Corte di giustizia, pensionamento d’ufficio a 68 anni dei professori universitari, conclusione di contratti di lavoro a tempo determinato oltre i 65 anni, giustificazione delle disparità di trattamento basate sull’età

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

18 novembre 2010 (*)

«Direttiva 2000/78/CE – Art. 6, n. 1 – Divieto di discriminazione basata sull’età – Professori universitari – Disposizione nazionale che prevede la conclusione di contratti di lavoro a tempo determinato oltre i 65 anni – Pensionamento d’ufficio a 68 anni – Giustificazione delle disparità di trattamento basate sull’età»

Nei procedimenti riuniti C‑250/09 e C‑268/09,

aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Rayonen sad Plovdiv (Tribunale distrettuale della Bulgaria), con decisioni 23 giugno 2009, pervenute in cancelleria rispettivamente il 6 e il 10 luglio 2009 nelle cause

Vasil Ivanov Georgiev

contro

Tehnicheski universitet – Sofia, filial Plovdiv,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente di sezione, dai sigg. A Arabadjiev, A. Rosas, A. Ó Caoimh e dalla sig.ra P. Lindh (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig. A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

– per il sig. Georgiev, dagli avv.ti K. Boncheva e G. Chernicherska, advokati,

– per la Tehnicheski universitet – Sofia, filial Plovdiv, dal sig. K. Iliev, in qualità di agente,

– per il governo bulgaro, dal sig. T. Ivanov e dalla sig.ra E. Petranova, in qualità di agenti,

– per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e J. Möller, in qualità di agenti,

– per il governo slovacco, dalla sig.ra B. Ricziová, in qualità di agente,

– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. J. Enegren e dalla sig.ra N. Nikolova, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 settembre 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’art. 6, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303, pag. 16).

2 Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie sorte tra il sig. Georgiev e la Tehnicheski universitet – Sofia, filial Plovdiv (Università tecnica di Sofia – sede distaccata di Plovdiv, in prosieguo: l’«Università») avente ad oggetto, da un lato, la sua assunzione con contratto a tempo determinato a partire dall’età di 65 anni e, dall’altro, il suo pensionamento d’ufficio a 68 anni.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

La direttiva 2000/78

3 Il venticinquesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/78 sancisce quanto segue:

«Il divieto di discriminazione basata sull’età costituisce un elemento essenziale per il perseguimento degli obiettivi definiti negli orientamenti in materia di occupazione e la promozione della diversità nell’occupazione. Tuttavia in talune circostanze, delle disparità di trattamento in funzione dell’età possono essere giustificate e richiedono pertanto disposizioni specifiche che possono variare secondo la situazione degli Stati membri. È quindi essenziale distinguere tra le disparità di trattamento che sono giustificate, in particolare, da obiettivi legittimi di politica dell’occupazione, mercato del lavoro e formazione professionale, e le discriminazioni che devono essere vietate».

4 Ai sensi del suo art. 1, la citata direttiva «mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».

5 L’art. 2, nn. 1 e 2, lett. a), della medesima direttiva prevede quanto segue:

«1. Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.

2. Ai fini del paragrafo 1:

a) sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga».

6 L’art. 3 della direttiva 2000/78, intitolato «Campo d’applicazione», prevede, al suo n. 1, lett. c):

«Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:

(…)

c) all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione».

7 L’art. 6, n. 1, della direttiva dispone quanto segue:

«Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.

Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare:

a) la definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, onde favorire l’inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi;

b) la fissazione di condizioni minime di età, di esperienza professionale o di anzianità di lavoro per l’accesso all’occupazione o a taluni vantaggi connessi all’occupazione;

c) la fissazione di un’età massima per l’assunzione basata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o la necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento».

L’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato

8 La clausola 5, n. 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43) è formulata come segue:

«Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:

a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti».

La normativa nazionale

9 Il codice del lavoro bulgaro [DV (Gazzetta ufficiale bulgara) n. 26 del 1° aprile 1986), nella versione modificata e pubblicata sulla DV n. 105 del 29 dicembre 2005 (in prosieguo: il «codice del lavoro») prevede, al suo art. 68, nn. 1, punto 1, e 4, le seguenti disposizioni:

«1) Il contratto di lavoro a tempo determinato è concluso:

1. per un periodo determinato che non può eccedere i tre anni salvo disposizione contraria contenuta in una legge o in un atto emanato dal consiglio dei ministri;

(…)

4) In deroga a quanto previsto dal primo paragrafo, punto 1, un contratto di lavoro a tempo determinato per un periodo di almeno un anno può essere concluso per svolgere lavori o attività che non abbiano natura temporanea, stagionale o siano di breve durata. Un siffatto contratto di lavoro può anche essere concluso per un periodo più breve su richiesta scritta del lavoratore o dell’impiegato. In tal caso, il contratto di lavoro a tempo determinato di cui al primo paragrafo, punto 1, concluso con lo stesso lavoratore o impiegato per lo stesso lavoro può essere rinnovato un’unica volta per un periodo di almeno un anno».

