SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
19 novembre 2009 (*)
«Normativa in materia di imposta sul reddito – Diritto ad una deduzione dalla base imponibile dei contributi di previdenza sociale – Diritto ad una riduzione di imposta in funzione dei contributi di assicurazione malattia versati – Diniego nel caso in cui i contributi siano versati in uno Stato membro diverso dallo Stato di imposizione – Compatibilità con gli artt. 43 CE e 49 CE – Sentenza del giudice costituzionale nazionale – Incostituzionalità delle disposizioni nazionali – Rinvio nel tempo della perdita di efficacia vincolante delle suddette disposizioni – Primato del diritto comunitario – Incidenza per il giudice del rinvio»
Nel procedimento C‑314/08,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Wojewódzki Sąd Administracyjny w Poznaniu (Polonia) con decisione 30 maggio 2008, pervenuta in cancelleria il 14 luglio 2008, nella causa
Krzysztof Filipiak
contro
Dyrektor Izby Skarbowej w Poznaniu,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, dai sigg. A. Rosas (relatore) e A. Ó Caoimh, giudici,
avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per il governo polacco, dal sig. M. Dowgielewicz, in qualità di agente;
– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. R. Lyal e dalla sig.ra K. Herrmann, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 43 CE e 49 CE.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Filipiak, cittadino polacco soggetto ad un obbligo tributario illimitato in Polonia, e il Dyrektor Izby Skarbowej w Poznaniu (Direttore dell’amministrazione finanziaria di Poznań), vertente sul rifiuto dell’amministrazione finanziaria polacca di accordargli il beneficio di agevolazioni fiscali relative ai contributi previdenziali e di assicurazione malattia versati nel corso dell’esercizio fiscale quando i contributi sono versati in uno Stato membro diverso dallo Stato di imposizione, mentre siffatte agevolazioni fiscali sono concesse al contribuente che ha versato i propri contributi nello Stato membro di imposizione.
Contesto normativo nazionale
3 L’art. 2 della Costituzione polacca dispone quanto segue:
«La Repubblica di Polonia è uno Stato democratico di diritto che realizza i principi della giustizia sociale».
4 Ai sensi dell’art. 8 della Costituzione polacca:
«1. La Costituzione è la legge suprema della Repubblica di Polonia.
2. Il disposto della Costituzione si applica direttamente, a meno che sia diversamente stabilito dalla Costituzione stessa».
5 L’art. 32 della Costituzione polacca prevede:
«1. Tutti sono uguali di fronte alla legge. Tutti hanno diritto ad un pari trattamento da parte dei pubblici poteri.
2. Nessuno può essere discriminato per alcun motivo nella vita politica, sociale od economica».
6 L’art. 91 della Costituzione polacca enuncia:
«1. Un trattato internazionale ratificato, dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica di Polonia, costituisce parte integrante dell’ordinamento giuridico nazionale ed è direttamente applicabile, a meno che la sua applicazione dipenda dalla promulgazione di una legge.
2. Un trattato internazionale ratificato in forza della legge di autorizzazione prevale sulla legge in caso di incompatibilità tra quest’ultima ed il trattato.
3. La normativa emanata da un’organizzazione internazionale è direttamente applicabile, prevalendo, in caso di conflitto, sulle leggi nazionali, qualora lo preveda il Trattato istitutivo dell’organizzazione internazionale ratificato dalla Repubblica di Polonia».
7 Ai sensi dell’art. 188 della Costituzione polacca:
«Il Trybunał Konstytucyjny [Corte costituzionale polacca] decide delle questioni:
1) di conformità delle leggi e dei trattati alla Costituzione,
2) di conformità delle leggi ai trattati ratificati, la cui ratifica esige la previa autorizzazione espressa per legge,
3) della conformità degli atti normativi, emanati dalle autorità centrali dello Stato, alla Costituzione, ai trattati ratificati e alle leggi,
4) della conformità alla Costituzione delle finalità o dell’attività dei partiti politici,
5) del ricorso costituzionale, di cui all’art. 79, n. 1».
8 L’art. 190, nn. 1–4, della Costituzione polacca è formulato come segue:
«1. Le sentenze del Trybunał Konstytucyjny hanno efficacia erga omnes e sono definitive.
(…)
3. La sentenza del Trybunał Konstytucyjny entra in vigore il giorno della pubblicazione, tuttavia il Trybunał può stabilire un diverso termine di perdita dell’efficacia vincolante dell’atto normativo. Tale termine non può eccedere i diciotto mesi se si tratta di legge, i dodici mesi se si tratta di altri atti normativi. (…)
4. La sentenza del Trybunał Konstytucyjny che dichiara la non conformità alla Costituzione, al Trattato o alla legge dell’atto normativo, ai sensi del quale è stata pronunciata una sentenza definitiva, una decisione amministrativa definitiva o una decisione relativa ad altre controversie, determina la ripresa del procedimento, dà luogo all’annullamento della decisione o ad un’altra soluzione in base ai principi e nei modi stabiliti dalle norme relative al procedimento avviato».
9 L’art. 3, n. 1, della legge 26 luglio 1991, relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche [ustawa z dnia 26 lipca 1991 r. o podatku dochodowym od osób fizycznych, Dz. U (Dziennik Ustaw, Gazzetta ufficiale della Repubblica di Polonia) 2000, n. 14, pos. 176; in prosieguo: «la legge relativa all’imposta sul reddito»), che stabilisce il principio dell’obbligo tributario illimitato, prevede quanto segue:
«Le persone fisiche residenti nel territorio polacco sono soggette ad un obbligo fiscale sulla totalità dei loro redditi, indipendentemente dal luogo in cui si trova la fonte di questi ultimi (…)».
