Corte di Giustizia, sistema radiotelevisivo italiano e assegnazione di frequenze di trasmissione

In seguito alla domanda di pronuncia pregiudiziale del Consiglio di Stato, i giudici di Lussemburgo dichiarano che il diritto comunitario osta a una normativa nazionale – come quella italiana – ‘la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi nell’impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze di trasmissione assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati’.
Di seguito la sentenza.

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

31 gennaio 2008 (*)

«Libera prestazione di servizi – Comunicazioni elettroniche – Attività di radiodiffusione televisiva – Nuovo quadro normativo comune – Assegnazione di frequenze di trasmissione»

Nel procedimento C‑380/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Consiglio di Stato con decisione 19 aprile 2005, pervenuta in cancelleria il 18 ottobre 2005, nella causa tra

Centro Europa 7 Srl

e

Ministero delle Comunicazioni e Autorità per le garanzie nelle comunicazioni,

Direzione generale per le concessioni e le autorizzazioni del Ministero delle Comunicazioni,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts (relatore), presidente di sezione, dal sig. G. Arestis, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta e dai sigg. J. Malenovský e T. von Danwitz, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 30 novembre 2006,

considerate le osservazioni presentate:

– per la Centro Europa 7 Srl, dagli avv.ti A. Pace, R. Mastroianni e O. Grandinetti;

– per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. P. Gentili, avvocato dello Stato;

– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. F. Benyon, E. Traversa, M. Shotter e F. Amato, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. L. G. Radicati di Brozolo,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 settembre 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione, nel settore della radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri in ambito nazionale, delle disposizioni del Trattato CE in materia di libera prestazione di servizi e di concorrenza, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «quadro») (GU L 108, pag. 33; in prosieguo: la «direttiva “quadro”»), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «autorizzazioni») (GU L 108, pag. 21; in prosieguo: la «direttiva “autorizzazioni”»), e della direttiva della Commissione 16 settembre 2002, 2002/77/CE, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica (GU L 249, pag. 21; in prosieguo: la «direttiva “concorrenza”»), nonché dell’art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), come richiamato dall’art. 6 UE.

2 Tale domanda è stata presentanta nell’ambito di una controversia pendente tra, da un lato, la società Centro Europa 7 Srl (in prosieguo: la «Centro Europa 7») e, dall’altro, il Ministero delle Comunicazioni e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nonché la Direzione generale per le concessioni e le autorizzazioni del Ministero delle Comunicazioni (in prosieguo, insieme: i «convenuti nella causa principale»).

Contesto normativo

Normativa comunitaria

3 Il nuovo quadro normativo comune per i servizi di comunicazione elettronica, per le reti di comunicazione elettronica e per le risorse e i servizi correlati (in prosieguo: il «NQNC») si compone della direttiva «quadro» e di quattro direttive specifiche, tra cui la direttiva «autorizzazioni», completate dalla direttiva «concorrenza».

La direttiva «quadro»

4 Ai sensi del suo art. 1, n. 1, la direttiva «quadro»:

«istituisce un quadro normativo armonizzato per la disciplina dei servizi di comunicazione elettronica, delle reti di comunicazione elettronica e delle risorse e servizi correlati, definisce le funzioni delle autorità nazionali di regolamentazione ed istituisce le procedure atte a garantire l’applicazione armonizzata del quadro normativo nella Comunità».

5 Secondo il suo art. 1, n. 3,

«[la direttiva “quadro”] e le direttive particolari si applicano fatte salve le misure adottate a livello comunitario o nazionale, in conformità del diritto comunitario, per perseguire obiettivi di interesse generale relativi, in particolare, alle regolamentazioni dei contenuti ed alla politica audiovisiva».

6 L’art. 2 della direttiva «quadro» dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a) “reti di comunicazione elettronica”, i sistemi di trasmissione (…) che consentono di trasmettere segnali via cavo, via radio, a mezzo di fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici, comprese le reti satellitari, le reti terrestri fisse (…) e mobili, (…) le reti utilizzate per la diffusione circolare dei programmi sonori e televisivi e le reti televisive via cavo, indipendentemente dal tipo di informazione trasportato;

(…)

c) “servizio di comunicazione elettronica”, i servizi forniti di norma a pagamento consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazioni elettroniche, compresi i servizi di telecomunicazioni e i servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva (…).

(…)».

7 L’art. 8 della direttiva «quadro», intitolato «Obiettivi generali e principi dell’attività di regolamentazione», dispone:

«1. Gli Stati membri provvedono affinché, nello svolgere le funzioni di regolamentazione indicate nella presente direttiva e nelle direttive particolari, le autorità nazionali di regolamentazione adottino tutte le ragionevoli misure intese a conseguire gli obiettivi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4. Le misure sono proporzionate a tali obiettivi.

(…)

2. Le autorità nazionali di regolamentazione promuovono la concorrenza nella fornitura delle reti di comunicazione elettronica, dei servizi di comunicazione elettronica e delle risorse e servizi correlati, tra l’altro:

(…)

b) garantendo che non abbiano luogo distorsioni e restrizioni della concorrenza nel settore delle comunicazioni elettroniche;

(…)

d) incoraggiando un uso efficace e garantendo una gestione efficiente delle radiofrequenze e delle risorse di numerazione.

3. Le autorità nazionali di regolamentazione contribuiscono allo sviluppo del mercato interno, tra l’altro:

a) rimuovendo gli ostacoli residui che si frappongono alla fornitura di reti di comunicazione elettronica, di risorse e servizi correlati e di servizi di comunicazione elettronica a livello europeo;

(…)».

8 Ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva «quadro», «[g]li Stati membri provvedono alla gestione efficiente delle radiofrequenze per i servizi di comunicazione elettronica nel loro territorio» e «a che l’allocazione e l’assegnazione di tali radiofrequenze da parte delle autorità nazionali di regolamentazione siano fondate su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati».

9 L’art. 28, n. 1, della direttiva «quadro» specifica che «[g]li Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a [tale] direttiva entro il 24 luglio 2003» e «applicano dette disposizioni a decorrere dal 25 luglio 2003».

La direttiva «autorizzazioni»

10 L’art. 1 della direttiva «autorizzazioni» così recita:

«1. Obiettivo della presente direttiva è la realizzazione di un mercato interno delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica mediante l’armonizzazione e la semplificazione delle norme e delle condizioni di autorizzazione al fine di agevolarne la fornitura in tutta la Comunità.

2. La presente direttiva si applica alle autorizzazioni per la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica».

11 L’art. 2, n. 1, della direttiva «autorizzazioni» enuncia quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni della direttiva [“quadro”]».

12 Ai sensi dell’art. 2, n. 2, lett. a), della direttiva «autorizzazioni», per «autorizzazione generale» si intende «un quadro normativo istituito dallo Stato membro che garantisce i diritti alla fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica e stabilisce obblighi specifici per il settore applicabili a tutti i tipi o a tipi specifici di servizi e di reti di comunicazione elettronica, conformemente alla presente direttiva».

13 L’art. 3 della direttiva «autorizzazioni», intitolato «Autorizzazione generale per le reti e i servizi di comunicazione elettronica», dispone quanto segue:

«1. Gli Stati membri garantiscono la libertà di fornire reti e servizi di comunicazione elettronica, fatte salve le condizioni stabilite nella presente direttiva. A tal fine, gli Stati membri non impediscono alle imprese di fornire reti o servizi di comunicazione elettronica, salvo quando ciò si renda necessario per i motivi di cui all’articolo 46, paragrafo 1 del Trattato.