10 L’art. 325, n. 3, del codice del lavoro prevede che il contratto di lavoro prende fine senza preavviso delle parti alla scadenza del termine in esso stabilito.

11 Ai sensi dell’art. 328 del codice del lavoro:

«1) Il datore di lavoro può porre fine al contratto di lavoro mediante preavviso scritto inviato al lavoratore o all’impiegato entro i termini previsti dall’art. 326, n. 2, nei seguenti casi:

(…)

10. Nel momento in cui viene acquisito il diritto alla pensione di vecchiaia e, per i professori, i docenti e gli assistenti di livello I e II nonché i dottori di ricerca, al raggiungimento dell’età di 65 anni;

(…)».

12 La legge bulgara sulla formazione universitaria (DV n. 112 del 27 dicembre 1995), nella sua versione modificata e pubblicata nella DV n. 103 del 23 dicembre 2005, dispone, al n. 11 delle disposizioni transitorie e finali:

«Su proposta del Consiglio di cattedra e del Consiglio della sede principale e/o della sede distaccata, a seguito di decisione del Consiglio accademico, sono prorogabili per periodi di un anno fino ad un massimo di tre anni, al raggiungimento dell’età prevista dall’art. 328, n. 1, decimo comma, del codice del lavoro, i contratti di lavoro conclusi con soggetti in possesso dell’abilitazione che ricoprono la carica di “professore” nonché per periodi di un anno fino ad un massimo di due anni i contratti conclusi con soggetti in possesso dell’abilitazione che ricoprono la carica di “docente”».

13 L’art. 7, n. 1, sesto comma, della legge sulla tutela contro la discriminazione (DV n. 86 del 30 settembre 2003), nella versione modificata e pubblicata nella DV n. 105 del 29 dicembre 2005, prevede che non costituisce una discriminazione «la fissazione di un’età massima per l’assunzione, laddove sia legata alla necessità di una formazione per il lavoro in questione o alla necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento qualora essa sia obiettivamente giustificata per il conseguimento di una finalità legittima e i mezzi impiegati non eccedano quanto a ciò necessario».

Cause principali e questioni pregiudiziali

14 Il sig. Georgiev iniziava a lavorare presso l’Università nel 1985, in qualità di docente.

15 Il 6 febbraio 2006 veniva posta fine al suo contratto di lavoro per raggiungimento dell’età pensionabile, fissata al compimento dell’età di 65 anni.

16 Tuttavia, in virtù dell’art. 11 delle disposizioni transitorie e finali della legge sulla formazione universitaria, il Consiglio accademico dell’Università autorizzava il sig. Georgiev a continuare a lavorare. A tal fine veniva sottoscritto un nuovo contratto di lavoro della durata di un anno in forza del quale l’interessato avrebbe lavorato come docente presso la facoltà di ingegneria (in prosieguo: il «contratto»).

17 Mediante un accordo supplementare sottoscritto il 21 dicembre 2006, il contratto veniva rinnovato per un anno.

18 Nel gennaio 2007 il sig. Georgiev otteneva un posto di professore.

19 Mediante un nuovo accordo supplementare sottoscritto il 18 gennaio 2008, il contratto veniva rinnovato per un ulteriore anno.

20 Nel 2009, anno durante il quale il sig. Georgiev compiva 68 anni, con provvedimento del direttore dell’Università, ai sensi dell’art. 325, n. 3, del codice del lavoro, veniva posta fine al rapporto di lavoro fra il sig. Georgiev e quest’ultima.

21 Il sig. Georgiev proponeva due ricorsi dinanzi al giudice del rinvio. Il primo, che ha dato luogo alla causa C‑268/09, è volto a far dichiarare nulla la clausola del suo contratto a tempo determinato che limita ad un anno la durata di quest’ultimo e a far riqualificare tale contratto come contratto a tempo indeterminato. Il secondo ricorso, che ha dato luogo alla causa C‑250/09, ha ad oggetto il provvedimento del direttore dell’Università che pone fine alla relazione di lavoro fra quest’ultima e l’interessato al compimento del suo sessantottesimo anno di età.

22 Detto giudice ha indicato di nutrire taluni dubbi in merito all’interpretazione dell’art. 6 della direttiva 2000/78 ai fini della risoluzione delle due controversie di cui è investito.

