Con la sent. n. 204 del 2004 la Corte costituzionale ha accolto le questioni relative agli artt. 33, commi 1 e 2, e 34, comma 1, del d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituiti dall’art. 7, lettere a) e b), della legge n. 205 del 2000, sollevate dal Tribunale di Roma. Si tratta di una importante sentenza sul riparto di giurisdizione nella quale si affronta la questione dei limiti che il legislatore ordinario deve rispettare nel disciplinare, ampliandola, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ad essere censurata è la avvenuta sostituzione del criterio di riparto della giurisdizione fissato in Costituzione, e costituito dalla dicotomia diritti soggettivi-interessi legittimi, con il diverso criterio dei “blocchi di materie”. Secondo il Tribunale di Roma sarebbe stato in tal modo alterato non soltanto il rapporto tra giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo – rapporto che dovrebbe essere di regola ad eccezione quanto alla cognizione su diritti soggettivi – ma anche il rapporto, all’interno della giurisdizione del giudice amministrativo, tra giurisdizione (generale) di legittimità e giurisdizione (speciale, se non eccezionale) esclusiva.
La Corte ritiene che le censure colgano nel segno «nella parte in cui denunciano l’adozione, da parte del legislatore ordinario del 1998-2000, di un’idea di giurisdizione esclusiva ancorata alla pura e semplice presenza, in un certo settore dell’ordinamento, di un rilevante pubblico interesse; un’idea […] che presuppone l’approvazione (mai avvenuta) di quel progetto di riforma (Atto Camera 7465 XIII Legislatura) dell’art. 103 Cost. secondo il quale “la giurisdizione amministrativa ha ad oggetto le controversie con la pubblica amministrazione nelle materie indicate dalla legge”. È evidente, viceversa, che il vigente art. 103, primo comma, Cost. non ha conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare “particolari materie” nelle quali “la tutela nei confronti della pubblica amministrazione” investe “anche” diritti soggettivi […]. Tale necessario collegamento delle “materie” assoggettabili alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con la natura delle situazioni soggettive […] è espresso dall’art. 103 laddove statuisce che quelle materie devono essere “particolari” rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità […]».
Ne consegue che il legislatore ordinario ben possa ampliare l’area della giurisdizione esclusiva «purché lo faccia con riguardo a materie (in tal senso, particolari) che, in assenza di tale previsione, contemplerebbero pur sempre, in quanto vi opera la pubblica amministrazione-autorità, la giurisdizione generale di legittimità: con il che, da un lato, è escluso che la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia sufficiente perché si radichi la giurisdizione del giudice amministrativo (…) e, dall’altro lato, è escluso che sia sufficiente il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta al giudice amministrativo».