Lo scioglimento anticipato delle Camere si configura come un atto complesso, perciò, senza controfirma del Presidente del Consiglio dei ministri, al massimo si può ipotizzare un conflitto di attribuzione, come ha fatto anche di recente Lorenza Carlassare. Ciò non toglie che siamo in una situazione di straordinaria emergenza. Una maggioranza di nominati, che mai sarebbero nuovamente in Parlamento senza Berlusconi, difende ad oltranza un Presidente del Consiglio ormai indifendibile da tutti i punti di vista. In verità, sostenendo Berlusconi, i parlamentari di maggioranza tutelano innanzitutto sé stessi, le proprie cariche, le proprie prebende. Il meccanismo della responsabilità politica, tra premi di maggioranza, investiture dall’alto dei parlamentari e controllo delle televisioni si è completamente bloccato. Le sanzioni espressione della responsabilità politica in questa fase non funzionano. Qui sta la vera emergenza costituzionale.
Nel corso di trenta anni, a partire dai cosiddetti “decreti Berlusconi” che sanarono l’appropriazione abusiva dell’etere, fino alla vigente legge elettorale, pezzettino dopo pezzettino, con la colpevole acquiescenza di troppi, è stato costruito un sistema istituzionale del tutto atipico che una Costituzione normale come la nostra non è più in grado di regolare. Ad esempio, la Costituzione non prevede l’impedimento per il Presidente del Consiglio nel presupposto che la sua sostituzione avvenga attraverso gli ordinari canali della responsabilità politica. Le norme costituzionali possono essere tirate per coprire le nuove fattispecie, ma al di là di un certo grado di tensione la norma stessa si rompe, facendo venir meno anche quel poco di garanzia che comunque, finanche in questa fase, assicura.
Traducendo nello specifico dello scioglimento anticipato, è pur vero che firma e controfirma hanno un “valore istituzionale” diverso a seconda dei differenti atti cui si riferiscono o delle differenti circostanze in cui medesimi atti vengono adottati. Per chiarire meglio ciò che voglio dire utilizzo l’espressione “valore istituzionale” al fine di evidenziare quel fenomeno secondo cui anche atti a forma tipica, nonostante la tipicità della forma, possono avere una diversa capacità di produrre effetti a seconda del contesto politico nel quale essi vengono adottati. In definitiva stiamo parlando di una area di tipica interferenza tra politica e diritto, come ce ne sono molte in ambito costituzionalistico. Dall’equilibrio tra questi diversi parametri deriva il “valore istituzionale” della firma e della controfirma. Come è noto, ove un governo si dimetta e non risulti possibile formare una nuova maggioranza, la decisione sostanziale dello scioglimento anticipato è tutta riferibile al versante governo-maggioranza tanto da potersi parlare di autoscioglimento. In una situazione di emergenza costituzionale come quella attuale le cose stanno in modo specularmene opposto. Ma questa constatazione non può indurre il Presidente della Repubblica a comportarsi come se l’istituto della controfirma non esistesse. Del resto soluzioni diverse delineano percorsi nei fatti impraticabili che, inoltre, potrebbero generare mostri incoercibili ove la Presidenza della Repubblica dovesse cadere in mani sbagliate.
La progressiva delegittimazione politica del Presidente del Consiglio sta facendo assumere un sempre maggiore valore istituzionale ad un Presidente della Repubblica che, viceversa, non ne sbaglia una. Ma qui si deve fare attenzione. Non bisogna spingere Napolitano all’emanazione di atti che non può fare e non è opportuno che faccia. Ove mai egli adottasse un decreto di scioglimento anticipato chi e come ne curerebbe l’effettiva esecuzione? Certo non i “resistenti”, non quel Parlamento, quel Governo e quel Ministro degli interni che invocando l’assenza della controfirma avrebbero gioco facile a sostenere l’illegittimità del decreto presidenziale. Argomenti formali e forza di inerzia sarebbero tutti a favore di chi non volesse abbandonare gli incarichi. Nel nostro sistema politico e costituzionale non c’è nessuno che ha il potere o la forza di dissolvere una maggioranza e un governo contro il loro volere. Bisogna costruire le condizioni politiche perché si arrivi alle dimissioni, come si dice con un eufemismo, “spontanee”, del Presidente del Consiglio. Anche in Egitto è andata più o meno così.