23 Il Rayonen sad Plovdiv ha pertanto deciso di sospendere il procedimento di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, delle quali le prime due sono comuni alle due cause, mentre la terza riguarda unicamente la causa C‑268/09:

«1) Se le disposizioni della [direttiva 2000/78] ostino all’applicazione di una legge nazionale che non consente la conclusione di contratti di lavoro a tempo indeterminato con professori che hanno compiuto i 65 anni di età. Se, in tale contesto e più concretamente tenendo conto dell’art. 6, n. 1, della citata direttiva, le misure menzionate all’art. 7, n. 1, sesto comma, della legge sulla tutela contro le discriminazioni, le quali introducono limiti di età per l’occupazione di un concreto posto di lavoro, siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate da una finalità legittima nonché proporzionate, tenuto presente che la direttiva è stata pienamente trasposta nel diritto bulgaro.

2) Se le disposizioni della [direttiva 2000/78] ostino all’applicazione di una legge nazionale in forza della quale i professori che hanno compiuto i 68 anni di età vengono pensionati d’ufficio. Se, sulla scorta dei fatti e delle circostanze che caratterizzano la presente causa e nel caso dell’accertamento di un conflitto fra le disposizioni della [direttiva 2000/78] e il diritto nazionale pertinente che ha recepito la direttiva, sia possibile che l’interpretazione delle disposizioni del diritto comunitario comporti la disapplicazione della normativa nazionale.

3) Se la normativa nazionale ponga il raggiungimento di una determinata età come unica condizione perché sia posto termine a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e perché tale rapporto possa continuare quale rapporto di lavoro a tempo determinato tra lo stesso lavoratore e lo stesso datore di lavoro, per lo stesso posto. Quale sia il limite oltre il quale non è più possibile la continuazione del rapporto di lavoro tra le parti, nel caso in cui, dopo che il contratto di lavoro a tempo indeterminato sia stato trasformato in un contratto a tempo determinato, la normativa nazionale pone un limite massimo alla continuazione del rapporto e un numero massimo di proroghe del rapporto di lavoro a tempo determinato con il medesimo datore di lavoro».

24 Con ordinanza del presidente della Corte 14 settembre 2009, le cause C‑250/09 e C‑268/09 sono state riunite ai fini della fase scritta e di quella orale del procedimento nonché della sentenza.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle prime due questioni

25 Con le sue due prime questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se la direttiva 2000/78, e in particolare il suo art. 6, n. 1, osti ad una normativa nazionale, come quella controversa nella causa principale, che prevede il pensionamento d’ufficio dei professori universitari che abbiano compiuto i 68 anni e la possibilità che questi ultimi proseguano la loro attività oltre i 65 anni unicamente mediante contratti a tempo determinato conclusi per un periodo di un anno e rinnovabili al massimo due volte. In caso di risposta affermativa, tale giudice chiede se una siffatta normativa nazionale debba essere disapplicata.

26 Si deve anzitutto sottolineare che, come emerge sia dal titolo e dai ‘considerando’ sia dal contenuto e dallo scopo della direttiva 2000/78, quest’ultima è volta a stabilire un quadro generale per garantire a tutti la parità di trattamento «in materia di occupazione e di condizioni di lavoro», offrendo una tutela effettiva nei confronti delle discriminazioni fondate su uno dei motivi di cui all’art. 1 di tale direttiva, tra cui risulta l’età.

27 Per poter rispondere alle due prime questioni, occorre stabilire se un normativa nazionale, come quella controversa nella causa principale, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78, se essa comporti una disparità di trattamento in base all’età e, in caso di risposta affermativa, se tale direttiva osti alla disparità di trattamento in parola.

28 Per quanto riguarda, in primo luogo, la questione se una normativa nazionale come quella controversa nella causa principale rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78, emerge dall’art. 3, n. 1, lett. c), di quest’ultima che essa si applica, nei limiti dei poteri conferiti all’Unione europea, a tutte le persone per quanto attiene all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione.

29 La disposizione nazionale che prevede il pensionamento d’ufficio dei professori universitari al compimento dei 68 anni riguarda l’occupazione e le condizioni di lavoro, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78, in quanto vieta alle persone interessate di esercitare la propria attività oltre tale età.

30 Per quanto riguarda la disposizione relativa alla conclusione di contratti a tempo determinato, essa riguarda l’occupazione e le condizioni di lavoro, ai sensi del citato art. 3, n. 1, lett. c), in quanto impedisce ai professori universitari che abbiano più di 65 anni di proseguire la loro attività beneficiando di un contratto a tempo indeterminato.