2. La fornitura di reti di comunicazione elettronica o di servizi di comunicazione elettronica può, fatti salvi gli obblighi specifici di cui all’articolo 6, paragrafo 2 o i diritti di uso di cui all’articolo 5, essere assoggettata soltanto ad un’autorizzazione generale. All’impresa interessata può essere imposto l’obbligo di notifica, ma non l’obbligo di ottenere una decisione esplicita o qualunque altro atto amministrativo da parte dell’autorità nazionale di regolamentazione prima di esercitare i diritti che derivano dall’autorizzazione. Dopo la notifica, se necessario, l’impresa può iniziare la propria attività, se del caso, nel rispetto delle disposizioni sui diritti d’uso stabilite negli articoli 5, 6 e 7.

(…)».

14 L’art. 5 della direttiva «autorizzazioni», intitolato «Diritti d’uso delle frequenze radio e dei numeri», è formulato nei seguenti termini:

«1. Ogni qualvolta sia possibile e soprattutto qualora il rischio di interferenze dannose sia trascurabile, gli Stati membri si astengono dal subordinare l’uso delle frequenze radio alla concessione di diritti d’uso individuali, includendo invece le condizioni d’uso di tali frequenze nell’autorizzazione generale.

2. Qualora sia necessario concedere diritti individuali d’uso delle frequenze radio e dei numeri, gli Stati membri attribuiscono tali diritti, a richiesta, ad ogni impresa che fornisca o utilizzi reti o servizi in forza di un’autorizzazione generale, nel rispetto degli articoli 6, 7 e 11, paragrafo 1, lettera c), e di ogni altra disposizione che garantisca l’uso efficiente di tali risorse in conformità della direttiva [“quadro”].

Fatti salvi criteri e procedure specifici adottati dagli Stati membri per concedere i diritti d’uso delle frequenze radio ai fornitori di servizi di contenuto radiofonico o televisivo, per il conseguimento di obiettivi d’interesse generale conformemente alla normativa comunitaria, tali diritti d’uso sono concessi mediante procedure pubbliche, trasparenti e non discriminatorie. (…)

(…)

5. Gli Stati membri non limitano il numero dei diritti d’uso da concedere, salvo quando ciò sia necessario per garantire l’uso efficiente delle frequenze radio in conformità dell’articolo 7».

15 L’art. 7 della direttiva «autorizzazioni», intitolato «Procedura per limitare il numero dei diritti d’uso da concedere per le frequenze radio», prevede quanto segue:

«1. Quando debba valutare l’opportunità di limitare il numero di diritti d’uso da concedere per le frequenze radio, lo Stato membro inter alia:

a) tiene adeguatamente conto dell’esigenza di ottimizzare i vantaggi per gli utenti e di favorire lo sviluppo della concorrenza;

(…)

c) pubblica qualsiasi decisione di concedere solo un numero limitato di diritti d’uso, indicandone le ragioni;

d) invita a presentare domanda per i diritti d’uso, dopo aver deciso la procedura da seguire, e

e) riesamina tali limitazioni a scadenze ragionevoli o a ragionevole richiesta delle imprese interessate.

(…)

3. Qualora sia necessario concedere i diritti d’uso delle frequenze radio solo in numero limitato, gli Stati membri ne effettuano l’assegnazione in base a criteri di selezione obiettivi, trasparenti, proporzionati e non discriminatori. Tali criteri di selezione devono tenere adeguatamente conto del conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 8 della direttiva [“quadro”].

(…)».

16 L’art. 17 della direttiva «autorizzazioni», intitolato «Autorizzazioni preesistenti», è formulato nei seguenti termini:

«1. Al più tardi entro la data di applicazione indicata all’articolo 18, paragrafo 1, secondo comma, gli Stati membri allineano alle disposizioni della presente direttiva le autorizzazioni preesistenti alla data in cui essa entra in vigore.

(…)».

17 L’art. 18, n. 1, della direttiva «autorizzazioni» precisa che «[g]li Stati membri adottano e pubblicano entro il 24 luglio 2003 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a [detta] direttiva» ed «applicano tali disposizioni [a partire dal] 25 luglio 2003».

La direttiva «concorrenza»

18 Risulta dal suo art. 1, punti 1 e 3, che la direttiva «concorrenza» si applica alle reti e ai servizi di comunicazione elettronica, come definiti all’art. 2, lett. a) e c), della direttiva «quadro».

19 L’art. 2 della direttiva «concorrenza», intitolato «Diritti esclusivi e speciali relativi alle reti di comunicazione elettronica e ai servizi di comunicazione elettronica», così dispone:

«1. Agli Stati membri è fatto divieto di accordare o mantenere in vigore diritti esclusivi o speciali per l’installazione e/o la fornitura di reti di comunicazione elettronica, o per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica a disposizione del pubblico.

2. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché a ciascuna impresa sia garantito il diritto di prestare servizi di comunicazione elettronica o di installare, ampliare o fornire reti di comunicazione elettronica.

(…)

4. Gli Stati membri provvedono affinché l’autorizzazione generale concessa ad un’impresa per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica o l’installazione e/o fornitura di reti di comunicazione elettronica, nonché le relative condizioni, si basino su criteri obiettivi, non discriminatori, proporzionati e trasparenti.

(…)».

20 L’art. 4 della direttiva «concorrenza», intitolato «Diritti relativi all’uso di frequenze», precisa:

«Lasciando impregiudicati i criteri e le procedure specifici adottati dagli Stati membri per concedere l’uso di frequenze radio a fornitori di servizi relativi al contenuto delle trasmissioni radiofoniche e televisive al fine di perseguire obiettivi di interesse generale conformemente al diritto comunitario:

1) gli Stati membri si astengono dal concedere diritti esclusivi o speciali di uso di frequenze radio per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica;

2) l’attribuzione delle frequenze radio per i servizi di comunicazione elettronica si fonda su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati».

21 Ai sensi dell’art. 9 della direttiva «concorrenza»:

«Gli Stati membri comunicano alla Commissione entro il 24 luglio 2003 tutte le informazioni necessarie affinché la Commissione possa confermare che hanno ottemperato alle disposizioni della presente direttiva».

Normativa nazionale

La legge 31 luglio 1997, n. 249

22 La legge 31 luglio 1997, n. 249 (Supplemento ordinario alla GURI n. 177 del 31 luglio 1997; in prosieguo: la «legge n. 249/1997»), entrata in vigore il 1° agosto 1998, ha istituito l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (in prosieguo: l’«Autorità»).

23 L’art. 2, n. 6, della legge n. 249/1997 fissava limiti alle concentrazioni nel settore delle telecomunicazioni, vietando ad uno stesso soggetto di essere titolare di concessioni che gli consentissero di irradiare più del 20% delle reti televisive, in ambito nazionale, trasmesse su frequenze terrestri.

24 L’art. 3 della legge n. 249/1997 prevedeva, al suo n. 1, la possibilità, per i soggetti legittimamente operanti ai sensi della normativa anteriore, di continuare a trasmettere in ambito nazionale e locale fino al rilascio di nuove concessioni ovvero fino alla reiezione delle domande di nuove concessioni e comunque non oltre il 30 aprile 1998.

