Controreplica al Capo del Dipartimento per le riforme istituzionali

Emergenza costituzionale

Caro Prof. Antonini,

fermo restando che credo alla buona fede delle persone che hanno predisposto il questionario, devo dire che le sue precisazioni non mi tranquillizzano. Intanto non vedo come possa garantire la “neutralità delle domande”, che riguardano tematiche costituzionali, un comitato scientifico presieduto da Profumo, che è professore di ingegneria, e da esperti Istat.

Nel merito lei conferma che nel questionario breve, che sarà sicuramente quello cui accederà la maggioranza delle persone, non è contemplata tra le risposte l’opzione della razionalizzazione della forma di governo parlamentare, intesa non come rafforzamento del Parlamento “a scapito del Governo”, come lei vuole farmi dire, ma come rafforzamento di entrambi gli organi,. Il che comporta la necessità, evidentemente non avvertita dagli estensori, che il luogo della rappresentanza e del pluralismo vada ricostruito e ne siano rafforzati i poteri di indirizzo e di controllo. Quanto ai temi relativi all’efficienza del Parlamento, non li ho affatto definiti “marginali”, ma converrà con me che le funzioni e i poteri del Parlamento, dei quali i questionari non si occupano, sono sicuramente più importanti.

La “popolarità” del termine “Capo del Governo” non giustifica il suo uso disinvolto, anche alla luce della nostra storia patria e dell’uso che ne è stato fatto sotto il regime fascista. Perché non parlare di Primo ministro, che è la dizione sicuramente più diffusa e accettata? È legittimo il dubbio che quello che si vuole sia veramente un “capo”, decisore ultimo e politicamente irresponsabile. Ne trovo conferma nella disinvoltura con la quale il semipresidenzialismo alla francese viene collocato nell’alveo della forma di governo presidenziale. Si tratta di un’affermazione semplicemente falsa, scientificamente e di fatto, che non può essere giustificata dalla necessità “di prospettare il nucleo essenziale delle opzioni”, ma induce la grande maggioranza delle persone a credere che i due sistemi siano equivalenti. La semplicità della domande non può significare semplificazione e prospettazione di una tesi che appare chiaramente rivolta a far digerire il sistema francese come equilibrato e dotato di contrappesi, al pari di quello nordamericano. Così non è e quindi non so definire tale qualificazione altrimenti che come “truffaldina” e “orientata”.

Quanto all’assenza di ogni domanda sulla riforma elettorale, mi permetta di dissentire dall’opinione che questa “dipende logicamente dalla forma di governo”. Le forme di governo parlamentari e semipresidenziali si sposano con formule elettorali disparate e la scelta va fatta alla luce del contesto storico, culturale, politico e sociale che caratterizza ogni paese. Mi pare invece impossibile negare che il sistema elettorale, anche se disciplinato in una legge ordinaria, abbia un rilievo costituzionale. E soprattutto trovo discutibile che non si debba chiedere preliminarmente alle persone che si connettono quale sia il loro punto di vista sulle riforme più urgenti e sul valore della Costituzione repubblicana.

Infine il riferimento che lei fa alla “opzione conservativa” sempre presente nelle varie risposte, mi sembra diretto a liquidare le posizioni di chi, come il sottoscritto e i partecipanti a questa rivista, sono favorevoli non alla pura conservazione, ma a revisioni puntuali e per parti omogenee della Costituzione, secondo quanto consente l’art. 138 che non a caso si cerca di derogare con un d.d.l. costituzionale di dubbia legittimità, e contrari a “grandi riforme” che puntano in realtà a stravolgere i principi della Carta attuale e a dare vita ad una nuova Costituzione.

Cordiali saluti