31 Per quanto riguarda, in secondo luogo, la questione se la normativa nazionale oggetto della causa principale contenga una disparità di trattamento basata sull’età ai sensi dell’art. 2, n. 1, della direttiva 2000/78, va rammentato che, ai fini di quest’ultima, per «principio della parità di trattamento si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1» della medesima direttiva. L’art. 2, n. 2, lett. a), di quest’ultima precisa che, ai fini dell’applicazione del suo n. 1, sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’art. 1 della direttiva in parola, una persona è trattata in modo meno favorevole di un’altra in una situazione analoga.

32 L’applicazione di una legge che prevede il pensionamento d’ufficio dei professori universitari che abbiano compiuto i 68 anni ha come conseguenza che tali persone siano trattate meno favorevolmente rispetto ad altre persone che esercitano la stessa professione per il motivo che hanno un’età superiore ai 68 anni. Una siffatta disposizione introduce una disparità di trattamento basata sull’età ai sensi dell’art. 2, n. 2, lett. a), della direttiva 2000/78 (v., in tal senso, sentenza 16 ottobre 2007, causa C‑411/05, Palacios de la Villa, Racc. pag. I‑8531, punto 51).

33 Relativamente alla disposizione nazionale avente ad oggetto l’occupazione mediante contratti di lavoro a tempo determinato di professori che abbiano raggiunto l’età di 65 anni, si deve constatare che, imponendo a questi ultimi tale tipo di contratti di lavoro e impedendo loro di continuare ad esercitare la loro attività con contratti a tempo indeterminato, la normativa nazionale controversa nella causa principale comporta anche una disparità di trattamento nei loro confronti rispetto ai professori più giovani, i quali non sono soggetti ad un tale divieto.

34 L’argomento dell’Università e del governo bulgaro, secondo il quale siffatta normativa non è svantaggiosa per i professori interessati, poiché consente loro, se lo desiderano, di lavorare altri tre anni dopo aver raggiunto l’età in cui possono andare in pensione, non è tale da contraddire la conclusione esposta al punto precedente. Infatti, una siffatta situazione non impedisce che le condizioni di occupazione di tali professori diventino più precarie di quelle di professori che hanno meno di 65 anni, dal momento che i primi non beneficiano più di un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

35 In terzo luogo, si deve esaminare se la disparità di trattamento che risulta dall’applicazione delle disposizioni della normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale possa essere giustificata in relazione all’art. 6 della direttiva 2000/78.

36 A tale proposito si deve rammentare che l’art. 6, n. 1, primo comma, della citata direttiva sancisce che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscono discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari. Il secondo comma del medesimo paragrafo elenca diversi esempi di disparità di trattamento di cui al citato primo comma.

37 Occorre rilevare, a tale proposito, che non sembra pertinente nel caso di specie l’esempio di cui all’art. 6, n. 1, secondo comma, lett. c), della direttiva 2000/78, trasposto nel diritto interno bulgaro dall’art. 7, n. 1, punto 6, della legge sulla tutela contro le discriminazioni cui fa riferimento espresso il giudice del rinvio nella sua prima questione. Infatti, la controversia oggetto della causa principale verte sull’applicazione di contratti a tempo determinato a partire dall’età di 65 anni, e dunque sulle condizioni di occupazione dopo il raggiungimento di una determinata età, e non sull’età massima di assunzione prevista nella citata legge.

38 Le disposizioni nazionali controverse nella causa principale vanno dunque esaminate alla luce delle loro finalità.

39 La decisione di rinvio non contiene alcuna informazione su tale punto e non emerge dal fascicolo che la normativa nazionale controversa nella causa principale menzioni la finalità da essa perseguita.

40 Tale circostanza non implica tuttavia che la citata normativa non persegua una finalità legittima. Come la Corte ha già dichiarato, in difetto di una precisazione della normativa nazionale controversa circa la finalità perseguita, occorre che altri elementi, attinenti al contesto generale della misura interessata, consentano l’identificazione della finalità sottesa a quest’ultima al fine di esercitare un sindacato giurisdizionale quanto alla sua legittimità e al carattere appropriato e necessario delle misure adottate per realizzare detta finalità (v. sentenze Palacios de la Villa, cit., punto 57; 5 marzo 2009, causa C‑388/07, Age Concern England, Racc. pag. I‑1569, punto 45, e 12 gennaio 2010, causa C‑341/08, Petersen, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 40).

41 L’Università e il governo bulgaro sostengono che la normativa nazionale controversa nella causa principale persegue una finalità di politica sociale connessa alla formazione e all’occupazione degli insegnanti nonché all’applicazione di una politica concreta del mercato del lavoro che tiene conto della particolare situazione del personale della disciplina interessata, dei bisogni dell’istituto universitario considerato e delle qualità professionali della persona interessata.