25 L’art. 3, n. 2, della legge n. 249/1997 prevedeva l’adozione da parte dell’Autorità di un piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva (in prosieguo: il «piano nazionale di assegnazione delle frequenze») entro e non oltre il 31 gennaio 1998 e, sulla base di detto piano, l’assegnazione di nuove concessioni entro e non oltre il 30 aprile 1998.

26 Dalle indicazioni contenute nella decisione di rinvio e confermate dalle osservazioni del governo italiano e della Commissione delle Comunità europee emerge che il piano nazionale di assegnazione delle frequenze è stato adottato il 30 ottobre 1998 con la delibera n. 68/98 dell’Autorità e che quest’ultima ha altresì adottato, con la delibera n. 78/98 del 1° dicembre 1998, il regolamento sulle condizioni e le modalità per il rilascio delle concessioni per la radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri analogiche.

27 Al suo art. 3, n. 6, la legge n. 249/1997 contemplava un regime transitorio per le reti televisive nazionali esistenti che eccedevano i limiti alla concentrazione imposti all’art. 2, n. 6, di tale legge (in prosieguo: le «reti eccedenti»), grazie al quale tali reti potevano provvisoriamente continuare a trasmettere su frequenze terrestri dopo il 30 aprile 1998, alle stesse condizioni stabilite per i destinatari delle concessioni, purché le trasmissioni fossero effettuate contemporaneamente anche via satellite o via cavo.

28 In applicazione dell’art. 3, n. 7, della legge n. 249/1997, all’Autorità veniva affidata la fissazione del termine entro cui, dato l’aumento effettivo e considerevole degli utenti dei programmi via cavo o via satellite, le reti eccedenti avrebbero dovuto trasmettere i loro programmi soltanto via satellite o via cavo, abbandonando le frequenze terrestri.

29 Dalle indicazioni contenute nella decisione di rinvio e confermate dalle osservazioni del governo italiano e della Commissione emerge che, con la sentenza della Corte costituzionale 20 novembre 2002, n. 466 (GURI del 27 novembre 2002), questo termine è stato fissato al 31 dicembre 2003.

La legge 20 marzo 2001, n. 66

30 Dai documenti del fascicolo risulta che, in applicazione del decreto legge 23 gennaio 2001, n. 5 (GURI n. 19 del 24 gennaio 2001, pag. 5), convertito in legge e modificato dalla legge 20 marzo 2001, n. 66 (GURI n. 70 del 24 marzo 2001, pag. 3), i soggetti esercenti legittimamente l’attività della radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri venivano autorizzati a proseguire l’esercizio della radiodiffusione fino all’attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive in tecnica digitale.

La legge 24 febbraio 2004, n. 43, e la legge 3 maggio 2004, n. 112

31 L’art. 1 del decreto legge 24 dicembre 2003, n. 352 (GURI n. 300 del 29 dicembre 2003, pag. 4; in prosieguo: il «decreto legge n. 352/2003»), convertito in legge e modificato dalla legge 24 febbraio 2004, n. 43 (GURI n. 47 del 26 febbraio 2004, pag. 4), autorizzava le reti eccedenti a proseguire le loro trasmissioni sulle frequenze televisive analogiche e digitali fino alla conclusione di un esame sullo sviluppo delle reti televisive digitali.

32 La legge 3 maggio 2004, n. 112 (Supplemento ordinario n. 82 alla GURI n. 104 del 5 maggio 2004, pag. 5; in prosieguo: la «legge n. 112/2004»), precisava le diverse tappe della fase di avvio delle trasmissioni in tecnica digitale sulle frequenze terrestri.

33 L’art. 23 della legge n. 112/2004 dispone:

«1. Fino all’attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive in tecnica digitale, i soggetti esercenti a qualunque titolo attività di radiodiffusione televisiva in ambito nazionale e locale in possesso dei requisiti previsti per ottenere l’autorizzazione per la sperimentazione delle trasmissioni in tecnica digitale terrestre, ai sensi (…) del decreto legge (…) n. 5 [del 23 gennaio 2001], convertito, con modificazioni, dalla legge (…) n. 66 [del 20 marzo 2001], possono effettuare, anche attraverso la ripetizione simultanea dei programmi già diffusi in tecnica analogica, le predette sperimentazioni fino alla completa conversione delle reti, nonché richiedere, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge (…), le licenze e le autorizzazioni per avviare le trasmissioni in tecnica digitale terrestre.

2. La sperimentazione delle trasmissioni in tecnica digitale può essere effettuata sugli impianti legittimamente operanti in tecnica analogica alla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Ai fini della realizzazione delle reti digitali sono consentiti i trasferimenti di impianti o di rami di azienda tra i soggetti che esercitano legittimamente l’attività televisiva in ambito nazionale o locale, a condizione che le acquisizioni operate siano destinate alla diffusione in tecnica digitale.

(…)

5. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, la licenza di operatore di rete televisiva è rilasciata, su domanda, ai soggetti che esercitano legittimamente l’attività di diffusione televisiva, in virtù di titolo concessorio ovvero per il generale assentimento di cui al comma 1, qualora dimostrino di avere raggiunto una copertura non inferiore al 50 per cento della popolazione o del bacino locale.

(…)

9. Al fine di agevolare la conversione del sistema dalla tecnica analogica alla tecnica digitale la diffusione dei programmi radiotelevisivi prosegue con l’esercizio degli impianti legittimamente in funzione alla data di entrata in vigore della presente legge. (…)».

Controversia principale e questioni pregiudiziali

34 La controversia di cui alla causa principale attiene al risarcimento del danno che la Centro Europa 7 sostiene di aver sofferto per il fatto che non le sono state assegnate, dai convenuti nella causa principale, le frequenze terrestri in tecnica analogica necessarie per svolgere l’attività di diffusione di programmi radiotelevisivi.

35 Il 28 luglio 1999, in applicazione della legge n. 249/1997, le competenti autorità italiane hanno rilasciato alla Centro Europa 7 una concessione per la radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri in ambito nazionale che l’autorizzava a installare ed esercitare una rete televisiva con tecnica analogica. Per l’assegnazione delle frequenze, la concessione rinviava al piano nazionale di assegnazione quale adottato il 30 ottobre 1998. Secondo il giudice del rinvio, detto piano non è stato tuttavia attuato, di modo che, pur disponendo di una concessione, la Centro Europa 7 non è mai stata in grado di trasmettere, non essendole state assegnate le frequenze.

36 La Centro Europa 7 ha proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio un ricorso diretto, segnatamente, a far dichiarare il suo diritto ad ottenere l’assegnazione delle frequenze ed il risarcimento del danno subìto.

37 Detto Tribunale ha respinto tale ricorso con sentenza 16 settembre 2004.

38 Dalla decisione di rinvio emerge che, nell’ambito dell’impugnazione proposta avverso tale sentenza dalla Centro Europa 7 dinanzi al Consiglio di Stato, i convenuti nella causa principale fanno valere, segnatamente, la legge n. 112/2004.

39 Pur precisando, nella detta decisione, di limitare il proprio esame alla domanda di risarcimento danni della Centro Europa 7 e di non intendere pronunciarsi, al momento, sulla domanda di concessione delle frequenze, il Consiglio di Stato osserva che la mancata assegnazione delle frequenze alla Centro Europa 7 è stata determinata da fattori essenzialmente normativi.

