La Banca centrale europea (BCE) ha pubblicato il 9 settembre 2005 il Bollettino mensile con cui effettua la ricostruzione, trimestrale, della situazione delle finanze pubbliche, sia con riferimento ai singoli Stati membri, sia con riguardo agli andamenti economici e monetari dell’intera eurozona.
Il rapporto mensile dell’istituto monetario risulta di speciale interesse, in quanto si colloca all’interno di una congiuntura economica internazionale particolarmente delicata, caratterizzata, da un lato, dall’esponenziale crescita delle quotazioni del petrolio sui mercati mondiali e, dall’altro lato, da una situazione in cui le finanze di molti Stati membri risultano eccedenti rispetto ai parametri fissati dal Patto di stabilità e crescita e in cui governi nazionali si apprestano a presentare, ai rispettivi Parlamenti, i progetti di bilancio per l’anno 2006.
Nell’Editoriale che fa da premessa al Bollettino, la BCE evidenzia come i recenti andamenti del prezzo del petrolio hanno spinto verso l’alto le proiezioni sull’inflazione, il cui aumento potrebbe derivare, «in misura più sostanziale, da potenziali effetti di secondo impatto innescati dai protratti rincari del greggio nel processo di formazione di salari e prezzi» («More fundamentally, the main risks to the inflation outlook stem from potential second-round effects in wage and price-setting behaviour triggered by ongoing oil price rises», p. 6). Ciò induce la BCE a un forte richiamo circa la necessità di «mantenere le aspettative di inflazione a medio termine saldamente ancorate a livelli coerenti con la stabilità dei prezzi» («Cross-checking the economic analysis with the monetary analysis confirms the need for particular vigilance in order to keep medium-term inflation expectations firmly anchored at levels consistent with price stability», p. 6). La strategia della BCE, per fronteggiare la delicata situazione economica in corso, dunque, non muta (conformemente al perseguimento del suo fine istituzionale principale, il mantenimento della stabilità dei prezzi) e resta invariabilmente attestata sulle seguenti priorità: a) attenta vigilanza sulla «dinamica salariale», mediante il richiamo al «senso di responsabilità delle parti sociali» («in this respect, it is key thet the social partners continue to meet their responsibilities», p. 6); b) politiche di bilancio tese al risanamento verso il pareggio o addirittura verso il surplus, mediante un «programma di riforma incisivo e adeguatamente concepito», che preveda quale strumento principale di attuazione una «rigorosa applicazione del Patto di stabilità e crescita» («Fiscal policies will make their best contribution to stability, growth and confidence if prevailing imbalances are tackled as part of determined and well-designed reform programmes. A rigorous implementation of the revised Stability and Growth Pact would reinforce the credibilità of reform plans and boost expectations of a sound fiscal and growth situation», p. 6); c) incentivazione delle «iniziative mirate a rendere più aperti i mercati dell’UE e a semplificare il quadro normativo entro cui operano le imprese» («It includes, for example, measures to further open EU markets and to simplify the regulatory framework within which business operates», p. 6).
Queste indicazioni, da sempre asse di orientamento della politica neoliberista della BCE, vengono poi ulteriormente chiarite e specificate nel capitolo 5 del Bollettino, intitolato alla “Finanza pubblica”.
In apertura del capitolo 5, la BCE scrive: «Se il deludente andamento delle finanze pubbliche in numerosi paesi è parzialmente imputabile alle condizioni economiche meno favorevoli del previsto, esso riflette anche l’insufficienza degli sforzi di risanamento compiuti. Preoccupano in particolar modo gli squilibri di bilancio dei cinque paesi attualmente sottoposti alla procedura per i disavanzi eccessivi. (…) In questo contesto, è importante ribadire la necessità di applicare in modo rigoroso e coerente il Patto di stabilità e crescita nella sua versione modificata, al fine di perseguire una disciplina di bilancio e finanze pubbliche sostenibili» («The fiscal stance is assessed to be tightening slightly. Disappointing fiscal developments in many countries are only partly explained by less favourable economic conditions than expected. They also indicate insufficient efforts to achieve consolidation objectives. Fiscal imbalances are of particular concern in the five countries currently subject to excessive deficit procedures. (…) In this context, it is important to reiterate the need for a rigorous and consistent application of the reformed Stability and Growth Pact that is conducive to fiscal discipline and the sustainability of public finances», p. 64).
La BCE individua cinque Paesi che versano in particolare difficoltà: Germania, Grecia, Francia, Italia e Portogallo. Il documento esprime, in generale, un senso di preoccupazione per l’andamento dei conti pubblici nell’area euro, ma chiede ai cinque Paesi sopramenzionati uno specifico sforzo finalizzato all’adozione di “misure strutturali” necessarie per realizzare l’obiettivo della riduzione del deficit.
I cinque Stati membri dovrebbero registrare, nel 2005, un disavanzo «molto vicino o superiore allo 3,0% del PIL». Essi sono, del resto, già sottoposti al procedimento per deficit eccessivo. L’istituto monetario, sotto questo profilo, ricorda che la Germania e la Francia dovrebbero ridurre il proprio deficit sotto al 3,0% del PIL nel 2005, mentre la Grecia ha tempo fino al 2006. L’Italia e il Portogallo hanno, invece, ottenuto una proroga, rispettivamente, di due anni (fino al 2007) e di tre anni (fino al 2008).
Può essere interessante notare come la BCE, nella valutazione dei piani di bilancio per il 2006 degli Stati membri interessati, consideri il limitato miglioramento dei conti pubblici che da essi si ricava il risultato di una «mancanza di ambizione che continua a caratterizzare le strategie di risanamento adottate dai diversi paesi». Una «mancanza di ambizione» che, probabilmente, la BCE imputa a un residuo di scrupolo sociale, in grado di inquinare la “purezza” di politiche di bilancio monoliticamente indirizzate al mantenimento della stabilità dei prezzi. Tale impressione trova riscontro nel fatto che la stessa BCE, pur dolendosi di quella «mancanza di ambizione», che avrebbe finora contrassegnato le timide politiche di risanamento degli esecutivi nazionali, finisca comunque per apprezzare l’intenzione generale e diffusa espressa «da numerosi Stati membri di voler operare interventi strutturali» di risanamento quasi esclusivamente «dal lato della spesa», anziché «imporre aumenti delle imposte» («Although this outlook reflects the fact consolidation stategies continue to be insufficiently ambitious in several countries, their direction is generally appropriate. It is welcome that a numebr of countries have indicated their intentino to pursue structural adjustment on the expenditure side rather than pursuing tax hikes», p. 66).
D’altra parte, i beneficiari di queste politiche sono rappresentati dal binomio di riferimento dominante per valutare la sostenibilità delle finanze pubbliche, ovverosia gli «investitori» (i “signori del mercato”) e i «consumatori» (i “sovrani senza scettro” delle relazioni contrattuali di mercato) («A timely and full implementation of consolidation commitments and of the confidence of investors and consumers in the economy», p. 66). E’ per questo che la Banca centrale europea sostiene che le scadenze elettorali non devono condizionare l’azione di risanamento dei conti pubblici. Si afferma, cioè, che «le considerazioni di ordine politico non dovrebbero distogliere le autorità governative dall’applicazione di un’appropriata azione di bilancio». La politica, la discussione politica sui temi di bilancio, deve restare fuori dalla porta principale, limitandosi a ratificare l’operato degli esecutivi e delle istituzioni burocratiche sovranazionali, in kombinat con gli interessi strategici del sistema delle imprese transnazionali appartenenti al polo europeo.