In un decreto legge (n. 354 del 24 dicembre 2003) approvato dal Governo alla vigilia di Natale e relativo alle più diverse questioni in materia di giustizia, è stata introdotta una modifica dell’attuale sistema di conservazione dei dati personali che suscita molte preoccupazioni. Si stabilisce infatti un obbligo di conservazione generalizzato di tutti i dati relativi ai traffici, quale che sia il mezzo utilizzato (sia telematico sia informatico) per un massimo di sessanta mesi. Obbligo di conservazione che grava sui numerosi soggetti privati “fornitori” dei servizi, con conseguente inevitabile attenuazione delle garanzie di riservatezza attualmente vigenti. Una misura di controllo generalizzato su tutta la popolazione e relativo ad ogni genere di comunicazione (compreso internet e la posta elettronica) che appare lesiva dei più elementari diritti della persona, e che non può trovare giustificazione alcuna in finalità di accertamento e repressione dei reati. La lotta alla criminalità infatti non può giustificare, negli Stati democratici e non di polizia, lo stravolgimento dei diritti alla dignità delle persone e alla loro riservatezza. Lo dimostra in fondo la stessa esperienza statunitense, la nazione che più di ogni altra ha inasprito dopo l’11 settembre le misure di prevenzione e repressione in ragione della lotta contro la criminalità e il terrorismo, ma che pure non è giunta ad adottare un generalizzato sistema di controllo sull’intera popolazione e su ogni tipo di comunicazione. Fino ad ora in Italia la raccolta dei dati personali e il trattamento ad essi riservato si è sempre preoccupato di contemperare due diverse esigenze: da un lato la necessità di favorire la raccolta dei dati rilevanti per le indagini relative ai reati, dall’altro evitando che ciò possa avvenire violando i diritti fondamentali delle persone. Diritti fondamentali che essendo costituzionalmente garantiti non sono nella disponibilità del legislatore, né tanto meno del Governo. Il decreto legge natalizio rompe quest’equilibrio, abrogando tra l’altro una ben più meditata disposizione contenuta nel “Codice in materia di protezione dei dati personali”. Un’abrogazione tanto più inspiegabile visto che il Codice era stato appena approvato con decreto legislativo, e non era neppure ancora entrato in vigore.
Il provvedimento del Governo è attualmente in discussione alla Camera per la conversione in legge. Auspichiamo che il Parlamento adotti le opportune modifiche, ovvero cancelli semplicemente l’articolo del decreto legge contenente le disposizioni sulla conservazione dei dati personali, ripristinando le norme fino ad ora vigenti. Evitando in ogni caso le improvvise, generali e pericolose estensioni dei controlli dei dati su internet e su ogni mezzo informatico.
Gaetano Azzariti (Professore ordinario diritto costituzionale, Università di Roma “La Sapienza”)
Lorenza Carlassarre (Professore ordinario diritto costituzionale, Università di Padova)
Pietro Ciarlo (Professore ordinario diritto costituzionale, Università di Cagliari)
Alfonso Di Giovine (Professore ordinario diritto costituzionale comparato, Università di Torino)
Mario Dogliani (Professore ordinario diritto costituzionale, Università di Torino)
Gianni Ferrara (Professore ordinario diritto costituzionale, Università di Roma “La Sapienza”)
Sergio Panunzio (Professore ordinario diritto costituzionale, Luiss di Roma)
Giuseppe Ugo Rescigno (Professore ordinario diritto pubblico, Università di Roma “La Sapienza”)
Federico Sorrentino (Professore ordinario diritto costituzionale, Università di Roma “La Sapienza”)