal senso, le due disposizioni citate.
128.
In una tale ipotesi, si pone in particolare la questione se la procedura semplificata, laddove non esige una valutazione integrale dei rischi, sia dotata di modalità sufficienti a garantire un elevato livello di tutela della salute umana e dell’ambiente, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 152, n. 1, CE, nonché 174, n. 2, CE, e a garantire il rispetto dei principi di precauzione e di proporzionalità.
129.
Per quanto concerne, in primo luogo, l’argomento secondo cui la procedura semplificata non richiederebbe una valutazione completa dei rischi dei nuovi prodotti alimentari per semplici esigenze di celerità e di semplificazione dell’azione amministrativa, si deve ricordare la funzione essenziale della nozione di equivalenza sostanziale. Quest’ultima rappresenta un metodo specifico relativo ai nuovi prodotti alimentari, che deve permettere di individuare i pericoli per la salute umana o per l’ambiente che possono essere cagionati dalle differenze rilevate tra tali prodotti alimentari e i prodotti alimentari esistenti. Se sono individuabili pericoli di tal genere, la procedura semplificata non può essere utilizzata, poiché in tal caso sarebbe necessaria un’analisi più completa dei rischi, da effettuarsi secondo la procedura normale.
130.
Quanto poi alla tesi secondo cui la procedura semplificata non garantirebbe la partecipazione informata degli Stati membri e dei loro organismi scientifici, è pacifico che, nella causa principale, la valutazione iniziale dell’equivalenza sostanziale è stata condotta da un organismo scientifico di uno Stato membro.
131.
Inoltre, tale esame rappresenta la prima fase di un possibile concatenarsi di procedure nel corso delle quali il riconoscimento dell’equivalenza sostanziale può essere riesaminato, procedure che comportano, oltre a un meccanismo di controllo specifico a livello comunitario dell’accertamento dell’equivalenza sostanziale (artt. 3, n. 4, secondo comma, e 13 del regolamento n. 258/97), l’eventuale adozione, a livello nazionale, in applicazione della clausola di salvaguardia, di misure di tutela che siano basate su una valutazione quanto più possibile completa dei rischi, in particolare ad opera degli organismi scientifici degli Stati membri (art. 12, n. 1, di tale regolamento) e, infine, la verifica a livello comunitario del fondamento di tali misure (artt. 12, n. 2, e 13 dello stesso regolamento).
132.
Mediante tali diverse procedure il legislatore comunitario ha instaurato una stretta cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri, atta a offrire sufficienti possibilità a questi ultimi, nonché ai relativi organismi scientifici, di partecipare agli esami e agli eventuali riesami dell’innocuità dei nuovi prodotti alimentari.
133.
Per quanto concerne il principio di precauzione, bisogna ricordare (v. punto 110 della presente sentenza) che la clausola di salvaguardia prevista dall’art. 12 del regolamento n. 258/97 rappresenta una specifica applicazione di tale principio e che quindi esso deve, eventualmente, far parte integrante del procedimento decisionale che conduce all’adozione di qualsiasi misura di tutela della salute umana che sia fondata sugli artt. 12 e 13 di tale regolamento. Del resto, tale principio dev’essere del pari preso eventualmente in considerazione nell’ambito della procedura normale, in particolare al fine di decidere se, con riferimento alle conclusioni relative alla valutazione dei rischi, l’immissione sul mercato possa essere autorizzata senza rischi per il consumatore.
134.
Infine, secondo la giurisprudenza della Corte, al fine di stabilire se una norma di diritto comunitario sia conforme al principio di proporzionalità, si deve accertare se i mezzi da essa contemplati siano idonei a conseguire lo scopo perseguito e non eccedano quanto necessario a raggiungere il detto scopo (v., in particolare, nel settore delle specialità farmaceutiche, sentenza Generics (UK) e a., cit., punto 66).
135.
Trattandosi di un settore ove il legislatore comunitario è chiamato a effettuare valutazioni complesse, il sindacato giurisdizionale dell’esercizio della sua competenza deve limitarsi ad esaminare se esso non sia inficiato da errore manifesto o sviamento di potere o se il legislatore non abbia manifestamente oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale (sentenza Generics (UK) e a., cit., punto 67).
