In data 12 dicembre 2007 i Presidenti della Commissione europea, del Parlamento e del Consiglio hanno firmato e proclamato solennemente la Carta dei diritti fondamentali dell’UE approvata a Nizza il 7 dicembre del 2000.
Come è noto, la Carta dei diritti non aveva un valore giuridico vincolante. Con la firma, tuttavia, le istituzioni europee hanno confermato la propria volontà di rendere quel catalogo di diritti giuridicamente vincolante per gli organi dell’Unione nonché per gli Stati membri in sede di attuazione del diritto comunitario primario e derivato.
Non è questa la sede per esprimere una valutazione normativa sulle implicazioni costituzionali che la Carta dei diritti reca con sé all’interno del più complesso tessuto giuridico dell’Eurosistema. Essa, infatti, dovrebbe essere letta non come una dichiarazione a sé stante ma, più in generale, alla luce del Trattato riformato che è stato firmato il 13 dicembre a Lisbona.
Va detto, in proposito, che ai sensi dell’articolo 1, punto 8, del nuovo Trattato di Lisbona, l’articolo 6, par.1, del vecchio TUE, sarà sostituito dal testo seguente: «L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali del 7 dicembre 2000, adottata il [12 dicembre 2007], che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei Trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni».
Va ricordato, inoltre, che, ai sensi dell’art. 51 della Carta dei diritti,:«le disposizioni della Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione».