Il Potere non può arrestare la Giustizia

EMERGENZA COSTITUZIONALE


Si potrebbe avviare una riflessione sulla monotonia della politica italiana se non fosse l’Italia stessa ad essere minacciata. Un imputato appare in televisione, come ogni giorno, più volte al giorno ed in tutte le televisioni, e minaccia la fine dello Stato di diritto e la morte della legalità. Nella perpetua lotta tra il crimine e la legalità può apparire una novità il caso di un imputato che, divenuto padrone della legalità, minacci di usarla per estinguere la Giustizia “riformando la giustizia”. Non è così. Ogni regime totalitario è stato a suo modo padrone della legalità. Il consenso popolare e le istituzioni legittime hanno più volte nella storia fatto scempio dell’ordinamento giuridico e dei diritti individuali. Ed in fondo anche la democrazia, nella lettura autocratico-populista in voga oggi in Italia, può essere feroce se agisce fuori dai vincoli del costituzionalismo. Non avevano forse consenso popolare anche Hitler e Stalin? E non agivano anch’essi nell’interesse del popolo? Il decalogo del ministro Alfano – il solito decalogo, non ci vuole molta fantasia per uccidere la civiltà giuridica, basta sfasciare – è di nuovo al centro dell’agenda politica con il suo patrimonio di minacce, di sanzioni, di vendetta contro i giudici e la Giustizia.
Come è noto, l’Italia non è l’unico regime democratico a consentire che il potere non possa arrestare la Giustizia, anche se i narratori del berlusconismo ci dicono ripetutamente il contrario. Ma è l’unico Paese al mondo in cui un imputato per reati comuni può legittimamente candidarsi alle elezioni, diventare Presidente del Consiglio e legiferare al fine di impedire lo svolgimento del proprio processo. Ed il gabinetto Berlusconi è l’unico di un Paese occidentale in cui il ministro della giustizia abdichi sostanzialmente al proprio ruolo per trasformarsi nel braccio legislativo del collegio difensivo del presidente imputato. Non ancora nelle aule di tribunale, ma nelle riunioni con i suoi avvocati, in televisione, in Parlamento e si deve presumere in Consiglio dei ministri al posto del ministro della giustizia in Italia è sempre presente anche l’avvocato-legislatore.
Che altro dovremmo aggiungere? se l’imputato può legalmente legiferare nel suo processo, siamo già oltre i confini della Giustizia, della effettiva legalità, della civiltà giuridica. Siamo al ritorno alle origini della storia giuridica. Al sovrano di nuovo padrone del diritto e della giustizia e non più invece soggetto ai loro limiti. Si invoca il diritto al proprio “giudice naturale”. Ma se ne deve avere conoscenza vaga, per sentito dire, se lo si identifica con se stessi, pretendendo un pubblico ministero dipendente dalla maggioranza politica e proclamandosi immuni da giudizio. A questo serviva la legge elettorale attuale, a costruire un Parlamento anonimo e servile, in vendita per unità o a pacchetti, a comporre una legalità fittizia, ad impadronirsi del diritto. Cosa resta di un sistema politico quando muore la legalità? Purtroppo l’esperienza di studio ci dà risposte terribili. La rappresentanza politica in Italia oggi non esiste più, prendiamo finalmente atto. Svegliamoci. Se non ora, quando?