136.
Orbene, non appare che la procedura semplificata, basata in particolare sul presupposto di equivalenza sostanziale, sia inadatta al raggiungimento dello scopo di garanzia di funzionamento del mercato interno dei nuovi prodotti alimentari e dello scopo di tutela della salute umana e dell’ambiente, intrinseci al regolamento n. 258/97.
137.
Si tratta infatti di una procedura avente carattere derogatorio rispetto alla procedura normale, che è applicabile solamente per taluni tipi di nuovi prodotti alimentari e qualora ricorra la condizione di equivalenza sostanziale, in quanto quest’ultima non esclude differenze di composizione tra i nuovi prodotti alimentari e i prodotti alimentari esistenti, se tali differenze non sono atte a produrre effetti potenzialmente negativi per la salute umana.
138.
Date queste premesse, e con riferimento al fatto che il riconoscimento ex ante dell’equivalenza sostanziale può essere riesaminato mediante varie procedure che si susseguono tanto a livello nazionale quanto a livello comunitario (v. punto 131 della presente sentenza), la procedura semplificata dev’essere ritenuta compatibile con il principio di proporzionalità.
139.
Alla luce di quanto precede, si deve risolvere la quarta questione nel senso che l’esame della stessa non ha messo in luce alcun elemento atto a inficiare la validità dell’art. 5 del regolamento n. 258/97, per quanto riguarda in particolare il presupposto applicativo di tale disposizione relativo all’equivalenza sostanziale, ai sensi dell’art. 3, n. 4, primo comma, di tale regolamento.
Sulle spese
140.
Le spese sostenute dai governi italiano e norvegese, nonché dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale, il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE,
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza , dichiara:
1) L’art. 3, n. 4, primo comma, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 27 gennaio 1997, n. 258, sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari, dev’essere interpretato nel senso che la mera presenza, all’interno di nuovi prodotti alimentari, di residui di proteine transgeniche a determinati livelli non osta a che tali prodotti alimentari siano considerati come sostanzialmente equivalenti a prodotti alimentari esistenti e, pertanto, non osta al ricorso alla procedura semplificata per l’immissione sul mercato di detti nuovi prodotti alimentari. Ciò tuttavia non vale qualora le conoscenze scientifiche disponibili all’epoca della valutazione iniziale permettano di individuare l’esistenza di un rischio di effetti potenzialmente pericolosi per la salute umana. Spetta al giudice del rinvio verificare se sia soddisfatta tale condizione.
2) In linea di principio, la questione della regolarità del ricorso alla procedura semplificata di immissione sul mercato di nuovi prodotti alimentari, prevista dall’art. 5 del regolamento n. 258/97, non incide sul potere degli Stati membri di adottare misure ai sensi dell’art. 12 del citato regolamento, quale il decreto 4 agosto 2000, di cui trattasi nella causa principale. Poiché la procedura semplificata non implica alcun consenso, ancorché tacito, della Commissione, uno Stato membro non è tenuto, al fine di adottare tali misure, a mettere previamente in discussione la legittimità di tale consenso. Tuttavia, tali misure possono essere adottate solamente se lo Stato membro ha previamente svolto una valutazione dei rischi quanto più possibile completa, tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, valutazione da cui risulti che, con riferimento al principio di precauzione, l’attuazione di tali misure è necessaria a garantire, ai sensi dell’art. 3, n. 1, primo trattino, del regolamento n. 258/97, che i nuovi prodotti alimentari non presentano rischi per il consumatore.
3) L’esame della quarta questione non ha messo in luce alcun elemento atto a inficiare la validità dell’art. 5 del regolamento n. 258/97, per quanto riguarda in particolare il presupposto applicativo di tale disposizione relativo all’equivalenza sostanziale, ai sensi dell’art. 3, n. 4, primo comma, di tale regolamento.
Rodríguez Iglesias Puissochet Timmermans Gulmann Edward La Pergola Jann Skouris von Bahr Cunha Rodrigues Rosas
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 settembre 2003.
Il cancelliere
Il presidente
R. Grass
G.C. Rodríguez Iglesias
1: Lingua processuale: l’italiano.