40 Esso ricorda che l’art. 3, n. 2, della legge n. 249/1997 consentiva agli «occupanti di fatto» delle frequenze radio, legittimati ad operare in base alla precedente disciplina, di continuare a trasmettere fino al rilascio delle nuove concessioni ovvero alla reiezione delle domande di nuove concessioni e comunque non oltre il 30 aprile 1998.

41 Esso ricorda altresì che l’art. 3, n. 7, della legge n. 249/1997 consentiva la prosecuzione di tali trasmissioni, rimettendo all’Autorità la fissazione di un termine ultimo, alla sola condizione che le trasmissioni fossero effettuate contemporaneamente su frequenze terrestri e via satellite o via cavo. In mancanza di una data stabilita dall’Autorità, la Corte costituzionale ha fissato al 31 dicembre 2003 il termine entro il quale i programmi irradiati dalle reti eccedenti avrebbero dovuto essere trasmessi solo via satellite o via cavo, liberando così, secondo il giudice del rinvio, le frequenze da assegnare alla Centro Europa 7.

42 Secondo il giudice del rinvio, tale termine non è stato però rispettato in seguito all’intervento del legislatore nazionale, dato che, da una parte, l’art. 1 del decreto legge n. 352/2003, convertito nella legge 24 febbraio 2004, n. 43, ha prorogato l’esercizio delle reti eccedenti fino allo svolgimento di un’indagine dell’Autorità sullo sviluppo delle reti televisive digitali e che, dall’altra, è intervenuta la legge n. 112/2004, in particolare, il suo art. 23, n. 5.

43 La legge n. 112/2004, con il meccanismo di autorizzazione generale, avrebbe prolungato la possibilità per le reti eccedenti di continuare a trasmettere sulle frequenze terrestri fino all’attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la televisione digitale, di modo che tali reti non sono state obbligate a liberare le frequenze destinate a essere assegnate ai soggetti titolari di concessioni.

44 Tale legge ha quindi avuto l’effetto, secondo il giudice del rinvio, di non liberare le frequenze destinate a essere assegnate ai soggetti titolari di concessioni in tecnica analogica e di impedire ad operatori diversi da quelli che trasmettono di fatto su frequenze terrestri di partecipare alla sperimentazione della televisione digitale.

45 Poiché la Centro Europa 7 ha contestato la compatibilità del decreto legge n. 352/2003 e della legge n. 112/2004 con il diritto comunitario, il Consiglio di Stato si interroga sulla conformità della normativa italiana, a partire dalla legge n. 249/1997, alle disposizioni del Trattato sulla libera prestazione di servizi e sulla concorrenza, agli artt. 8 e 9, n. 1, della direttiva «quadro», agli artt. 5, 7 e 17 della direttiva «autorizzazioni», nonché al principio del pluralismo delle fonti d’informazione sancito dall’art. 10 della CEDU, in quanto principio generale di diritto comunitario.

46 Pertanto, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’art. 10 della [CEDU], come richiamato dall’art. 6 [UE], garantisca il pluralismo informativo esterno nel settore radiotelevisivo, con ciò obbligando gli Stati membri a garantire un pluralismo effettivo ed una concorrenza effettiva, nel settore, basata su un sistema antitrust che, in relazione allo sviluppo tecnologico, garantisca accesso alle reti e pluralità degli operatori, senza possibilità di ritenere legittimi assetti duopolistici del mercato.

2) Se le disposizioni del Trattato (…) che garantiscono la libertà di prestazione di servizi e la concorrenza, nell’interpretazione datane dalla Commissione con la comunicazione interpretativa del 29 aprile 2000 sulle concessioni nel diritto comunitario, esigano principi di affidamento delle concessioni capaci di assicurare un trattamento non discriminatorio, paritario, nonché trasparenza, proporzionalità e rispetto dei diritti dei singoli, e se con tali disposizioni e principi del Trattato contrastino le disposizioni del diritto italiano di cui all’art. 3, settimo comma, della legge n. 249/1997, di cui all’art. 1 del decreto legge [n. 352/2003] (…), in quanto hanno consentito a soggetti esercenti reti radiotelevisive “eccedenti” i limiti antitrust di continuare ininterrottamente ad esercitare la loro attività escludendo operatori come la società appellante che, pur in possesso della relativa concessione, assegnata a seguito di regolare procedura competitiva, non hanno potuto svolgere l’attività concessionata per mancata assegnazione di frequenze (dovuta alla loro insufficienza o scarsità, determinata dalla anzidetta prosecuzione dell’esercizio da parte dei titolari delle c.d. reti eccedenti);

3) Se, a decorrere dal 25 luglio 2003, l’art. 17 della [direttiva “autorizzazioni”] imponesse l’efficacia diretta di tale direttiva nell’ordinamento interno ed imponesse l’obbligo, allo Stato membro che avesse rilasciato concessioni per l’attività di radiodiffusione televisiva (comprensive del diritto d’installare reti o di fornire servizi di comunicazione elettronica o diritto all’uso di frequenze), di allinearle alla disciplina comunitaria e se tale obbligo dovesse comportare la necessità di effettivamente assegnare le frequenze necessarie per svolgere l’attività.

4) Se l’art. 9 della [direttiva “quadro”] e l’art. 5 della direttiva “autorizzazioni”, prevedendo procedure pubbliche, trasparenti e non discriminatorie (art. 5) svolte in base a criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionali (art. 9), siano in contrasto con un regime di generale assentimento, previsto dal diritto nazionale (art. 23, quinto comma, della legge n. 112/2004), che, consentendo la prosecuzione delle c.d. “reti eccedenti” non selezionate a mezzo gare, finisce per ledere i diritti di cui godono altre imprese in forza della normativa comunitaria (art. 17, secondo comma, della direttiva […] “autorizzazioni”), le quali, pur vincitrici di procedure competitive, si vedono preclusa la possibilità di operare.

5) Se gli artt. 9 della direttiva (…) “quadro”, 5, n. 2, secondo comma, e 7, n. 3, della direttiva (…) “autorizzazioni”e l’art. 4 della [direttiva “concorrenza”] imponessero agli Stati membri di far cessare, quantomeno a decorrere dal 25 luglio 2003 (v. art. 17 direttiva autorizzazioni), una situazione di occupazione di fatto delle frequenze (esercizio d’impianti senza concessioni o autorizzazioni rilasciate a seguito di comparazione degli aspiranti) con riferimento all’attività di radiodiffusione televisiva, quale quella svolta, così non consentendo uno svolgimento di tale attività al di fuori di qualsiasi corretta pianificazione dell’etere ed al di fuori di ogni logica di incremento del pluralismo oltre che in contraddizione con le stesse concessioni assegnate dallo Stato membro all’esito di una procedura pubblica.

6) Se la deroga prevista dall’art. 5, n. 2, secondo comma, della direttiva (…) “autorizzazioni” e dall’art. 4 della direttiva (…) [“concorrenza”] fosse e sia invocabile dallo Stato membro solo a tutela del pluralismo informativo e per garantire la tutela della diversità culturale o linguistica e non a favore degli esercenti di reti eccedenti i limiti antitrust già previsti dalla normativa nazionale.

7) Se, per avvalersi della deroga di cui all’art. 5 della direttiva (…) [“autorizzazioni”], lo Stato membro debba indicare quali sono gli obiettivi effettivamente perseguiti con la normativa derogatoria nazionale.

