CGCE, sentenza 13-01-2004, Allonby, causa C-256/01.
SENTENZA DELLA CORTE
13 gennaio 2004(1)
«Principio di parità della retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile – Effetto diretto – Nozione di lavoratore – Docente di sesso femminile, lavoratrice autonoma, che svolge un lavoro che si presume di valore pari a quello dei colleghi di sesso maschile lavoratori subordinati, presso lo stesso istituto di istruzione superiore, ma in base ad un accordo con una società terza – Esclusione dei docenti lavoratori autonomi da un regime di pensione professionale»
Nel procedimento C-256/01,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito), nella causa dinanzi ad essa pendente tra
Debra Allonby
e
Accrington & Rossendale College,
Education Lecturing Services, trading as Protocol Professional, già Education Lecturing Services,
Secretary of State for Education and Employment,
domanda vertente sull’interpretazione dell’art. 141 CE,
LA CORTE,
composta dai sigg. V. Skouris, presidente, P. Jann, C.W.A. Timmermans, C. Gulmann e J.N. Cunha Rodrigues, presidenti di sezione, A. La Pergola, J.-P. Puissochet e R. Schintgen, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric (relatore), e dal sig. S. von Bahr, giudici,
avvocato generale: sig. L.A. Geelhoed
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
viste le osservazioni scritte presentate:
– per la sig.ra Allonby, dalla sig.ra T. Gill, barrister, su incarico di Michael Scott & Co., solicitors;
– per la Education Lecturing Services, trading as Protocol Professional, dai sigg. D. Pannick, QC, e P. Nicholls, barrister, su incarico di KLegal, solicitors;
– per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra G. Amodeo, in qualità di agente, assistita dal sig. N. Paines, QC, e dalla sig.ra M. Hall, barrister;
– per il governo tedesco, dai sigg. W.-D. Plessing e R. Stüwe, in qualità di agenti;
– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. J. Sack e dalla sig.ra N. Yerrel, in qualità di agenti,
vista la relazione d’udienza,
sentite le osservazioni orali della sig.ra Allonby, rappresentata dalla sig.ra T. Gill e dal sig. R. Moretto, barrister, della Education Lecturing Services, trading as Protocol Professional, rappresentata da Lord Lester of Herne Hill, QC, del governo del Regno Unito, rappresentato dalla sig.ra P. Ormond, in qualità di agente, assistita dal sig. N. Paines, e della Commissione, rappresentata dalla sig.ra N. Yerrel, all’udienza del 28 gennaio 2003,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 aprile 2003,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1.
Con ordinanza 22 giugno 2001, pervenuta in cancelleria il 13 luglio successivo, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) ha proposto alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, due questioni pregiudiziali relative all’interpretazione dell’art. 141 CE.
2.
Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di una controversia che vede contrapposta la sig.ra Allonby, che lavora come docente, all’Accrington & Rossendale College (in prosieguo: il «college»), alla società Education Lecturing Service, trading as Protocol Professional (in prosieguo: l’«ELS») e al Secretary of State for Education and Employment (Segretario di Stato alla Pubblica Istruzione e al Lavoro; in prosieguo: il «Secretary of State»), in merito ad una pretesa di parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile.
Contesto normativo
Diritto comunitario
3.
Ai sensi dell’art. 2 CE la Comunità ha, tra gli altri, il compito di promuovere la parità tra uomini e donne.
4.
L’art. 141, n. 1, CE prevede che ciascuno Stato membro assicuri l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore
5.
L’art. 141, n. 2, primo comma, CE dispone quanto segue:
«Per retribuzione si intende, a norma del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo».
6.
L’art. 5 della direttiva del Consiglio 10 febbraio 1975, 75/117/CEE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative all’applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile (GU L 45, pag. 19), prevede quanto segue:
«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per proteggere i lavoratori contro i licenziamenti che rappresentino una reazione del datore di lavoro ad una rimostranza presentata a livello aziendale o ad un’azione giudiziaria volte a far osservare il principio della parità delle retribuzioni».
7.
L’art. 6 della detta direttiva così recita:
«Conformemente alle loro situazioni nazionali ed ai loro sistemi giuridici, gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire l’applicazione del principio della parità delle retribuzioni. Essi si rendono garanti della disponibilità di efficaci strumenti che consentano di provvedere all’osservanza di tale principio».
8.
L’art. 2 n. 1, della direttiva del Consiglio 24 luglio 1986, 86/378/CEE, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale (GU L 225, pag. 40), come modificata dalla direttiva del Consiglio 20 dicembre 1996, 96/97/CE (GU 1997, L 46, pag. 20; in prosieguo: la «direttiva 86/378»), così dispone:
«Sono considerati ‘regimi professionali di sicurezza sociale’ i regimi non regolati dalla direttiva 79/7/CEE aventi lo scopo di fornire ai lavoratori, subordinati o autonomi, raggruppati nell’ambito di un’impresa o di un gruppo di imprese, di un ramo economico o di un settore professionale o interprofessionale, prestazioni destinate a integrare le prestazioni fornite dai regimi legali di sicurezza sociale o di sostituirsi ad esse, indipendentemente dal fatto che l’affiliazione a questi regimi sia obbligatoria o facoltativa».
