1. La sentenza Rüffert, che qui si propone all’attenzione dei lettori, è solo l’ultimo atto di una giurisprudenza comunitaria volta a ridefinire, pronuncia dopo pronuncia, l’insieme dei diritti dei lavoratori, tutelati come pretese giuridiche fondamentali dalle costituzioni nazionali europee del secondo dopoguerra. Il diritto di sciopero, di azioni collettive, di contrattazione collettiva, il diritto ad una giusta retribuzione, ad un’esistenza dignitosa, alle ferie retribuite stanno tornando ad essere, nella visione della Corte di giustizia, meri autolimiti del potere comunitario (emblematiche, in proposito, le due sentenze Laval, in causa C-341/05, e Viking, in causa C-438/05, depositate dalla Corte di giustizia a fine 2007, ove i diritti allo sciopero di solidarietà e ad azioni collettive riconosciuti ai lavoratori soccombono al divieto di discriminare gli imprenditori nella loro libertà di prestare servizi). Su di essi prevale il diritto incondizionato delle imprese di sfruttare, nell’esercizio della libertà di prestare servizi o di scelta dello Stato d’elezione ove stabilire il centro dei propri affari, i differenziali di costo del lavoro attualmente presenti nel ‘mercato interno’, in particolare dopo l’allargamento a Est dell’Unione europea. Ciò al fine di rendere effettiva una competizione concorrenziale sostenuta, nella maggior parte dei casi, da forme, più o meno occulte, di dumping sociale, all’interno di una spinta incontrollata alla ri-mercificazione della forza-lavoro. In proposito, la dottrina giuslavoristica più attenta, che da tempo segue, passo dopo passo, l’evoluzione della giurisprudenza comunitaria in materia, ha scorto, dietro l’espressione “libera circolazione delle persone” – che, come noto, nel vigente TCE, all’art. 3.1 lett. c) e all’art. 14, si accompagna alla “libera circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali” – una pericolosa finzione: «il termine “persona” non deve trarre in inganno: con esso si identificano tutti i soggetti “economicamente attivi” che si muovono per svolgere attività produttrici di reddito, sia esso da lavoro dipendente che da lavoro autonomo o libero professionale. In una parola, persona qui vale come “fattore produttivo” che il mercato vuole libero di essere scambiato senza restrizioni».