8) Se tale deroga possa applicarsi al di fuori del caso della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo (RAI in Italia) anche a favore di operatori privati non vincitori di procedure competitive ed a danno di imprese che abbiano invece regolarmente visto assentita una concessione a seguito di gara.

9) Se, ancora, il quadro di regole derivanti dal diritto comunitario dei Trattati e derivato, improntato a garantire una concorrenza effettiva (workable competition) anche nel settore del mercato radiotelevisivo, non avrebbe dovuto imporre al legislatore nazionale di evitare la sovrapposizione della proroga del vecchio regime transitorio analogico collegata all’avvio del c.d. digitale terrestre, poiché solo nel caso del c.d. switch-off delle trasmissioni analogiche (con il conseguente passaggio generalizzato al digitale) sarebbe possibile riallocare frequenze liberate per vari usi, mentre, nel caso del mero avvio del processo di transizione al digitale terrestre, si rischia di ulteriormente aggravare la scarsità delle frequenze disponibili, dovuta alla trasmissione analogica e digitale in parallelo (simulcast).

10) Se, in ultimo, la tutela del pluralismo delle fonti d’informazione e della concorrenza nel settore radiotelevisivo garantita dal diritto europeo sia assicurata da una disciplina nazionale – come la legge n. 112/2004 – che prevede un nuovo limite del 20% delle risorse, collegato ad un nuovo paniere (il c.d. SIC: art. 2, lett. g); art. 15 della legge n. 112/2004) molto ampio che include anche attività che non hanno impatto sul pluralismo delle fonti d’informazione, mentre il “mercato rilevante” nel diritto antitrust è costruito normalmente differenziando i mercati, nel settore radiotelevisivo, perfino distinguendo fra pay-tv e televisioni non a pagamento che operano via etere (si vedano inter alia le decisioni della Commissione 21 marzo 2000, che dichiara la compatibilità con il mercato comune di una concentrazione (caso COMP/JV. 37 – BSKYB/Kirch Pay TV), basata sul regolamento (CEE) del Consiglio 21 dicembre 1989, n. 4064, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese], e [2 aprile 2003, che dichiara la compatibilità di una concentrazione con il mercato comune e con l’accordo sul SEE (caso COMP/M. 2876 – Newscorp/Telepiù), basata sul regolamento n. 4064/89]».

Sulle questioni pregiudiziali

47 Con le sue questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte di pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni del Trattato sulla libera prestazione di servizi e sulla concorrenza, della direttiva «quadro», della direttiva «autorizzazioni», della direttiva «concorrenza» nonché dell’art. 10 della CEDU, come richiamato dall’art. 6 UE.

Sulla competenza della Corte e sulla ricevibilità delle questioni

48 In via preliminare, occorre constatare che, con talune delle sue questioni, il giudice del rinvio invita la Corte a pronunciarsi sulla compatibilità con il diritto comunitario di talune disposizioni della normativa italiana pertinente al caso di specie.

49 Orbene, non spetta alla Corte pronunciarsi, nell’ambito di un procedimento pregiudiziale, sulla compatibilità di una normativa nazionale con il diritto comunitario, né interpretare disposizioni legislative o regolamentari nazionali (v. sentenze 9 settembre 2003, causa C‑151/02, Jaeger, Racc. pag. I‑8389, punto 43, e 23 marzo 2006, causa C‑237/04, Enirisorse, Racc. pag. I‑2843, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

50 Tuttavia, la Corte ha reiteratamente dichiarato di essere competente a fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi interpretativi attinenti al diritto comunitario che gli consentano di pronunciarsi su tale compatibilità per la definizione della causa per la quale è adito (v., in particolare, sentenze 15 dicembre 1993, causa C‑292/92, Hünermund e a., Racc. pag. I‑6787, punto 8, e Enirisorse, citata, punto 24).

51 Pertanto, la Corte è tenuta, nel presente procedimento, a limitare il suo esame alle disposizioni del diritto comunitario, fornendone un’interpretazione utile al giudice del rinvio, al quale spetta la valutazione della compatibilità delle disposizioni legislative nazionali con il diritto comunitario, per definire la controversia di cui è investito.

52 Si deve, in secondo luogo, rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (sentenze 15 dicembre 1995, causa C‑415/93, Bosman, Racc. pag. I‑4921, punto 59, e 15 giugno 2006, causa C‑466/04, Acereda Herrera, Racc. pag. I‑5341, punto 47).

53 La Corte non può però statuire su una questione sollevata da un giudice nazionale qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione di una norma comunitaria chiesta dal giudice nazionale non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa a qua, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure ancora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenze Bosman, citata, punto 61; Acereda Herrera, citata, punto 48, e 5 dicembre 2006, cause riunite C‑94/04 e C‑202/04, Cipolla e a., Racc. pag. I‑11421, punto 25).

54 A tale riguardo, la decisione di rinvio deve indicare i motivi precisi che hanno indotto il giudice nazionale ad interrogarsi sull’interpretazione del diritto comunitario e a ritenere necessaria la formulazione di questioni pregiudiziali alla Corte. In tale contesto, è indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di spiegazioni sui motivi della scelta delle disposizioni comunitarie di cui chiede l’interpretazione e sul nesso che individua tra quelle disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia principale (ordinanza 7 aprile 1995, causa C‑167/94, Grau Gomis e a., Racc. pag. I‑1023, punto 9; sentenze 6 dicembre 2005, cause riunite C‑453/03, C‑11/04, C‑12/04 e C‑194/04, ABNA e a., Racc. pag. I‑10423, punto 46; 6 marzo 2007, cause riunite C‑338/04, C‑359/04 e C‑360/04, Placanica e a., Racc. pag. I‑1891, punto 34, nonché 19 aprile 2007, causa C‑295/05, Asemfo, Racc. pag. I‑2999, punto 33).

55 Orbene, è giocoforza constatare che, per quanto riguarda la sua decima questione, il giudice del rinvio non fornisce alcuna indicazione quanto alle disposizioni di diritto comunitario di cui chiede l’interpretazione né alcuna spiegazione sul nesso a suo avviso esistente tra tali disposizioni e la causa principale o l’oggetto della controversia.

56 Di conseguenza, la decima questione è irricevibile.

57 Si deve, in terzo luogo, ricordare che l’esigenza di giungere ad un’interpretazione del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo definisca l’ambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate (v. sentenze 26 gennaio 1993, cause riunite da C‑320/90 a C‑322/90, Telemarsicabruzzo e a., Racc. pag. I‑393, punto 6; 14 luglio 1998, causa C‑341/95, Bettati, Racc. pag. I‑4355, punto 67; 21 settembre 1999, causa C‑67/96, Albany International, Racc. pag. I‑5751, punto 39, nonché Cipolla e a., citata, punto 25).

58 Tali esigenze valgono in modo del tutto particolare nel settore della concorrenza, caratterizzato da situazioni di fatto e di diritto complesse (citate sentenze Telemarsicabruzzo e a., punto 7; Bettati, punto 68, e Albany International, punto 39).

59 Orbene, nel presente procedimento, come rileva l’avvocato generale al paragrafo 27 delle conclusioni, sembra che, chiedendo un’interpretazione delle disposizioni del Trattato sulla concorrenza, nella sua seconda questione il giudice del rinvio si riferisca essenzialmente all’art. 86, n. 1, CE, in combinato disposto con l’art. 82 CE.