10 L’art. 26, n. 1, punto 2, di questa legge dispone quanto segue:
«Fatti salvi gli artt. 24, n. 3, 29‑30 c nonché 30 e, la base di calcolo dell’imposta è data dal reddito accertato in conformità degli artt. 9, 24, nn. 1, 2, 4, 4 a‑4 e, 6 o 24, nn. 1e 2, o 25, dopo deduzione dell’importo:
(…)
2) dei contributi di cui alla legge 13 ottobre 1998 sul regime della previdenza sociale (Dz. U n. 137, pos. 887, con modifiche; in prosieguo: la «legge sul regime previdenziale»):
a) versati nell’esercizio fiscale direttamente alla propria assicurazione per la pensione di vecchiaia, la rendita, la malattia nonché gli infortuni per coprire il contribuente nonché i suoi collaboratori,
b) trattenuti nell’esercizio fiscale sulle risorse del soggetto passivo d’imposta (…)».
11 L’art. 27 b della legge relativa all’imposta sul reddito enuncia:
«1. L’imposta sul reddito, calcolata conformemente agli artt. 27 o 30 c, beneficia in primo luogo della detrazione dell’importo dei contributi di assicurazione malattia di cui alla legge 27 agosto 2004 sulle prestazioni di assistenza sanitaria finanziate mediante risorse pubbliche (ustawa z dnia 27 sierpnia 2004 r. o świadczeniach opieki zdrowotnej finansowanych ze środków publicznych, Dz. U n. 210, posizione 2135; in prosieguo: la «legge sulle prestazioni di assistenza sanitaria»):
1) pagati nell’esercizio fiscale direttamente dal contribuente conformemente alle disposizioni della legge in parola,
2) prelevati nell’esercizio fiscale dal debitore conformemente a tali stesse disposizioni,
(…)
2. L’importo dei contributi di assicurazione malattia detraibile dall’imposta non può superare il 7,75% della base di calcolo dei contributi stessi.
(…)».
Causa principale e questioni pregiudiziali
12 Risulta dalla decisione di rinvio che, all’epoca dello svolgimento dei fatti di cui alla causa principale, il sig. Filipiak, cittadino polacco, esercitava un’attività economica nei Paesi Bassi quale socio di una società di persone di diritto olandese, la cui struttura organizzativa corrispondeva a quella della società in nome collettivo di diritto polacco.
13 Risulta altresì dalla decisione di rinvio che il sig. Filipiak è assoggettato ad un obbligo tributario illimitato in Polonia, il che fa presumere che il suo luogo di residenza si trovi in questo Stato membro, ai sensi dell’art. 3 della legge relativa all’imposta sul reddito.
14 Nei Paesi Bassi il sig. Filipiak pagava i contributi previdenziali e di assicurazione malattia da lui dovuti conformemente alla normativa olandese.
15 Con lettera del 28 giugno 2006 il sig. Filipiak chiedeva al direttore dell’amministrazione finanziaria di Nowy Tomyśl un parere scritto sulla portata e sulle modalità di applicazione della normativa tributaria.
16 Nella sua domanda di parere il sig. Filipiak osserva che le disposizioni della legge relativa all’imposta sul reddito gli impediscono di dedurre dalla base imponibile l’importo dei contributi previdenziali versati nei Paesi Bassi e di detrarre dall’imposta l’importo dei contributi di assicurazione malattia altresì versati nei Paesi Bassi. Egli sostiene che siffatte disposizioni sono discriminatorie e che occorre pertanto applicare direttamente il diritto comunitario disapplicando le suddette disposizioni nazionali.
17 Con decisioni del 2 agosto 2007 il direttore dell’amministrazione finanziaria di Nowy Tomyśl rispondeva alla domanda di parere, considerando infondata la posizione del sig. Filipiak.
18 Egli indicava che, ai sensi dell’art. 26, n. 1, punto 2, della legge relativa all’imposta sul reddito, soltanto i contributi designati nella legge sul regime previdenziale potevano essere dedotti dalla base imponibile e che, ai sensi dell’art. 27 b, n. 1, di questa prima legge, soltanto i contributi di assicurazione malattia di cui alla legge sulle prestazioni di assistenza sanitaria potevano essere detratti dall’imposta. Poiché i contributi versati sul fondamento del diritto olandese non soddisfacevano i criteri stabiliti da tali disposizioni, essi non potevano essere, rispettivamente, dedotti dalla base imponibile e detratti dall’imposta sul reddito in Polonia.
19 Il Dyrektor Izby Skarbowej w Poznaniu, dopo aver esaminato i reclami proposti dinanzi a lui dal sig. Filipiak, confermava le decisioni del direttore dell’amministrazione finanziaria di Nowy Tomyśl del 2 agosto 2007.
20 Il sig. Filipiak impugnava dinanzi al Wojewódzki Sąd Administracyjny w Poznaniu (Tribunale amministrativo provinciale di Poznań) tali decisioni, che egli ritiene contrarie, in particolare, agli artt. 26, n. 1, punto 2, e 27 b, n. 1, della legge relativa all’imposta sul reddito, all’art. 39, n. 2, CE, all’art. 3, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, nella sua versione modificata e aggiornata dal regolamento (CE) del Consiglio 2 dicembre 1996, n. 118/97 (GU 1997, L 28, pag. 1), quale modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 13 aprile 2005, n. 647 (GU L 117, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 1408/71»), e a diverse disposizioni della Costituzione polacca.
