La sentenza emanata, il 22 Settembre 2005, dal Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli-Venezia Giulia appare assai rilevante perché ribadisce e fa valere alcuni principi fondamentali della Costituzione.
I ricorrenti, ossia un cittadino italiano – datore di lavoro – ed una cittadina romena – lavoratrice – avevano richiesto l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, di un provvedimento, emanato dal Questore della provincia di Gorizia, che disponeva il diniego di concessione del nulla-osta al rilascio del visto d’ingresso per motivi di lavoro subordinato. La richiesta di concessione del suddetto nulla-osta era stata rivolta, all’autorità amministrativa, dal datore di lavoro a favore della lavoratrice. I ricorrenti, a fronte del diniego, hanno chiesto, inoltre, l’annullamento dell’art. 31, secondo comma, del Decreto del Presidente della Repubblica 31 Agosto 1999, n. 394.
L’atto di diniego del nulla-osta al visto d’ingresso per motivi di lavoro è stato, infatti, considerato illegittimo perché adottato in applicazione del sopramenzionato art. 31, secondo comma, del D.P.R. 394/1999 che recita: «Il Questore esprime parere contrario al rilascio del nulla-osta qualora il datore di lavoro a domicilio o titolare di un’impresa individuale ovvero, negli altri casi, il legale rappresentante ed i componenti dell’organo di amministrazione della società risultino denunciati per uno dei reati previsti dal testo unico, ovvero per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del Codice di procedura penale, salvo che i relativi procedimenti si siano conclusi con un provvedimento che esclude il reato o la responsabilità dell’interessato, ovvero risulti sia stata applicata nei loro confronti una misura di prevenzione, salvo, in ogni caso, gli effetti della riabilitazione».
Ad avviso dei ricorrenti tale norma avrebbe dovuto, del resto, ritenersi incostituzionale per gli stessi motivi per i quali, con sentenza della Corte Costituzionale n. 78 del 18 Febbraio 2005, sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi l’art. 1, ottavo comma, lettera c) del Decreto-legge 9 Settembre 2002, n. 195, convertito nella Legge 9 Ottobre 2002, n. 222 e l’art. 33, settimo comma, lettera c), della medesima legge.
Si è, infatti, evidenziato, nell’ambito del ricorso, che, in ambedue i casi, ossia in quello presente ed in quello già affrontato dalla Corte costituzionale, la norma che disciplina la fattispecie fa derivare, in modo automatico, l’impossibilità, per i lavoratori immigrati, di ottenere le autorizzazioni necessarie all’ingresso nel territorio dello Stato, dalla esistenza di una semplice denuncia per i reati previsti dagli artt. 380 e 381 C.p.p., senza alcuna valutazione della sua fondatezza o della pericolosità sociale del soggetto.
Si è rilevato, inoltre, che, nel caso oggetto del ricorso, si fanno derivare sul cittadino straniero innocente le conseguenze di una denuncia che riguarda il suo datore di lavoro.
Sulla base di queste premesse si è chiesta, pertanto, la disapplicazione della disposizione regolamentare oggetto di gravame, in quanto contraria a Costituzione e, di conseguenza, l’annullamento del provvedimento consequenziale di diniego di nulla-osta.
Il Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia, accogliendo in parte, le deduzioni della P.A. costituitasi in giudizio, ha ritenuto che la norma regolamentare non sia disapplicabile, vertendosi non in materia di diritti soggettivi ma di interessi legittimi, ma ha sostenuto che la decisione del giudice amministrativo debba essere assunta nell’ambito della sua giurisdizione generale di legittimità, ove è consentito, unicamente, il rimedio dell’annullamento dell’atto lesivo e di quelli ad esso necessariamente presupposti, purché tempestivamente impugnati.
Nella sentenza si è, quindi, affermato che la disposizione, contenuta nell’art. 31, secondo comma, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 394/1999, può e deve essere annullata perché si pone in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione.
La disposizione sopracitata vincola, infatti, il Questore ad esprimere parere contrario al rilascio del nulla-osta necessario per l’ingresso ed il soggiorno del lavoratore extracomunitario, nel caso in cui il datore di lavoro sia stato denunciato per uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 C.p.p. (o del testo unico sull’immigrazione) e non risulti concluso favorevolmente il relativo procedimento penale o sia stata applicata una misura di prevenzione.
Il Tribunale Amministrativo Regionale, convenendo con le argomentazioni dei ricorrenti, ha evidenziato come, in questo modo, si collega ad una semplice denuncia l’impossibilità, per il datore di lavoro denunciato, di assumere un lavoratore extracomunitario che pure possiede i requisiti necessari e si impedisce, al lavoratore medesimo (che neppure è oggetto di denuncia), di entrare nel territorio dello Stato per svolgere un’attività lavorativa.
L’inammissibile automatismo, contenuto nell’art. 31, secondo comma, del D.P.R. n. 394/1999, determina conseguenze sfavorevoli, per il destinatario di una denuncia, senza che sia effettuata, né da parte del giudice, né da parte dell’autorità amministrativa, alcuna verifica circa la colpevolezza o la pericolosità del soggetto.
Si è osservato, peraltro, che il giudice delle leggi, esaminando diverse ed analoghe fattispecie (cfr. Corte costituzionale 18 Febbraio 2005, n. 78, cit.; 13 Giugno 1997, n. 203), ha già ritenuto che la previsione normativa di tale automatismo si pone in contrasto con il principio di ragionevolezza.
Il ricorso è stato, pertanto, accolto e, di conseguenza, si è disposto l’annullamento di ambedue gli atti impugnati (ossia la presupposta norma regolamentare: art. 31, secondo comma, del Decreto del Presidente della Repubblica 31 Agosto 1999, n. 394; ed il conseguente provvedimento di diniego del nulla-osta, adottato, il 13 Luglio 2005, dal Questore della Provincia di Gorizia).
Il Tribunale Amministrativo Regionale, rilevando che l’art. 14 del Decreto del Presidente della Repubblica 24 Novembre 1971, n. 1199 prescrive che, quando il decreto decisorio del ricorso straordinario pronunci l’annullamento di atti amministrativi generali a contenuto normativo, l’Amministrazione interessata debba darne pubblicità, nel termine di trenta giorni e nelle medesime forme di pubblicazione dell’atto annullato, ha ritenuto che la medesima disposizione (art. 14 D.P.R. 1199/1971) debba trovare applicazione, per identità di ratio, anche nei confronti della sentenza che, decidendo un ricorso giurisdizionale, annulli una norma regolamentare.
Il Tribunale Amministrativo Regionale ha, pertanto, ordinato, all’autorità amministrativa, di eseguire la sentenza e di provvedere alla pubblicazione della sentenza medesima nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.