60 In conformità alla giurisprudenza della Corte, uno Stato membro contravviene ai divieti posti da queste due disposizioni quando l’impresa di cui trattasi è indotta, con il mero esercizio dei diritti speciali o esclusivi che le sono attribuiti, a sfruttare abusivamente la sua posizione dominante, o quando questi diritti sono atti a produrre una situazione in cui l’impresa è indotta a commettere abusi del genere (sentenze 12 settembre 2000, cause riunite da C‑180/98 a C‑184/98, Pavlov e a., Racc. pag. I‑6451, punto 127; 25 ottobre 2001, causa C‑475/99, Ambulanz Glöckner, Racc. pag. I‑8089, punto 39, e 30 marzo 2006, causa C‑451/03, Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti, Racc. pag. I‑2941, punto 23).

61 Tuttavia, la decisione di rinvio non contiene alcuna indicazione relativa, segnatamente, alla definizione di mercato rilevante, al calcolo delle quote di mercato detenute dalle diverse imprese ivi operanti e al presunto abuso di posizione dominante.

62 Occorre quindi considerare che, per la parte in cui attiene alle disposizioni del Trattato sulla concorrenza, la seconda questione è irricevibile (v., in tal senso, sentenza 17 febbraio 2005, causa C‑134/03, Viacom Outdoor, Racc. pag. I‑1167, punti 25-29).

63 Per gli stessi motivi, occorre considerare che la nona questione è irricevibile.

64 In quarto luogo, si deve verificare la competenza della Corte nel presente procedimento a pronunciarsi sull’art. 49 CE, dato che è pacifico che tutti gli elementi della controversia principale sono circoscritti al territorio di un solo Stato membro.

65 In effetti, in linea generale, una normativa nazionale quale quella di cui alla causa principale, che si applica indistintamente ai cittadini italiani e ai cittadini degli altri Stati membri, deve risultare conforme alle disposizioni relative alla libera prestazione dei servizi istituite dal Trattato solo in quanto si applichi a situazioni che hanno un collegamento con gli scambi intracomunitari (sentenze 15 dicembre 1982, causa 286/81, Oosthoek’s Uitgeversmaatschappij, Racc. pag. 4575, punto 9, e 11 settembre 2003, causa C‑6/01, Anomar e a., Racc. pag. I‑8621, punto 39).

66 Ebbene, non si può escludere che, nella causa principale, imprese stabilite in Stati membri diversi dalla Repubblica italiana siano state o siano interessate a fornire i servizi di cui si tratta (v., in tal senso, sentenze 25 aprile 1996, causa C‑87/94, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑2043, punto 33, e 13 ottobre 2005, causa C‑458/03, Parking Brixen, Racc. pag. I‑8585, punto 55).

67 La constatazione di un collegamento con gli scambi intracomunitari sarà presunta qualora il mercato di cui trattasi presenti un interesse transfrontaliero certo (sentenza 13 novembre 2007, causa C‑507/03, Commissione/Irlanda, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 29), quale dev’essere verificato dal giudice del rinvio.

68 In ogni caso, occorre rispondere alla seconda questione sottoposta alla Corte nel presente procedimento nella parte in cui essa riguarda l’art. 49 CE.

69 Infatti, una risposta siffatta potrebbe essere utile al giudice del rinvio nell’ipotesi in cui il proprio diritto nazionale imponesse di riconoscere ad un cittadino italiano gli stessi diritti di cui godrebbe in base al diritto comunitario, nella medesima situazione, un cittadino di un altro Stato membro (sentenze 5 dicembre 2000, causa C‑448/98, Guimont, Racc. pag. I‑10663, punto 23; 5 marzo 2002, cause riunite C‑515/99, da C‑519/99 a C‑524/99 e da C‑526/99 a C‑540/99, Reisch e a., Racc. pag. I‑2157, punto 26; Anomar e a., cit., punto 41; Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti, cit., punto 29, nonché Cipolla e a., cit., punto 30).

70 Di conseguenza, la Corte è competente a pronunciarsi sull’interpretazione dell’art. 49 CE.

71 Pertanto, la seconda questione è ricevibile per la parte in cui riguarda l’art. 49 CE.

Sulla seconda, sulla quarta e sulla quinta questione

72 La seconda, la quarta e la quinta questione sono tutte dirette a sapere, in sostanza, se le disposizioni dell’art. 49 CE o del NQNC ostino, in materia di trasmissione televisiva, ad una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi, in mancanza di assegnazione delle frequenze di trasmissione, nell’impossibilità di trasmettere.

73 È vero che, nell’ambito della seconda questione, la Corte può pronunciarsi sotto il profilo dell’art. 49 CE solo nei limiti in cui tale questione concerne la normativa italiana, cioè l’art. 3, n. 7, della legge n. 249/1997, precedente alla data di applicazione del NQNC, come risulta dagli artt. 28, n. 1, della direttiva «quadro», 18, n. 1, della direttiva «autorizzazioni» e 9 della direttiva «concorrenza».

74 Allo stesso modo, la quarta e la quinta questione riguardano solo il NQNC, dato che attengono alla normativa nazionale successiva alla data di applicazione di quest’ultimo, cioè le disposizioni della legge n. 112/2004.

75 Tuttavia, da un lato, la seconda questione riguarda anche la normativa italiana successiva all’applicabilità del NQNC, cioè l’art. 1 del decreto legge n. 352/2003.

76 Dall’altro lato, come rileva la Commissione nelle osservazioni presentate alla Corte, il NQNC ha attuato le disposizioni del Trattato, in particolare quelle sulla libera prestazione di servizi, nel settore delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica come definiti agli artt. 2, lett. a) e c), della direttiva «quadro», 2, n. 1, della direttiva «autorizzazioni» e 1, punti 1 e 3, della direttiva «concorrenza».

77 Occorre quindi trattare congiuntamente la seconda, la quarta e la quinta questione, dovendosi precisare che gli elementi di soluzione forniti sul NQNC rilevano solo a decorrere dal momento della sua applicabilità, quale indicato agli artt. 28, n. 1, della direttiva «quadro», 18, n. 1, della direttiva «autorizzazioni» e 9 della direttiva «concorrenza».

78 Per fornire una soluzione utile al giudice del rinvio in merito a tali questioni, si deve ricordare che il Trattato non impone l’abolizione assoluta dei monopoli nazionali che presentano carattere commerciale, ma dispone il loro riordino in modo da escludere qualsiasi discriminazione fra i cittadini degli Stati membri per quanto riguarda le condizioni relative all’approvvigionamento e allo smercio (sentenza 23 ottobre 1997, causa C‑189/95, Franzén, Racc. pag. I‑5909, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

79 Tuttavia, l’art. 49 CE osta all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia l’effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione di servizi puramente interna ad uno Stato membro (sentenza 8 settembre 2005, cause riunite C‑544/03 e C‑545/03, Mobistar e Belgacom Mobile, Racc. pag. I‑7723, punto 30).

80 Nel settore delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica tali principi sono stati attuati dal NQNC.

81 L’art. 8 della direttiva «quadro» prescrive, infatti, agli Stati membri l’obbligo di assicurarsi che le autorità nazionali di regolamentazione adottino tutte le ragionevoli misure intese a promuovere la concorrenza nella fornitura dei servizi di comunicazione elettronica, garantendo che non abbiano luogo distorsioni e restrizioni della concorrenza nel settore delle comunicazioni elettroniche e rimuovendo gli ostacoli residui che si frappongono alla fornitura dei detti servizi a livello europeo.