21 Il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Poznaniu considera che nel caso di specie non sono riscontrabili gli estremi di una violazione della libera circolazione dei lavoratori sancita all’art. 39 CE. Esso sottolinea al riguardo che il ricorrente della causa principale, partecipando quale imprenditore ad una società in nome collettivo con sede nei Paesi Bassi, esercita un’attività per proprio conto e non opera agli ordini o sotto il controllo di un’altra persona. Non può pertanto essere considerato un «lavoratore» ai sensi dell’art. 39 CE.
22 Il giudice del rinvio considera indispensabile valutare se le disposizioni controverse siano conformi ad una disposizione non richiamata dal sig. Filipiak, vale a dire l’art. 43 CE, dal momento che esse escludono che un contribuente soggetto in Polonia ad un obbligo tributario illimitato sulla totalità dei redditi e che esercita un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro possa dedurre dalla sua base imponibile l’importo dei contributi obbligatori previdenziali versati nei Paesi Bassi e detrarre dalla sua imposta sul reddito l’importo dei contributi obbligatori di assicurazione malattia altresì versati nei Paesi Bassi, anche nel caso in cui tali contributi non siano stati dedotti dal reddito o detratti dall’imposta in quest’ultimo Stato membro.
23 Tale giudice indica che il Trybunał Konstytucyjny si è già pronunciato sulla questione della conformità degli artt. 26, n. 1, punto 2, e 27 b della legge relativa all’imposta sul reddito alla Costituzione polacca.
24 Infatti, con la sentenza 7 novembre 2007 (K 18/06, Dz. U del 2007, n. 211, pos. 1549), il Trybunał Konstytucyjny ha dichiarato che, poiché le disposizioni tributarie controverse negano ai contribuenti di cui all’art. 27, n. 9, della legge relativa all’imposta sul reddito la possibilità di dedurre dai loro redditi e detrarre dalle imposte da essi dovute per un’attività svolta al di fuori dei confini della Polonia i contributi previdenziali e di assicurazione malattia nel caso in cui detti contributi non siano stati dedotti dal reddito o detratti dall’imposta nello Stato membro nel cui territorio tale attività è stata esercitata, esse non sono conformi al principio di uguaglianza dinanzi alla legge sancito all’art. 32 della Costituzione polacca, in combinato con il principio di giustizia sociale, previsto dall’art. 2 della Costituzione stessa.
25 Nella medesima sentenza, in applicazione dell’art. 190, n. 3, della Costituzione polacca, il Trybunał Konstytucyjny ha deciso di spostare la data in cui le disposizioni che egli dichiara incostituzionali perderanno ogni efficacia vincolante ad una data successiva a quella della pubblicazione di tale sentenza, vale a dire al 30 novembre 2008.
26 In tale contesto il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Poznaniu ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la normativa derivante dall’art. 43, nn. 1 e 2, CE debba essere interpretata nel senso che essa osta all’art. 26, n. 1, punto 2, della legge [relativa all’imposta sul reddito], che limita il diritto alla deduzione dalla base imponibile dell’imposta sul reddito esclusivamente all’importo dei contributi previdenziali obbligatori versati sul fondamento delle disposizioni di diritto nazionale, nonché all’art. 27 b, n. 1, della stessa legge, che limita il diritto alla detrazione dall’imposta sul reddito all’importo dei contributi obbligatori di assicurazione malattia, versati esclusivamente sul fondamento delle disposizioni di diritto nazionale, in una situazione in cui un cittadino polacco, soggetto ad un obbligo tributario illimitato in Polonia, su redditi assoggettati all’imposta in Polonia, ha versato contributi obbligatori previdenziali e di assicurazione malattia in un altro Stato membro a titolo di un’attività economica ivi esercitata e siffatti contributi non siano stati dedotti dal reddito o detratti dall’imposta in quest’altro Stato membro.
2) Se il principio del primato del diritto comunitario e il principio risultante dagli artt. 10 CE e 43, nn. 1 e 2, CE vadano interpretati nel senso che prevalgono sulle disposizioni nazionali di cui agli artt. 91, nn. 2 e 3, nonché 190, nn. 1 e 3, della Costituzione polacca (…) nella misura in cui sul loro fondamento è stata ritardata l’entrata in vigore di una sentenza del Trybunał Konstytucyjny».
Sulla ricevibilità
Osservazioni presentate alla Corte
27 Il governo polacco manifesta dubbi quanto alla possibilità della Corte di decidere in merito alle questioni sollevate dal giudice nazionale.
28 Tale governo rileva in proposito che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta e le questioni pregiudiziali poste dal giudice del rinvio non sono sufficientemente connesse all’oggetto della controversia della causa principale. Il presupposto secondo cui la decisione della Corte deve rivelarsi indispensabile per consentire al giudice del rinvio di giudicare la causa di cui è investito non sarebbe soddisfatto. Infatti, l’esame degli elementi di fatto e di diritto esposti dal giudice del rinvio porterebbe a concludere che la controversia potrebbe, anzi dovrebbe, essere esaminata esclusivamente in base alle disposizioni del diritto nazionale.
29 Il governo polacco osserva al riguardo che, con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio intende stabilire se, nel decidere sulla controversia di cui alla causa principale, debba tener conto delle disposizioni controverse della legge relativa all’imposta sul reddito, dal momento che queste ultime pregiudicano il diritto del contribuente, rispettivamente, di dedurre dal reddito o di detrarre dall’imposta, in Polonia, i contributi previdenziali e di assicurazione malattia versati all’estero.
