La Commissione europea redige una relazione sulle finanze pubbliche italiane ai sensi dell’art. 104, paragrafo 3 del Trattato UE, avviando la procedura per i disavanzi eccessivi


Il Rapporto della Commissione

In data 7 giugno 2005 la Commissione europea ha redatto una relazione, in applicazione dell’articolo 104, paragrafo 3 del Trattato UE, nella quale ha evidenziato come il disavanzo di bilancio dell’Italia avrebbe superato, seppur lievemente, la soglia del 3% del prodotto interno lordo (PIL) nel 2003 e nel 2004; notando, peraltro, che, secondo ragionevoli previsioni, quello stesso valore di riferimento si sarebbe mantenuto al di sopra di tale livello anche nel 2005 e negli anni a seguire nell’ipotesi di politiche invariate. In questo senso, fa notare la Commissione il superamento della soglia non può essere considerato in alcun modo «temporaneo» e dunque impeditivo dell’inizio della procedura di infrazione prevista nei casi di deficit eccessivo.
Inoltre, nella suddetta relazione ci si sofferma sulla circostanza che tale situazione italiana non riveste neanche i caratteri dell’«eccezionalità», in quanto non dovuta ad un evento inconsueto non soggetto al controllo del governo, né parrebbe, tale stato macroeconomico, riconducibile ad una fase di grave recessione.
In particolare, la Commissione fa osservare come la relazione in oggetto rappresenti la naturale conseguenza di recenti revisioni dei dati che indicano univocamente un costante deterioramento delle finanze pubbliche italiane. Infatti, il 23 maggio 2005 l’Eurostat aveva annunciato che il disavanzo delle amministrazioni pubbliche italiane era pari al 3,1% del PIL, sia nel 2003 che nel 2004. Sempre nei due predetti anni il rapporto debito/PIL sarebbe rimasto al 106-107%. A ulteriore conforto di queste rilevazioni, il giorno seguente, il 24 maggio, l’Istituto italiano di statistica procedeva ad altre previsioni al rialzo. Attualmente il disavanzo viene stimato al 3,2% per il 2001, il 2003 e il 2004, mentre il dato del 2002 è stato elevato al 2,7%.
L’art. 104, paragrafo 3 del Trattato UE stabilisce che «se uno Stato membro non rispetta i requisiti previsti da uno o da entrambi i criteri [disavanzo o debito], la Commissione prepara una relazione». Il Trattato prevede altresì che la Commissione «tiene conto anche dell’eventuale differenza tra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per gli investimenti e tiene conto di tutti gli altri fattori significativi, compresa la posizione economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro».
Ebbene, nella relazione appena redatta, la Commissione non considera il superamento del valore di riferimento per il disavanzo “eccezionale”, ai sensi del Patto, né valuta lo sforamento del parametro come effetto di un evento inconsueto non soggetto al controllo del governo, né lo valuta come determinato da una grave recessione economica.
Il disavanzo italiano, secondo la Commissione, non è temporaneo perché è stato al di sopra del valore di riferimento per due anni e, secondo le previsioni di primavera della Commissione, si manterrà nettamente superiore al 3% nel 2005 e nel 2006, anche qualora la crescita economica ritorni al suo tasso potenziale.
Il rapporto debito/prodotto interno lordo permane molto elevato e, di recente, è sceso in misura modesta. Questa situazione sarebbe dovuta soprattutto alla contrazione dell’avanzo primario, che sarebbe passato da oltre il 5% del PIL alla fine degli anni ’90 a meno del 2% nel 2004; ma sarebbe da imputare, altresì, anche ad operazioni di bilancio che, pur non influendo sul disavanzo, avrebbe impedito una rapida riduzione del debito.
Infine, sulla posizione economica di bilancio a medio termine dell’Italia e sulla sussistenza degli altri «fattori significativi», in qualche modo giustificativi dell’andamento “eccedente” i valori di riferimento del Patto, la Commissione ha osservato cumulativamente che: a) il basso tasso di crescita potenziale e l’elevato rapporto debito/PIL indicano che il livello attuale del saldo primario è troppo basso per garantire la riduzione del debito; b) l’incremento del disavanzo non è dovuto alla spesa per investimenti pubblici, R&S e istruzione, che è rimasta, invece, grosso modo stabile negli ultimi anni; c) l’elevato disavanzo strutturale riflette le politiche procicliche praticate nell’ultima fase di ripresa economica; d) gli interventi di contenimento del disavanzo sono consistiti per lo più in provvedimenti di carattere temporaneo; e) la situazione attuale mette a rischio la sostenibilità delle finanze pubbliche nel lungo periodo.
Naturalmente a questo punto della procedura, la Commissione, prima di pronunciarsi sull’effettiva esistenza di un disavanzo eccessivo per l’Italia, acquisirà il parere del Comitato economico e finanziario composto da alti funzionari dei ministeri del tesoro e delle banche centrali. Il Comitato disporrà, a sua volta, di due settimane per comunicare il proprio parere. A questo punto, se la Commissione sarà dell’avviso che il disavanzo eccessivo esiste raccomanderà al Consiglio di adottare, per parte sua, una decisione in questo senso e di chiedere allo Stato membro in questione di porre fine a tale situazione entro un determinato periodo di tempo.