82 Parimenti, l’art. 2, n. 2, della direttiva «concorrenza» obbliga gli Stati membri ad adottare i provvedimenti necessari affinché a ciascuna impresa sia garantito il diritto di prestare servizi di comunicazione elettronica o di installare, ampliare o fornire reti di comunicazione elettronica.

83 L’art. 3, n. 1, della direttiva «autorizzazioni» obbliga peraltro gli Stati membri a garantire la libertà di fornire reti e servizi di comunicazione elettronica e vieta loro di impedire alle imprese di fornire tali reti o tali servizi, salvo quando ciò si renda necessario per i motivi di cui all’art. 46, n. 1, CE.

84 A tal fine, l’art. 3, n. 2, della direttiva «autorizzazioni» precisa che la fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica può essere assoggettata soltanto ad un’autorizzazione generale.

85 Su tale punto va precisato che, nel settore delle trasmissioni televisive, la libera prestazione di servizi, come sancita all’art. 49 CE e attuata in tale settore dal NQNC, esige non solo la concessione di autorizzazioni alla trasmissione, ma altresì l’assegnazione di frequenze di trasmissione.

86 Infatti, in mancanza di frequenze di trasmissione, un operatore non può esercitare in modo effettivo i diritti conferitigli dal diritto comunitario circa l’accesso al mercato della trasmissione televisiva.

87 A tal fine, l’art. 9, n. 1, della direttiva «quadro» prevede che «[g]li Stati membri provved[a]no alla gestione efficiente delle radiofrequenze per i servizi di comunicazione elettronica nel loro territorio».

88 Allo stesso modo, l’art. 5, n. 1, della direttiva «autorizzazioni» precisa che, ogni qualvolta sia possibile e soprattutto qualora il rischio di interferenze dannose sia trascurabile, gli Stati membri si astengono dal subordinare l’uso delle frequenze radio alla concessione di diritti d’uso individuali, includendo invece le condizioni d’uso di tali frequenze nell’autorizzazione generale.

89 Peraltro, l’art. 4, punto 1, della direttiva «concorrenza» vieta agli Stati membri di concedere diritti esclusivi o speciali di uso di frequenze radio per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica.

90 Nel presente procedimento, il giudice del rinvio interroga la Corte sui criteri attuati per la concessione delle frequenze radio al fine di operare sul mercato delle trasmissioni televisive in tecnica analogica.

91 Da un lato, il giudice del rinvio non interroga la Corte sui criteri attuati, in applicazione della legge n. 249/1997, per la concessione dei diritti ad operare sul mercato delle trasmissioni televisive in tecnica analogica. Tali criteri non sono neanche contestati dalla Centro Europa 7, né dinanzi al giudice del rinvio né nelle osservazioni presentate alla Corte, dato che proprio in applicazione di detti criteri essa ha ricevuto una concessione.

92 La Corte non è quindi tenuta a pronunciarsi su tali criteri.

93 Il giudice del rinvio nutre dubbi circa la compatibilità con il diritto comunitario della legge n. 249/1997 solo per la parte in cui il suo art. 3, n. 7, ha istituito un regime transitorio in favore delle reti esistenti, che ha avuto l’effetto di impedire agli operatori sprovvisti di frequenze radio, come la Centro Europa 7, l’accesso al mercato di cui trattasi.

94 Dall’altro lato, il giudice del rinvio interroga la Corte sui criteri attuati, in applicazione della legge n. 112/2004, per la concessione dei diritti ad operare sul mercato delle trasmissioni televisive in tecnica digitale e in tecnica analogica solo nei limiti in cui tali criteri hanno consolidato il regime transitorio istituito a favore delle reti esistenti dall’art. 1 del decreto legge n. 352/2003, il quale ha avuto l’effetto di ostacolare l’assegnazione ad operatori pur provvisti di concessioni assegnate in applicazione della legge n. 249/1997 di frequenze radio per operare sul mercato delle trasmissioni televisive in tecnica analogica.

95 A tal riguardo, occorre rilevare che l’applicazione in successione dei regimi transitori istituiti dagli artt. 3, n. 7, della legge n. 249/1997 e 1 del decreto legge n. 352/2003 a favore delle reti esistenti ha avuto l’effetto di impedire agli operatori sprovvisti di frequenze di trasmissione l’accesso al mercato di cui trattasi.

96 Si deve altresì considerare che, prevedendo un’autorizzazione generale ad operare sul mercato dei servizi radiotelevisivi a favore delle sole reti esistenti, l’art. 23, n. 5, della legge n. 112/2004 ha consolidato l’effetto restrittivo constatato al punto precedente.

97 Infatti, da un lato, limitando di fatto il numero di operatori che possono trasmettere sul mercato di cui trattasi, tali misure sono e/o sono state idonee ad ostacolare la prestazione di servizi nel settore delle trasmissioni radiotelevisive.

98 Dall’altro lato, tali misure hanno e/o hanno avuto l’effetto di immobilizzare le strutture del mercato nazionale e di proteggere la posizione degli operatori nazionali già attivi sul detto mercato.

99 Di conseguenza, l’art. 49 CE e, a decorrere dal momento della loro applicabilità, gli artt. 9, n. 1, della direttiva «quadro», 5, n. 1, della direttiva «autorizzazioni» e 4, punto 1, della direttiva «concorrenza» ostano a tali misure, a meno che esse siano giustificate.

100 A tal riguardo, occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte, un sistema di concessioni che limita il numero degli operatori nel territorio nazionale può essere giustificato da obiettivi di interesse generale (v., in tal senso, sentenza Placanica e a., citata, punto 53), purché le restrizioni che ne derivano siano appropriate e non vadano oltre quanto necessario per il raggiungimento di detti obiettivi.

101 Così, il NQNC consente espressamente agli Stati membri, ai sensi dell’art. 1, n. 3, della direttiva «quadro», di adottare o mantenere in vigore, nel rispetto del diritto comunitario, disposizioni che perseguono obiettivi di interesse generale relativi, in particolare, alla politica audiovisiva.

102 Parimenti, l’art. 5, n. 2, primo comma, della direttiva «autorizzazioni» consente agli Stati membri di procedere all’attribuzione di diritti di uso delle frequenze su base individuale al fine di rispettare l’obiettivo di un uso efficiente delle stesse, come rammentato dalla direttiva «quadro».

103 Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 34 e 37 delle conclusioni, per essere giustificato, un regime del genere, che in linea di principio contravviene all’art. 49 CE e al NQNC, non deve solo obbedire a obiettivi di interesse generale, ma deve anche essere organizzato sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati (v., in tal senso, sentenza Placanica e a., citata, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

104 Così, l’art. 9, n. 1, della direttiva «quadro» dispone che gli Stati membri provvedono a che l’allocazione e l’assegnazione delle frequenze radio da parte delle autorità nazionali di regolamentazione siano fondate su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.

105 Inoltre, qualora sia necessario concedere diritti individuali d’uso delle frequenze radio, tali diritti devono essere attribuiti, ai sensi dell’art. 5, n. 2, secondo comma, della direttiva «autorizzazioni», «mediante procedure pubbliche, trasparenti e non discriminatorie».

106 Analogamente, ai sensi dell’art. 7, n. 3, della direttiva «autorizzazioni», «[q]ualora sia necessario concedere i diritti d’uso delle frequenze radio solo in numero limitato, gli Stati membri ne effettuano l’assegnazione in base a criteri di selezione obiettivi, trasparenti, proporzionati e non discriminatori».