30 Orbene, nella sua sentenza 7 novembre 2007, il Trybunał Konstytucyjny avrebbe già risposto a tale questione, in quanto già si sarebbe pronunciato sul fatto che, nella situazione di cui alla causa principale, il contribuente deve avere la possibilità di dedurre dal reddito l’importo dei contributi previdenziali e detrarre dall’imposta i contributi di assicurazione malattia.
31 Secondo il governo polacco, la sentenza 7 novembre 2007 del Trybunał Konstytucyjny, che dichiara la non conformità delle disposizioni legislative di cui trattasi alla Costituzione polacca, ha l’effetto di renderle inapplicabili da parte dei giudici, vale a dire di escluderle completamente dall’ordinamento giuridico.
32 Il fatto che, nella sua sentenza 7 novembre 2007, il Trybunał Konstytucyjny abbia rinviato la data in cui le disposizioni incostituzionali avrebbero perso la loro efficacia vincolante, non comporterebbe l’obbligo di applicare sino alla data specificata dal Trybunał Konstytucyjny le disposizioni qualificate incostituzionali. Non si potrebbe pretendere che fino a tale data le disposizioni controverse siano considerate conformi alla Costituzione e che, a partire da tale data, esse debbano essere considerate incostituzionali.
33 Il governo polacco ritiene, di conseguenza, che il giudice del rinvio debba applicare gli artt. 26, n. 1, punto 2, e 27 b, n. 1, della legge relativa all’imposta sul reddito tenendo conto dell’interpretazione di tali disposizioni alla luce della Costituzione polacca. Nella fattispecie di cui alla causa principale, il giudice del rinvio dovrebbe, basandosi sull’interpretazione effettuata dal Trybunał Konstytucyjny e sui principi di uguaglianza in diritto e di giustizia sociale, rifiutare l’applicazione delle disposizioni controverse dal momento che esse escludono in assoluto la deduzione dei contributi previdenziali e la detrazione dei contributi di assicurazione malattia nel caso in cui tali contributi non siano stati dedotti dal reddito o detratti dall’imposta nello Stato membro dell’Unione europea sul cui territorio è stata esercitata l’attività economica e sono stati versati i contributi.
34 Non sarebbe conseguentemente necessario, al fine di statuire sulla controversia di cui alla causa principale, rispondere alla questione se l’art. 43 CE osti a disposizioni quali quelle controverse nella causa principale.
35 Riguardo alla seconda questione pregiudiziale, l’interpretazione del diritto comunitario chiesta dal giudice del rinvio non sarebbe necessaria per decidere la controversia di cui esso è investito, tenuto conto del carattere evidente di tale interpretazione.
36 Il governo polacco rileva che il giudice del rinvio sembra partire dal principio che il rinvio della perdita dell’efficacia vincolante delle disposizioni controverse nella causa principale, combinato con il principio del carattere definitivo delle decisioni del Trybunał Konstytucyjny, non gli consente di verificare la conformità delle disposizioni controverse al diritto comunitario e di rifiutare l’applicazione di tali disposizioni nel caso in cui esso concludesse nel senso della loro incompatibilità con il diritto comunitario.
37 Orbene, il governo polacco ritiene che una siffatta posizione non sia corretta, tenuto conto del carattere autonomo dei due diversi controlli giurisdizionali, vale a dire il controllo della conformità delle disposizioni controverse alla Costituzione polacca e il controllo della conformità di queste stesse disposizioni al diritto comunitario.
38 La decisione del Trybunał Konstytucyjny che rinvia la perdita di efficacia vincolante delle disposizioni qualificate incostituzionali non osterebbe al controllo giurisdizionale della conformità al diritto comunitario di tali disposizioni e, in caso di conflitto di norme, non esonererebbe il giudice del rinvio dall’obbligo di astenersi dall’applicare le suddette disposizioni nell’ipotesi in cui esse fossero considerate non conformi al diritto comunitario. Infatti l’art. 91 della Costituzione polacca imporrebbe al giudice nazionale l’obbligo di disapplicare una norma di diritto nazionale contraria al diritto comunitario.
39 Di conseguenza, secondo il governo polacco, indipendentemente dalla possibilità di disapplicare le disposizioni controverse qualificate incostituzionali, il giudice del rinvio il quale conclude che tali disposizioni sono incompatibili con l’art. 43 CE, avrebbe ogni potere, in via autonoma, di rifiutarne l’applicazione nella risoluzione della controversia, sul fondamento del diritto nazionale ed eventualmente della giurisprudenza della Corte di giustizia relativa al principio del primato del diritto comunitario.
Giudizio della Corte
40 Si deve rilevare che, secondo una costante giurisprudenza, nell’ambito del procedimento istituito dall’art. 234 CE, spetta esclusivamente al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale vertono sull’interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v., in particolare, sentenze 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I‑2099, punto 38, e 23 aprile 2009, causa C‑544/07, Rüffler, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 36).
41 Tuttavia la Corte ha anche affermato che, in ipotesi eccezionali, le spetta esaminare le condizioni in cui è adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza (v., in questo senso, sentenze 16 dicembre 1981, causa 244/80, Foglia, Racc. pag. 3045, punto 21; PreussenElektra, cit., punto 39, e Rüffler, cit., punto 37).
42 La Corte può rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale solo qualora risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure nel caso in cui la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v. citate sentenze PreussenElektra, punto 39, e Rüffler, punto 38).
43 Al riguardo si deve constatare che risulta chiaramente dalla decisione di rinvio che, indipendentemente dalla questione della costituzionalità delle disposizioni controverse nella causa principale, la controversia della causa principale e la prima questione pregiudiziale vertono sulla compatibilità con il diritto comunitario di una normativa in forza della quale vengono negati il diritto ad una detrazione dall’imposta dei contributi di assicurazione malattia versati, nonché il diritto di dedurre dalla base imponibile i contributi previdenziali pagati, quando tali contributi sono stati versati in un altro Stato membro.
44 La seconda questione costituisce una prosecuzione della prima e con essa si interroga la Corte in merito alle conseguenze, per il giudice nazionale, derivanti dalla constatazione di un’eventuale incompatibilità con il diritto comunitario delle disposizioni peraltro dichiarate non conformi alla Costituzione. Essa mira a che sia chiarito, in sostanza, se, qualora l’art. 43 CE osti a disposizioni quali quelle controverse nella causa principale, il primato del diritto comunitario imponga al giudice nazionale di applicare il diritto comunitario e disapplicare le disposizioni nazionali controverse, e ciò prima ancora che acquisti efficacia la sentenza 7 novembre 2007 del Trybunał Konstytucyjny con la quale quest’ultimo ha dichiarato tali disposizioni non conformi ad alcune disposizioni della Costituzione polacca.
45 Tenuto conto di quanto precede, non risulta manifestamente che l’interpretazione richiesta non abbia alcun nesso con l’effettività o l’oggetto della controversia di cui alla causa principale, che il problema sia di natura ipotetica o ancora che la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per risolvere in modo utile le questioni sottopostele.
46 Le questioni sollevate sono pertanto ricevibili.
Nel merito
Sulla prima questione
47 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 43 CE osti ad una normativa nazionale in forza della quale un contribuente può ottenere, da un lato, che l’importo dei contributi previdenziali pagati nel corso dell’esercizio fiscale sia dedotto dalla base imponibile e, dall’altro, che i contributi di assicurazione malattia versati in questo periodo siano detratti dall’imposta sul reddito da questi dovuta unicamente qualora i suddetti contributi siano versati nello Stato membro di imposizione, mentre tali agevolazioni vengono negate nel caso in cui tali contributi siano versati in un altro Stato membro.
Osservazioni presentate alla Corte
48 La posizione del governo polacco rispetto alla prima questione può essere dedotta in sostanza dalle osservazioni da esso presentate dal punto di vista della ricevibilità, esposte ai punti 29‑33 della presente sentenza.
49 Secondo la Commissione delle Comunità europee, la descrizione effettuata dal giudice del rinvio della situazione del sig. Filipiak induce a pensare che il ricorrente nella causa principale abbia potuto personalmente esercitare funzioni connesse all’attività di tale società ed esercitare un controllo. La sua situazione rientrerebbe dunque a prima vista nell’ambito di applicazione dell’art. 43 CE. Tuttavia l’art. 49 CE potrebbe altresì essere pertinente per definire la controversia portata dinanzi al giudice nazionale in quanto non si potrebbe escludere che il sig. Filipiak, residente in Polonia, presti altresì alcuni servizi sul territorio olandese.
50 La Commissione sostiene che le disposizioni controverse nella causa principale, che escludono il diritto dei soggetti passivi residenti a vantaggi fiscali relativi a contributi previdenziali obbligatori, quando tali contributi sono stati versati in uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Polonia, comportano una restrizione non oggettivamente giustificata sia dell’art. 43 CE, sia dell’art. 49 CE.
Risposta della Corte
51 Si deve osservare che, nella formulazione della prima questione, il giudice del rinvio limita la sua domanda di interpretazione dell’art. 43 CE al solo caso in cui i contributi obbligatori previdenziali e di assicurazione malattia pagati in uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Polonia non siano stati, rispettivamente, dedotti dal reddito o detratti dall’imposta in quest’altro Stato membro. Si risponderà pertanto alla questione in base alla premessa che i contributi obbligatori pagati nei Paesi Bassi da parte di un contribuente quale il sig. Filipiak non hanno potuto essere dedotti dal reddito o detratti dall’imposta in quest’altro Stato membro.
– Sulle disposizioni del Trattato CE applicabili
52 Secondo una consolidata giurisprudenza, la nozione di «stabilimento» ai sensi dell’art. 43 CE è molto ampia e implica la possibilità, per un cittadino comunitario, di partecipare, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine (sentenze 30 novembre 1995, causa C‑55/94, Gebhard, Racc. pag. I‑4165, punto 25, e 7 settembre 2006, causa C‑470/04, N, Racc. pag. I‑7409, punto 26). Può quindi avvalersi della libertà di stabilimento il cittadino comunitario che risieda in uno Stato membro e che detenga nel capitale di una società stabilita in un altro Stato membro una partecipazione tale da conferirgli una sicura influenza sulle decisioni della società e da consentirgli di indirizzarne le attività (v., in tal senso, sentenze N, cit., punto 27; 29 marzo 2007, causa C‑347/04, Rewe Zentralfinanz, Racc. pag. I‑2647, punti 22 e 70, nonché 2 ottobre 2008, causa C‑360/06, Heinrich Bauer Verlag, Racc. pag. I‑7333, punto 27).
53 Come ha sottolineato la Commissione, la situazione di un contribuente quale il sig. Filipiak, socio di una società di persone di diritto olandese la cui struttura organizzativa corrisponde a quella della società in nome collettivo di diritto polacco, induce a ritenere che tale contribuente abbia potuto personalmente esercitare funzioni connesse all’attività economica di questa società e che egli eserciti un controllo su tale attività.
54 La decisione di rinvio non indica tuttavia se la situazione del sig. Filipiak rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 43 CE ai sensi della giurisprudenza della Corte, vale a dire se egli detenga nella società con sede in un altro Stato membro una partecipazione tale da consentirgli di esercitare una sicura influenza sulle decisioni della suddetta società e di indirizzarne le attività. Spetta in ogni caso al giudice nazionale valutare se tale fattispecie ricorra e se la situazione del sig. Filipiak rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 43 CE.
55 Peraltro, come ha sottolineato la Commissione, la decisione di rinvio non indica se un contribuente, quale il sig. Filipiak, oltre ad esercitare un controllo sull’attività economica della società olandese di cui è socio, presti anche servizi sul territorio olandese.
56 Conseguentemente, se una tale situazione può avere rilievo ai fini dell’art. 43 CE, essa può del pari rientrare nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi, poiché non si può escludere che il sig. Filipiak, contribuente residente in Polonia, non soltanto eserciti un controllo sull’attività economica della società olandese di cui è socio, ma, inoltre, presti servizi sul territorio olandese.
57 La situazione di un contribuente quale il sig. Filipiak può, di conseguenza, essere esaminata alla luce del principio della libertà di stabilimento sancito all’art. 43 CE e del principio della libera prestazione dei servizi di cui all’art. 49 CE.
– Sull’esistenza di una restrizione alle libertà di circolazione
58 Da una giurisprudenza costante risulta che l’insieme delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle persone è volto a facilitare, ai cittadini comunitari, l’esercizio di attività professionali di qualsivoglia natura sul territorio della Comunità europea ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendano svolgere un’attività economica sul territorio di un altro Stato membro (v., in particolare, sentenze 17 gennaio 2008, causa C‑152/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑39, punto 21, e 16 ottobre 2008, causa C‑527/06, Renneberg, Racc. pag. I‑7735, punto 43).
59 Ai sensi di una giurisprudenza consolidata, la libertà di stabilimento, attribuita ai cittadini degli Stati membri e che implica per essi l’accesso alle attività non subordinate ed il loro esercizio alle stesse condizioni previste dalle leggi dello Stato membro per i propri cittadini, comprende, ai sensi dell’art. 48 CE, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale nel territorio della Comunità, il diritto di svolgere la loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (v. sentenze 17 gennaio 2008, causa C‑105/07, Lammers & Van Cleeff, Racc. pag. I‑173, punto 18, nonché 23 aprile 2009, causa C‑406/07, Commissione/Grecia, punto 36).
60 La Corte ha inoltre più volte indicato che le disposizioni in tema di libertà di stabilimento, anche se, così come formulate, mirino in special modo ad assicurare il beneficio della disciplina nazionale dello Stato membro ospitante, ostano parimenti a che lo Stato membro di origine ostacoli lo stabilimento in un altro Stato membro di un proprio cittadino o di una società costituita secondo la propria legislazione e corrispondente, peraltro, alla definizione dell’art. 48 CE (v. sentenze 13 aprile 2000, causa C‑251/98, Baars, Racc. pag. I‑2787, punto 28; 11 marzo 2004, causa C‑9/02, de Lasteyrie du Saillant, Racc. pag. I‑2409, punto 42, e Heinrich Bauer Verlag, cit., punto 26).
61 Peraltro l’art. 49 CE osta all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale che produca l’effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione di servizi puramente interna a uno Stato membro (sentenze 11 settembre 2007, causa C‑318/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑6957, punto 81; 18 dicembre 2007, causa C‑281/06, Jundt, Racc. pag. I‑12231, punto 52, nonché 11 giugno 2009, cause riunite C‑155/08 e C‑157/08, X e Passenheim-van Schoot, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32).
62 Restrizioni vietate dagli artt. 43 CE e 49 CE esistono in particolare quando disposizioni fiscali di uno Stato membro che si applicano ad attività economiche oltre frontiera sono meno vantaggiose di quelle che si applicano ad un’attività economica esercitata all’interno dei confini di tale Stato membro.
63 In una controversia come quella della causa principale, l’art. 26, n. 1, punto 2, della legge relativa all’imposta sul reddito permette ai contribuenti soggetti ad obbligo tributario in Polonia di dedurre dalla loro base di reddito imponibile l’importo dei contributi obbligatori previdenziali versati ai sensi della legge sul regime previdenziale. L’art. 27 b della legge relativa all’imposta sul reddito permette ai contribuenti soggetti ad obbligo tributario in Polonia di detrarre dall’importo della loro imposta sul reddito l’importo dei contributi obbligatori di assicurazione malattia versati conformemente alla legge sulle prestazioni di assistenza sanitaria.
64 Si deve osservare che il sig. Filipiak, contribuente polacco che esercita la sua attività economica quale socio di una società di persone con sede in uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Polonia, è soggetto al pagamento dei contributi previdenziali e di assicurazione malattia obbligatori nei Paesi Bassi e non in Polonia. Infatti, ai sensi dell’art. 13, n. 2, lett. b), del regolamento n. 1408/71, la persona che esercita un’attività autonoma nel territorio di uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro. Ai sensi del n. 1 di questo stesso articolo, in materia previdenziale una persona è soggetta alla legislazione di un solo Stato membro.
65 Il giudice del rinvio ha peraltro indicato che i contributi previdenziali e di assicurazione malattia pagati dal sig. Filipiak in base alla normativa olandese sono identici, quanto alla loro natura e alla loro finalità, ai contributi versati dai contribuenti polacchi ai sensi della normativa polacca sul regime di previdenza sociale e sul finanziamento pubblico delle prestazioni di assistenza sanitaria.
66 Una normativa quale quella oggetto della causa principale pone in essere una disparità di trattamento tra contribuenti residenti, a seconda che i contributi di assicurazione malattia detraibili dall’importo dell’imposta sul reddito dovuta in Polonia o i contributi previdenziali deducibili dalla base imponibile in Polonia siano stati versati o meno nell’ambito dei regimi nazionali obbligatori di assicurazione malattia o previdenziali.
67 Ne consegue che ogni contribuente residente in Polonia, ma che esercita la sua attività economica in un altro Stato membro nel quale è soggetto a regimi di previdenza sociale e di assicurazione malattia obbligatori, non potrà, in Polonia, dedurre l’importo dei contributi che versa dalla sua base imponibile o detrarlo dall’imposta dovuta. Egli sarà quindi trattato in maniera meno favorevole rispetto ad ogni altro contribuente residente in Polonia, ma che limiti la sua attività economica all’interno dei confini di questo Stato, versando i suoi contributi obbligatori previdenziali e di assicurazione malattia al competente organismo pubblico polacco.
68 Orbene, per quanto riguarda l’imposizione dei redditi dei contribuenti residenti in Polonia, si deve rilevare che questi ultimi non si trovano oggettivamente in situazioni diverse tali da giustificare una siffatta disparità di trattamento in base al luogo di versamento dei contributi.
69 Infatti la situazione di un contribuente come il sig. Filipiak, che risiede in Polonia e esercita un’attività economica in un altro Stato membro, nel quale è affiliato ai regimi obbligatori di assicurazione malattia e di previdenza sociale, e quella di un contribuente anch’egli residente in Polonia, ma che esercita la sua attività professionale in questo stesso Stato, nel quale è affiliato ai regimi nazionali di assicurazione malattia e di previdenza sociale, sono analoghe per quanto riguarda i principi di imposizione, in quanto in Polonia entrambi i contribuenti sono soggetti ad un obbligo tributario illimitato.
70 Pertanto l’imposizione dei loro redditi in tale Stato membro dovrebbe essere effettuata secondo gli stessi principi e quindi sulla base dei medesimi vantaggi fiscali.
71 Di conseguenza il rifiuto di concedere al contribuente residente il diritto sia di dedurre dalla base imponibile in Polonia l’importo dei contributi obbligatori previdenziali versati in un altro Stato membro, sia di detrarre dall’imposta dovuta in questo Stato membro i contributi obbligatori di assicurazione malattia versati in uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Polonia, può dissuadere tale contribuente dall’esercizio delle libertà di stabilimento e di prestazione di servizi sancite agli artt. 43 CE e 49 CE, e costituisce una restrizione a tali libertà (v., in tal senso, riguardo all’art. 18 CE, sentenza Rüffler, cit., punti 72 e 73).
72 Risulta dalla giurisprudenza costante della Corte che disposizioni nazionali che possano scoraggiare o dissuadere dall’esercizio delle libertà fondamentali garantite dagli artt. 43 CE e 49 CE possono tuttavia essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale.
73 Orbene, nessuna eventuale giustificazione è stata invocata da parte del governo polacco, né è stata contemplata dal giudice del rinvio.
74 Tenuto conto delle considerazioni che precedono, la prima questione deve essere risolta nel senso che gli artt. 43 CE et 49 CE ostano ad una normativa nazionale in forza della quale un contribuente residente può ottenere, da un lato, che l’importo dei contributi previdenziali pagati nel corso dell’esercizio fiscale sia dedotto dalla base imponibile e, dall’altro, che i contributi di assicurazione malattia versati in questo periodo siano detratti dall’imposta sul reddito da questi dovuta, unicamente qualora i suddetti contributi siano versati nello Stato membro di imposizione, mentre tali agevolazioni vengono negate nel caso in cui tali contributi siano pagati in un altro Stato membro, quand’anche essi non siano stati oggetto di deduzione dal reddito o detrazione dall’imposta in quest’ultimo Stato membro.
Sulla seconda questione
75 Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, nell’ipotesi in cui la prima questione sia stata risolta nel senso che l’art. 43 CE e/o l’art. 49 CE ostano a disposizioni nazionali quali quelle controverse nella causa principale, se, in tal caso, il primato del diritto comunitario imponga al giudice nazionale di applicare il diritto comunitario e disapplicare le disposizioni nazionali controverse nell’ambito della controversia di cui è investito, indipendentemente dalla sentenza del giudice costituzionale nazionale che ha deciso il rinvio della perdita di efficacia vincolante delle stesse disposizioni, dichiarate incostituzionali.
Osservazioni presentate alla Corte
76 La posizione del governo polacco rispetto alla seconda questione può essere dedotta in sostanza dalle osservazioni da esso presentate riguardo alla ricevibilità, esposte ai punti 36‑39 della presente sentenza.
77 La Commissione rileva che la seconda questione è intesa ad accertare se il principio del primato del diritto comunitario, nonché gli artt. 10 CE e 43 CE, ostino all’applicazione delle disposizioni di diritto nazionale che consentono al Trybunał Konstytucyjny di rinviare, in una delle sue sentenze, la data in cui un atto normativo nazionale, da esso dichiarato incostituzionale nella stessa sentenza, perderà la sua validità.
78 La Commissione ritiene che non vi sia un nesso tra la seconda questione e la soluzione della controversia di cui alla causa principale. Nel caso del sig. Filipiak, la posticipazione, disposta dal Trybunał Konstytucyjny, della data in cui le disposizioni controverse perderanno la loro validità non impedisce al giudice del rinvio, in conformità al principio del primato del diritto comunitario, di disapplicare le suddette disposizioni.
79 La Commissione ne deduce che la possibilità, in base all’art. 190, n. 3, della Costituzione polacca, di rinviare la data in cui le disposizioni controverse perderanno la loro validità, possibilità di cui ha fatto uso il Trybunał Konstytucyjny nella sua sentenza 7 novembre 2007, non viola il principio del primato del diritto comunitario, né gli artt. 10 CE e 43 CE, in quanto non è contraria all’obbligo, per le autorità amministrative nazionali e per i giudici nazionali, di disapplicare le disposizioni di diritto nazionale contrarie all’art. 43 CE.
80 La Commissione sostiene quindi che il principio del primato del diritto comunitario e gli artt. 10 CE e 43 CE devono essere interpretati nel senso che essi non ostano all’applicazione delle disposizioni di diritto nazionale che consentono al Trybunał Konstytucyjny di rinviare, in una sentenza, la data in cui disposizioni di diritto nazionale che esso ha dichiarato incostituzionali in questa stessa sentenza perderanno la loro efficacia vincolante.
Risposta della Corte
81 Secondo una giurisprudenza costante, il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le norme di diritto comunitario ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (v., in tal senso, sentenze 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, Racc. pag. 629, punto 24; 4 giugno 1992, cause riunite C‑13/91 e C‑113/91, Debus, Racc. pag. I‑3617, punto 32; 18 luglio 2007, causa C‑119/05, Lucchini, Racc. pag. I‑6199, punto 61, nonché 27 ottobre 2009, causa C‑115/08, ČEZ, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 138).
82 In forza del principio del primato del diritto comunitario, il conflitto tra una disposizione normativa nazionale e una disposizione del Trattato direttamente applicabile si risolve, per un giudice nazionale, con l’applicazione del diritto comunitario, disapplicando, se necessario, la disposizione nazionale confliggente, e non dichiarando la nullità della disposizione nazionale, in quanto la competenza al riguardo degli organi e dei giudici è riservata a ciascuno Stato membro.
83 In tale contesto si deve ricordare che la Corte ha già dichiarato che l’incompatibilità con il diritto comunitario di una norma di diritto nazionale successiva non ha l’effetto di rendere quest’ultima inesistente. Posto di fronte a una situazione del genere, il giudice nazionale è obbligato a disapplicare tale norma, fermo restando che quest’obbligo non limita il potere dei giudici nazionali competenti di applicare, tra i vari mezzi offerti dall’ordinamento interno, quelli che appaiono loro più appropriati per tutelare i diritti attribuiti agli individui dal diritto comunitario (sentenza 22 ottobre 1998, cause riunite da C‑10/97 a C‑22/97, IN.CO.GE.’90 e a., Racc. pag. I‑6307, punto 21).
84 Ne risulta che, in una situazione come quella del ricorrente nella causa principale, il rinvio, da parte del Trybunał Konstytucyjny, della data in cui le disposizioni controverse perderanno la loro efficacia vincolante non impedisce al giudice del rinvio, conformemente al principio del primato del diritto comunitario, di disapplicare tali disposizioni nell’ambito della causa di cui è investito qualora le consideri contrarie al diritto comunitario.
85 Dal momento che, come risulta dal punto 74 della presente sentenza, la prima questione è stata risolta nel senso che gli artt. 43 CE e 49 CE ostano a disposizioni nazionali quali quelle controverse nella causa principale, si deve risolvere la seconda questione nel senso che, in tali circostanze, il primato del diritto comunitario impone al giudice nazionale di applicare il diritto comunitario e disapplicare le disposizioni nazionali contrarie, indipendentemente dalla sentenza del giudice costituzionale nazionale che ha deciso di rinviare la perdita dell’efficacia vincolante delle stesse disposizioni, dichiarate incostituzionali.
Sulle spese
86 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
1) Gli artt. 43 CE et 49 CE ostano ad una normativa nazionale in forza della quale un contribuente residente può ottenere, da un lato, che l’importo dei contributi previdenziali pagati nel corso dell’esercizio fiscale sia dedotto dalla base imponibile e, dall’altro, che i contributi di assicurazione malattia versati in questo periodo siano detratti dall’imposta sul reddito da questi dovuta, unicamente qualora i suddetti contributi siano versati nello Stato membro di imposizione, mentre tali agevolazioni vengono negate nel caso in cui tali contributi siano pagati in un altro Stato membro, quand’anche essi non siano stati oggetto di deduzione dal reddito o detrazione dall’imposta in quest’ultimo Stato membro.
2) In tali circostanze, il primato del diritto comunitario impone al giudice nazionale di applicare il diritto comunitario e disapplicare le disposizioni nazionali contrarie, indipendentemente dalla sentenza del giudice costituzionale nazionale che ha deciso di rinviare la perdita dell’efficacia vincolante delle stesse disposizioni, dichiarate incostituzionali.
Firme
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* Lingua processuale: il polacco.