Essere sconfitti da un regime agonizzante produce danni gravissimi. Ero nettamente contrario alla presentazione di una mozione di sfiducia dall’esito incerto, lo ho detto con tutta la forza che avevo a chi prima del 14 dicembre ha avuto la cortesia di chiedere la mia opinione, ma non ho convinto nessuno. Come nessuno convinsi nella scorsa legislatura quando si volle presentare una questione di fiducia ad altissimo rischio e a benefici zero. Sorprende come ad un personale politico di grande esperienza parlamentare sia sfuggito che la presentazione di una mozione di sfiducia, come di norma, avrebbe spinto al compattamento la maggioranza. Questo grave errore di politica istituzionale ci ha riportato indietro e di molto. In verità, il centrosinistra, al governo o all’ opposizione, è perennemente impegnato a guardarsi l’ombelico.
L’ opinione pubblica di centrosinistra né, tanto meno, noi costituzionalisti possiamo spingere il Presidente della Repubblica ad adottare atti suicidi che poi diventano dei veri e propri boomerang. Non si può costringere il diritto a fare le veci della politica. I processi a Berlusconi sono procedure giudiziarie che hanno importanti ricadute politiche. Abbiamo una fortuna. Tutte le istituzioni del Paese, dal Presidente della Repubblica alla Magistratura, dalla polizia giudiziaria alla Corte Costituzionale, stanno facendo correttamente il loro mestiere e per questa ragione si stanno creando delle oggettive sinergie che in modo sempre più efficace mostrano l’improponibilità politica di questo governo. Le istituzioni stanno facendo la loro parte. E’ l’opposizione politica che non è adeguata. Conosciamo lo stato dell’informazione nel nostro Paese, sappiamo che l’ultima notizia scaccia quella del giorno prima, ma l’incapacità di costruire narrazioni da parte dell’opposizione è veramente sorprendente. I nomi di Previti, dell’Utri, Scaiola, Lunardi, Carboni, Verdini, Bertolaso, Anemone, o di sodali proposti come ministri solo per evitare una condanna, sembrano provenire da un lontano passato. Finanche la descrizione di un vecchio malato fatta da una moglie avvilita, sembra consegnata all’oblio, nonostante le turbe del comportamento appaiano sempre più evidenti. Per quel che ci riguarda più da vicino, anche noi giuristi, non riusciamo a narrare la destrutturazione dell’ordinamento provocata da una legislazione incoerente, volta a nutrire di annunci l’opinione pubblica piuttosto che a creare effetti reali. In questa fase l’argomento giuridico può essere un importante valore aggiunto della politica, ma non può sostituirsi ad essa e se volesse farlo non ci riuscirebbe, anzi provocherebbe ricadute inevitabilmente dannose. La vita delle costituzioni si nutre di politica. Credo che in questa fase il compito precipuo dei costituzionalisti sia quello di fornire argomenti per mostrare con la maggiore efficacia possibile che siamo dinanzi ad una presidenza del Consiglio dei ministri aliena ed alienata che opera in modo sostanzialmente difforme dalla Costituzione a partire dalla permanente violazione del principio del buon andamento e dell’ imparzialità della pubblica amministrazione. Bisogna evidenziare meglio, nel merito, i disastri che questo governo sta compiendo e come sia lo spirito stesso della Costituzione ad esigere le dimissioni del presidente del Consiglio e del suo governo, che portino poi ad un altro esecutivo o allo scioglimento non rileva.
Napolitano sta facendo benissimo a mostrare la sostanza delle questioni, ma cerchiamo di non forzarlo a decisioni improprie e perciò, alla fine, autolesioniste.