107 Tale esigenza è confermata dall’art. 4, punto 2, della direttiva «concorrenza», ai termini del quale «l’attribuzione delle frequenze radio per i servizi di comunicazione elettronica si fonda su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati».

108 Orbene, nella causa principale, emerge dagli elementi forniti dal giudice del rinvio che, in applicazione della legge n. 249/1997, l’attribuzione delle frequenze ad un numero limitato di operatori non è stata effettuata in base a criteri siffatti.

109 Infatti, da un lato, le dette frequenze sono state assegnate di fatto alle reti esistenti in applicazione del regime transitorio istituito all’art. 3, n. 7, della legge n. 249/1997, sebbene a talune di tali reti non fosse stata rilasciata la concessione ai sensi di tale legge.

110 Dall’altro lato, ad operatori come la Centro Europa 7 non sono state attribuite frequenze, sebbene fossero state rilasciate loro concessioni ai sensi della detta legge.

111 Di conseguenza, indipendentemente dagli obiettivi perseguiti dalla legge n. 249/1997 con il regime di assegnazione delle frequenze ad un numero limitato di operatori, si deve considerare che l’art. 49 CE ostava ad un regime siffatto.

112 La medesima valutazione si impone per quanto riguarda il regime di assegnazione delle frequenze ad un numero limitato di operatori in applicazione della legge n. 112/2004: tale regime non è stato attuato sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati, in violazione dell’art. 49 CE e, a decorrere dal momento della loro applicabilità, dell’art. 9, n. 1, della direttiva «quadro», degli artt. 5, n. 2, secondo comma, e 7, n. 3, della direttiva «autorizzazioni», nonché dell’art. 4, punto 2, della direttiva «concorrenza».

113 Infatti, in applicazione della legge n. 112/2004, le frequenze sono state assegnate alle reti esistenti e queste ultime sono state autorizzate a trasmettere in applicazione del regime transitorio regolato all’art. 1 del decreto legge n. 352/2003, che si è limitato a prolungare il regime transitorio istituito dalla legge n. 249/1997.

114 In ogni caso, le restrizioni constatate supra non possono essere giustificate dalla necessità di garantire una rapida evoluzione verso la trasmissione televisiva in tecnica digitale.

115 Infatti, anche qualora un obiettivo siffatto possa rappresentare un obiettivo di interesse generale tale da giustificare restrizioni del genere, è giocoforza constatare, come giustamente rilevato dalla Commissione nelle osservazioni presentate alla Corte, che la normativa italiana, in particolare la legge n. 112/2004, non si limita ad attribuire agli operatori esistenti un diritto prioritario ad ottenere le frequenze, ma riserva loro tale diritto in esclusiva, senza limiti di tempo alla situazione di privilegio così creata e senza prevedere un obbligo di restituzione delle frequenze eccedenti dopo la transizione alla trasmissione televisiva in tecnica digitale.

116 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la seconda, la quarta e la quinta questione, esaminate congiuntamente, dichiarando che l’art. 49 CE e, a decorrere dal momento della loro applicabilità, l’art. 9, n. 1, della direttiva «quadro», gli artt. 5, nn. 1 e 2, secondo comma, e 7, n. 3, della direttiva «autorizzazioni», nonché l’art. 4 della direttiva «concorrenza» devono essere interpretati nel senso che essi ostano, in materia di trasmissione televisiva, ad una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi nell’impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze di trasmissione assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.

Sulla prima e sulla terza questione

117 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte di accertare se le disposizioni dell’art. 10 della CEDU, come richiamato dall’art. 6 UE, ostino, in materia di trasmissione televisiva, ad una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione, come la Centro Europa 7, si trovi, in mancanza di assegnazione di frequenze di trasmissione, nell’impossibilità di trasmettere.

118 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio interroga la Corte sull’obbligo, derivante dall’eventuale effetto diretto dell’art. 17 della direttiva «autorizzazioni» a decorrere dal momento della sua applicabilità, per lo Stato membro che abbia rilasciato concessioni per l’attività di trasmissioni televisive, di allinearle alla disciplina comunitaria e, di conseguenza, di assegnare alla Centro Europa 7 le frequenze di emissione necessarie all’esercizio di tale attività.

119 Con tali questioni il giudice del rinvio intende quindi verificare l’esistenza di violazioni del diritto comunitario al fine di pronunciarsi su una domanda di risarcimento dei danni che ne sono derivati.

120 Orbene, dalla soluzione fornita alla seconda, alla quarta e alla quinta questione emerge che l’art. 49 CE e, a decorrere dal momento della loro applicabilità, l’art. 9, n. 1, della direttiva «quadro», gli artt. 5, nn. 1 e 2, secondo comma, e 7, n. 3, della direttiva «autorizzazioni», nonché l’art. 4 della direttiva «concorrenza» devono essere interpretati nel senso che essi ostano, in materia di trasmissione televisiva, ad una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi nell’impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze di trasmissione assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.

121 Ne consegue che tale soluzione già consente al giudice del rinvio di pronunciarsi sulla domanda proposta dalla Centro Europa 7 di risarcimento dei danni da essa sofferti.

122 Pertanto, alla luce della soluzione fornita dalla Corte alla seconda, alla quarta e alla quinta questione, non occorre pronunciarsi sulla prima e sulla terza.

Sulla sesta, sulla settima e sull’ottava questione

123 Con la sesta, la settima e l’ottava questione, il giudice del rinvio interroga la Corte, in sostanza, sulle condizioni di attuazione, da parte degli Stati membri, della deroga prevista agli artt. 5, n. 2, secondo comma, della direttiva «autorizzazioni» e 4 della direttiva «concorrenza».

124 Orbene, dalla soluzione fornita alla quarta e alla quinta questione emerge che, a decorrere dal momento della loro applicabilità, gli artt. 5, n. 2, secondo comma, della direttiva «autorizzazioni» e 4 della direttiva «concorrenza» devono essere interpretati nel senso che essi ostano, in materia di trasmissione televisiva, ad una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi nell’impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze di trasmissione assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.

125 Risulta, quindi, da tale soluzione che il rispetto di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati costituisce una condizione necessaria all’attuazione della deroga prevista agli artt. 5, n. 2, secondo comma, della direttiva «autorizzazioni» e 4 della direttiva «concorrenza».

126 Di conseguenza, non occorre pronunciarsi su altre eventuali condizioni di attuazione di detta deroga, come quelle menzionate nella sesta, nella settima e nell’ottava questione.

127 Ne consegue che, considerata la soluzione fornita dalla Corte alla quarta e alla quinta questione, esaminate congiuntamente alla seconda, non occorre pronunciarsi sulla sesta, sulla settima e sull’ottava questione.

Sulle spese

128 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

L’art. 49 CE e, a decorrere dal momento della loro applicabilità, l’art. 9, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «quadro»), gli artt. 5, nn. 1 e 2, secondo comma, e 7, n. 3, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «autorizzazioni»), nonché l’art. 4 della direttiva della Commissione 16 settembre 2002, 2002/77/CE, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, devono essere interpretati nel senso che essi ostano, in materia di trasmissione televisiva, ad una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi nell’impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze di trasmissione assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.

Firme

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* Lingua processuale: l’italiano.