Cinquant’anni dopo l’autunno caldo (con un Post Scriptum su pandemia e stato di normalità)

Professore ordinario di Diritto costituzionale. Università di Urbino Carlo Bo

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Abstract

It

Cancellando l’autunno caldo dalla nostra storia si rimuove uno schema di intellegibilità della realtà che ha al centro un’idea dell’uomo (dell’operaio, del lavoratore) come cittadino, come homo civilis. Una antropologia che già negli anni sessanta dello scorso secolo era il bersaglio di una altra rappresentazione, quella neoliberale del capitale umano. Uno schema di intellegibilità della realtà che ha al centro l’homo oeconomicus, un uomo le cui condotte sono determinati esclusivamente dal codice costi/benefici. Con la pandemia da coronavirus l’antropologia neoliberale è finita in quarantena, in attesa di un vaccino che ci immunizzi dal nemico invisibile. La promessa sarà verosimilmente adempiuta. Ma, nel frattempo, si è insinuato il dubbio sulle magnifiche e progressive sorti del capitalismo neoliberale. È sentimento diffuso che siano state le infrastrutture della globalizzazione ad aver contribuito alla diffusione pandemica del virus, ad esporre (anche) l’opulento mondo occidentale ad una catastrofica pandemia. Il tema della salvezza della società torna all’ordine del giorno. In tanti tornano ad applaudire le virtù dell’homo civilis. Solidali con medici e infermieri a lavoro per tutelare la nostra vita, vicini agli operai in sciopero per difendere la sicurezza delle proprie condizioni di lavoro. L’autunno caldo è sul punto di prendersi un’inattesa rivincita? Oppure, alla fine dell’emergenza prevarrà un modello social-darwinista di regolazione della vita lavorativa e sociale?

En

By erasing the hot autumn from our history, an intelligibility scheme of reality is removed, a scheme which has at its core an idea of man (of the worker) as a citizen, as a homo civilis. An anthropology that already in the sixties of the last century was the target of another representation, the neoliberal one of the human capital. An intelligibility scheme of reality which has at its core the homo oeconomicus, a man whose conducts are determined exclusively by the cost/benefit code. With the coronavirus pandemic the neoliberal anthropology ended up in quarantine, in the wait for a vaccine that immunize us from the invisible enemy. The promise will likely be fulfilled. But in the meantime, the doubt has crept into the magnificent and progressive fate of neoliberal capitalism. It is a widespread feeling that the infrastructures of globalization have contributed to the pandemic spread of the virus, to expose (also) the opulent West world to a catastrophic pandemic. The theme of the salvation of the society returns to the main agenda. Many persons return to applaud the virtues of the homo civilis. In solidarity with the doctors and nurses at work for our lives and with the workers on strike to defend the safety of their working conditions. Is the hot autumn about to take an unexpected revenge? Or, at the end of the emergency, will prevail a social-Darwinist model of regulation of working and social life?

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