42 Gli altri governi che hanno presentato osservazioni alla Corte, vale a dire il governo tedesco e quello slovacco, nonché la Commissione delle Comunità europee, ritengono che la finalità legittima di una normativa nazionale come quella oggetto della causa principale può essere costituita dal voler garantire la qualità dell’insegnamento e della ricerca, rinnovando il corpo insegnante mediante l’occupazione di professori più giovani, e di ripartire i posti in modo ottimale stabilendo un equilibrio tra le generazioni.

43 Si deve constatare che l’Università e il governo bulgaro non precisano chiaramente la finalità della citata normativa nazionale e si limitano, essenzialmente, ad indicare che essa persegue il tipo di finalità menzionato nell’art. 6, n. 1, della direttiva 2000/78. È tuttavia necessario, per valutare la compatibilità di una siffatta normativa con tale direttiva, esaminare con precisione la finalità che essa persegue, compito che spetta al giudice nazionale.

44 Per fornire a quest’ultimo una risposta utile occorre tener conto delle osservazioni presentate dall’Università e dal governo bulgaro in merito all’obiettivo della normativa nazionale controversa nella causa principale nonché delle osservazioni presentate su tale punto dal governo tedesco, dal governo slovacco e dalla Commissione.

45 A tale proposito, la formazione e l’occupazione degli insegnanti nonché l’applicazione di una politica concreta del mercato del lavoro che tiene conto della particolare situazione del personale della disciplina interessata, invocati dall’Università e dal governo bulgaro, sono tali da soddisfare l’intento di ripartire in modo ottimale i posti di professori tra le generazioni, in particolare attraverso l’impiego di giovani professori. Orbene, per quanto riguarda quest’ultima finalità, la Corte ha già dichiarato che la promozione delle assunzioni costituisce incontestabilmente una finalità legittima di politica sociale o dell’occupazione degli Stati membri (sentenza Palacios de la Villa, cit., punto 65), in particolare laddove si tratta di favorire l’accesso dei giovani all’esercizio di una professione (v., in tal senso, sentenza Petersen, cit., punto 68). Quindi, la promozione dell’occupazione nell’insegnamento superiore mediante l’offerta di posti di professori a persone più giovani può costituire una siffatta finalità legittima.

46 Peraltro, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 34 delle sue conclusioni, la convivenza di diverse generazioni di docenti e di ricercatori favorisce lo scambio di esperienze nonché l’innovazione e, dunque, il miglioramento della qualità dell’insegnamento e della ricerca nelle università.

47 Tuttavia, gli elementi contenuti nel fascicolo non consentono di ritenere che le finalità menzionate dai governi tedesco e slovacco nonché dalla Commissione corrispondano a quelle del legislatore bulgaro. Sussiste, in particolare, un dubbio alla luce degli argomenti sollevati dal sig. Georgiev nelle sue osservazioni scritte. Quest’ultimo ritiene infatti che l’Università e il governo bulgaro procedono per mere affermazioni e sostiene che la normativa controversa nella causa principale non è adeguata alla realtà del mercato del lavoro di cui trattasi. Egli fa valere che l’età media dei professori universitari è di 58 anni e che il loro numero non supera i 1 000, situazione che si spiegherebbe con l’assenza di interesse dei giovani per la carriera di professore. La normativa controversa nella causa principale non servirebbe dunque a incoraggiare l’occupazione dei giovani.

48 A tale proposito spetta al giudice nazionale esaminare la situazione fattuale e verificare se gli obiettivi invocati dall’Università e dal governo bulgaro corrispondano alla realtà dei fatti.

49 Rimane ancora da esaminare se i mezzi messi in atto per realizzare siffatte finalità siano «appropriati e necessari» ai sensi dell’art. 6, n. 1, primo comma, della direttiva 2000/78.

50 A tale proposito, giova ricordare che gli Stati membri dispongono di un ampio margine discrezionale nella scelta non soltanto di perseguire uno scopo determinato fra altri in materia di politica sociale e di occupazione, ma altresì nella definizione delle misure atte a realizzare detto scopo (v. sentenze 22 novembre 2005, causa C‑144/04, Mangold, Racc. pag. I‑9981, punto 63, e Palacios de la Villa, cit., punto 68).

51 In primo luogo, quanto alla fissazione di tale limite di età a 68 anni la Corte ha deciso, al punto 70 della sentenza Petersen, che, in base all’evoluzione della situazione dell’occupazione nel settore interessato, non sembra irragionevole, da parte delle autorità di uno Stato membro, considerare che l’applicazione di un limite di età, che comporta l’esclusione dal mercato del lavoro dei professionisti più anziani, possa consentire di favorire l’occupazione dei professionisti più giovani e che questa età appare sufficientemente avanzata per fungere da limite temporale dell’abilitazione ad esercitare in qualità di dentista convenzionato.

52 Tali valutazioni sono anche pertinenti relativamente all’esercizio di un’attività come quella di professore universitario. Infatti, nei limiti in cui i posti dei professori universitari sono, generalmente, in numero limitato e sono riservati a coloro che abbiano raggiunto le più alte qualifiche nel settore interessato e dal momento che un posto vacante deve essere disponibile per poter procedere all’assunzione di un professore, si deve considerare che uno Stato membro può ritenere appropriato stabilire un limite di età per conseguire obiettivi di politica dell’occupazione come quelli menzionati nei punti 45 e 46 della presente sentenza.

53 Spetta tuttavia al giudice nazionale verificare, in considerazione delle obiezioni presentate dal sig. Georgiev e rammentate al punto 47 della presente sentenza, se la situazione dei professori universitari in Bulgaria corrisponda alla situazione generale di professori universitari quale descritta al punto precedente.

54 Per quanto riguarda il limite di età stabilito dalla normativa nazionale controversa nella causa principale, vale a dire 68 anni, emerge dal fascicolo che esso supera di cinque anni la normale età pensionistica stabilita per legge per gli uomini nello Stato membro interessato. Esso consente quindi ai professori universitari, che hanno la possibilità di lavorare fino a 68 anni, di proseguire nella loro carriera per un periodo relativamente lungo. Non si può ritenere che la misura in parola sia pregiudizievole oltremisura delle legittime pretese dei lavoratori pensionati d’ufficio a causa del raggiungimento del limite d’età previsto, in quanto la normativa pertinente non si basa unicamente su un’età determinata, ma prende altresì in considerazione la circostanza che gli interessati beneficino al termine della loro carriera professionale di una compensazione economica per mezzo della concessione di una pensione di vecchiaia, come quella prevista dal regime nazionale in esame nella causa principale (v., in tal senso, sentenza Palacios de la Villa, cit., punto 73).

55 Ne consegue che lo stabilire un siffatto limite di età per la cessazione del rapporto di lavoro non eccede quanto necessario per conseguire obiettivi di politica dell’occupazione come quelli menzionati ai punti 45 e 46 della presente sentenza, fintantoché la citata normativa nazionale soddisfi tali obiettivi in modo coerente e sistematico.

56 Spetta al giudice nazionale verificare se un siffatto limite di età soddisfi realmente l’intento di conseguire gli obiettivi invocati in modo coerente e sistematico (v. sentenze 10 marzo 2009, causa C‑169/07, Hartlauer, Racc. pag. I‑1721, punto 55 e Petersen, cit., punto 53). In particolare, ad egli incombe esaminare se la normativa controversa nella causa principale operi una distinzione tra, da un lato, i docenti e i professori universitari e, dall’altro, gli altri insegnanti universitari omettendo di prevedere il pensionamento d’ufficio di questi ultimi, come fatto valere dal sig. Georgiev. Occorrerebbe quindi verificare se una siffatta distinzione corrisponda a una necessità inerente agli obiettivi perseguiti e alle specificità degli insegnanti di cui trattasi o se essa riveli, al contrario, un’incoerenza nella normativa che non soddisfa in tal modo le condizioni di cui all’art. 6, n. 1, della direttiva 2000/78.

57 In secondo luogo, relativamente alla verifica se la conclusione di contratti a tempo determinato a partire dall’età di 65 anni sia appropriata e necessaria, la Corte ha già avuto modo di esaminare la compatibilità con la direttiva 2000/78 di disposizioni nazionali che prevedevano l’applicazione di siffatti contratti a partire da un’età determinata.

58 Nella sentenza Mangold, cit., la Corte ha quindi esaminato una normativa nazionale che consentiva ai datori di lavoro interessati di concludere contratti di lavoro a tempo determinato con lavoratori che avessero raggiunto l’età di 52 anni, senza distinzione, a prescindere dal fatto che essi fossero o meno disoccupati prima della conclusione del contratto, alla luce dell’obiettivo perseguito, vale a dire favorire l’inserimento dei lavoratori in età avanzata disoccupati.

59 Nella citata sentenza, la Corte, da un lato, ha rilevato che una siffatta normativa approda ad una situazione nella quale ai lavoratori da essa interessati possono essere validamente proposti, fino all’età alla quale essi potranno far valere il loro diritto alla pensione di vecchiaia, contratti di lavoro a tempo determinato rinnovabili per un numero indefinito di volte, rischiando in tal modo, per una parte sostanziale della loro carriera professionale, di essere esclusi dal beneficio della stabilità dell’occupazione, la quale costituisce, secondo la Corte, un elemento portante della tutela dei lavoratori (v. sentenza Mangold, cit., punto 64). Essa, dall’altro lato, ha dichiarato che siffatta normativa, nella misura in cui considera l’età del lavoratore di cui trattasi come unico criterio di applicazione di un contratto di lavoro a tempo determinato, senza che sia stato dimostrato che la fissazione di un limite di età, in quanto tale, indipendentemente da ogni altra considerazione legata alla struttura del mercato del lavoro di cui trattasi e dalla situazione personale dell’interessato, sia obiettivamente necessaria per la realizzazione dell’obiettivo dell’inserimento professionale dei lavoratori anziani in disoccupazione, deve considerarsi eccedente quanto è appropriato e necessario per raggiungere la finalità perseguita (sentenza Mangold, cit., punto 65).

60 Si deve rilevare che una normativa nazionale come quella controversa nella causa principale si distingue nettamente da quella esaminata nella sentenza Mangold, cit., e appare giustificabile ai sensi della direttiva 2000/78.

61 In primo luogo, l’applicazione di contratti a tempo determinato di un anno rinnovabili al massimo due volte può, così come il limite di età di 68 anni, essere adatta a soddisfare una politica dell’occupazione volta, in particolare, a favorire l’accesso di insegnanti più giovani ai posti di professori universitari. Infatti, dal momento che il numero di questi ultimi è limitato, l’occupazione di tali professori, a partire dall’età di 65 anni, con contratti a tempo determinato, consente di ottenere che essi vadano in pensione entro un termine relativamente breve e che vengano quindi assunti al loro posto professori più giovani. Spetta tuttavia al giudice nazionale verificare se i professori universitari soggetti alla normativa controversa nella causa principale si trovino in una tale situazione.

62 In secondo luogo, l’applicazione di tali contratti non è connessa unicamente alla condizione che il lavoratore abbia raggiunto un’età determinata.

63 Al contrario, come emerge dalla normativa nazionale citata nei punti 11 e 12 della presente sentenza, il fattore determinante consiste nel fatto che il professore ha acquisito un diritto ad una pensione di anzianità, oltre alla circostanza che egli ha raggiunto una determinata età, peraltro nettamente maggiore rispetto a quella oggetto della causa che ha dato luogo alla sentenza Mangold, cit., vale a dire 65 anni invece di 52 anni.

64 Emerge da una siffatta normativa che i professori ai quali viene proposto un contratto a tempo determinato possono scegliere di andare in pensione o di continuare a lavorare oltre l’età di 65 anni.

65 In aggiunta, i contratti a tempo determinato controversi nella causa principale sono limitati ad un periodo di un anno e sono rinnovabili solo per due volte, e soddisfano quindi i requisiti, stabiliti nella clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, al fine di prevenire abusi conseguenti all’utilizzo di contratti a tempo determinato successivi.

66 Si deve considerare, pertanto, che una normativa nazionale, come quella controversa nella causa principale, che prevede la conclusione di contratti a tempo determinato è tale da conciliare sia le necessità dei professori interessati che quelle delle università e può costituire un mezzo appropriato e necessario al fine di conseguire gli obiettivi rammentati ai punti 45 e 46 della presente sentenza, qualora tale normativa soddisfi detti obiettivi in modo coerente e sistematico.

67 In ogni caso, come rammentato al punto 56 della presente sentenza, spetta al giudice nazionale verificare se la normativa nazionale controversa nella causa principale operi una distinzione tra, da un lato, i docenti e i professori universitari e, dall’altro, gli altri insegnanti presso le università per quanto riguarda l’applicazione di contratti a tempo determinato o a tempo indeterminato, a partire dal momento in cui l’interessato raggiunge l’età della pensione. Spetta inoltre al giudice nazionale verificare, in particolare, se una siffatta distinzione corrisponda a una necessità inerente agli obiettivi perseguiti e alle specificità degli insegnanti di cui trattasi o se essa riveli, al contrario, un’incoerenza nella normativa in quanto non soddisfa in tal modo le condizioni previste nell’art. 6, n. 1, della direttiva 2000/78.

68 Di conseguenza, le prime due questioni devono essere risolte dichiarando che la direttiva 2000/78, e in particolare il suo art. 6, n. 1, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella controversa nella causa principale, che prevede il pensionamento d’ufficio dei professori universitari al compimento dei 68 anni e la possibilità che questi ultimi proseguano la loro attività oltre i 65 anni unicamente mediante contratti a tempo determinato conclusi per un periodo di un anno e rinnovabili al massimo due volte, fintantoché tale normativa persegua una finalità legittima connessa, in particolare, alla politica dell’occupazione e al mercato del lavoro, come l’attuazione di un sistema di insegnamento di qualità e l’ottimale ripartizione dei posti di professore tra le generazioni, e che essa consenta di conseguire tale finalità con mezzi appropriati e necessari. Spetta al giudice nazionale verificare se tali condizioni siano soddisfatte.

69 Qualora tali condizioni non dovessero essere soddisfatte, il giudice del rinvio chiede anche se la normativa nazionale debba essere disapplicata.

70 Conformemente ad una giurisprudenza costante della Corte, qualora sussistano i presupposti necessari affinché i singoli possano invocare le disposizioni di una direttiva dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato, essi possono farlo indipendentemente dalla veste nella quale agisca quest’ultimo, come datore di lavoro o come pubblica autorità (v., in tal senso, in particolare, sentenze 12 luglio 1990, causa C‑188/89, Foster e a., Racc. pag. I‑3313, punto 17, nonché 5 febbraio 2004, causa C‑157/02, Rieser Internationale Transporte, Racc. pag. I‑1477, punto 23).

71 Emerge dal fascicolo che il giudice del rinvio considera pacifico che l’Università è un’istituzione pubblica alla quale si possono opporre le norme di una direttiva idonee a produrre effetti diretti (v., a tale proposito, in particolare, sentenza 7 settembre 2006, causa C‑180/04, Vassallo, Racc. pag. I‑7251, punto 26, e giurisprudenza ivi citata).

72 Orbene, la Corte ha già avuto occasione di precisare le conseguenze che derivano, nell’ambito di una controversia tra un individuo e una siffatta istituzione, dall’incompatibilità del diritto nazionale con il divieto, in materia di condizioni di occupazione e di lavoro, di discriminazione basata sull’età di cui agli artt. 2 e 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78. Essa ha statuito che una legge nazionale contraria a tale direttiva dev’essere, in tal caso, disapplicata (v., in tal senso, sentenza Petersen, cit., punto 81).

73 Si deve pertanto rispondere al giudice del rinvio dichiarando che, nel caso di una controversia tra un’istituzione pubblica e un individuo, nell’ipotesi in cui una normativa nazionale come quella controversa nella causa principale non dovesse soddisfare le condizioni di cui all’art. 6, n. 1, della direttiva 2000/78, il giudice nazionale deve disapplicare tale normativa.

Sulla terza questione

74 Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede alla Corte d’interpretare la normativa nazionale controversa nella causa principale.

75 A tale proposito si deve rammentare che, nell’ambito del procedimento di cui all’art. 267 TFUE, la Corte non è competente ad interpretare il diritto nazionale, compito che incombe esclusivamente al giudice del rinvio (v. sentenza 7 settembre 2006, causa C‑53/04, Marrosu e Sardino, Racc. pag. I‑7213, punto 54).

76 In taluni casi la Corte ha potuto dedurre da questioni vertenti apparentemente sul diritto nazionale una problematica relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione, il cui esame da parte sua avrebbe potuto essere di ausilio al giudice del rinvio al fine di risolvere la controversia ad esso sottoposta.

77 Tuttavia, nella causa C‑268/09, nell’ambito della quale è sottoposta la terza questione, non è possibile desumere una siffatta problematica che si distinguerebbe da quella esaminata in risposta alle due prime questioni.

78 Pertanto, non occorre rispondere alla terza questione.

Sulle spese

79 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

La direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, e in particolare il suo art. 6, n. 1, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella controversa nella causa principale, che prevede il pensionamento d’ufficio dei professori universitari al compimento dei 68 anni e la possibilità che questi ultimi proseguano la loro attività oltre i 65 anni unicamente mediante contratti a tempo determinato conclusi per un periodo di un anno e rinnovabili al massimo due volte, fintantoché tale normativa persegua una finalità legittima connessa, in particolare, alla politica dell’occupazione e del mercato del lavoro, come l’attuazione di un sistema di insegnamento di qualità e l’ottimale ripartizione dei posti di professore tra le generazioni, e consenta di conseguire tale finalità con mezzi appropriati e necessari. Spetta al giudice nazionale verificare se tali condizioni siano soddisfatte.

Nel caso di una controversia tra un’istituzione pubblica e un singolo, nell’ipotesi in cui una normativa nazionale come quella controversa nella causa principale non dovesse soddisfare le condizioni di cui all’art. 6, n. 1, della direttiva 2000/78, il giudice nazionale deve disapplicare tale normativa.

Firme

* Lingua processuale: il bulgaro.