9.
L’art. 5, n. 1, della direttiva 86/378 stabilisce quanto segue:
«Nelle condizioni stabilite [n]elle disposizioni che seguono, il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia, specificamente per quanto riguarda:
– il campo d’applicazione dei regimi e relative condizioni d’accesso;
– l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi;
(…)».
10.
L’art. 6, n. 1, della detta direttiva è del seguente tenore:
«Nelle disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento sono da includere quelle che si basano direttamente o indirettamente sul sesso, in particolare con riferimento allo stato coniugale o di famiglia, per:
a) definire le persone ammesse a partecipare ad un regime professionale;
b) stabilire se la partecipazione ad un regime professionale sia obbligatoria o facoltativa;
(…)».
Diritto nazionale
11.
Nel Regno Unito il diritto alla parità delle retribuzioni tra uomini e donne è sancito dall’Equal Pay Act 1970 (legge del 1970 sulla parità delle retribuzioni), il cui art. 1 prevede quanto segue:
«Obbligo di parità di trattamento tra uomini e donne per lo stesso lavoro
1) Se le condizioni di un contratto in virtù del quale una donna è alle dipendenze di un’impresa in Gran Bretagna non includono (direttamente o con riferimento ad un contratto collettivo o altrimenti) una clausola di parità, esse saranno reputate includerla.
2) Una clausola di parità è una disposizione che concerne le condizioni (siano relative alla retribuzione o meno) di un contratto in virtù del quale una donna è impiegata (il contratto di assunzione di una donna) ed ha per effetto che,
(…)
c) qualora una donna sia impiegata in un lavoro che non sia un lavoro a cui si applicano i paragrafi a) o b) di cui sopra, ma che risulti per le esigenze che vi sono ricollegate (sotto diversi aspetti quali, ad esempio, l’impegno, l’esperienza e la capacità decisionale) di valore uguale a quello di un uomo nello stesso lavoro:
i) qualunque clausola del contratto di assunzione di una donna che (a prescindere dalla clausola di parità) sia o divenga meno favorevole alla donna rispetto ad una analoga clausola del contratto in forza del quale è assunto un uomo, si intende modificata in modo tale da non risultare meno favorevole; e
ii) il contratto di assunzione di una donna che in qualsiasi momento (a prescindere dalla clausola di parità) non risulti includere una clausola corrispondente ad una clausola favorevole che figuri nel contratto di assunzione di un uomo va inteso come se contenesse tale clausola.
(…)
6) Per l’applicazione della presente norma e fatte salve le disposizioni che seguono:
a) si considera alle dipendenze chi presta servizio in forza di un contratto di lavoro («contract of service») o di apprendistato o di un contratto con cui s’è impegnato a svolgere personalmente un lavoro o un’attività. Nello stesso senso vanno intese le espressioni a questa collegate;
b) (…)
c) due datori di lavoro vanno considerati come associati se uno è una società di cui l’altro (direttamente o indirettamente) abbia il controllo o se entrambi siano società di cui un terzo (direttamente o indirettamente) abbia il controllo, e si deve considerare che un uomo e una donna svolgono lo stesso lavoro se l’uomo è impiegato dal datore di lavoro della donna o da un datore di lavoro associato nella stessa impresa o gruppo di imprese in Gran Bretagna di cui la prima fa parte e presso cui termini e condizioni comuni di lavoro vengono osservati sia generalmente sia per i lavoratori subordinati delle categorie interessate».
12.
Il Pensions Act 1995 (legge del 1995 sulle pensioni) contiene disposizioni che, secondo l’ordinanza di rinvio, il Regno Unito è stato sollecitato a porre in essere per effetto della sentenza 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber (Racc. pag. I-1889) e di una serie di sentenze che vi hanno fatto seguito. L’art. 62 di tale legge, che, secondo l’art. 63, paragrafo 4, della stessa, va interpretato come parte integrante dell’art. 1 dell’Equal Pay Act 1970, dispone in particolare:
«La clausola relativa alla parità di trattamento
1) Un regime di pensione professionale che non contenga una clausola sulla parità di trattamento sarà considerato includerla.
2) Una clausola sulla parità di trattamento è una regola che concerne le condizioni in base a cui:
a) ci si può iscrivere al regime, e
b) gli iscritti al regime vengono trattati.
(…)».
13.
Il Secretary of State gestisce un regime di pensione professionale per insegnanti («Teachers’ Superannuation Scheme 1988», in prosieguo: il «TSS») istituito dai Teachers’ Superannuation (Consolidation) Regulations 1988 (regolamento del 1988 recante coordinamento del regime di pensione per gli insegnanti) e dai «Teachers’ Superannuation (Amendment) Regulations 1993» (Regolamento del 1993 che modifica il regolamento istitutivo del regime di pensione per gli insegnanti). Tale regolamentazione limita gli impieghi che attribuiscono un diritto a pensione a quelli risultanti da un contratto di lavoro a tempo pieno o a tempo parziale, restringendo in tal modo l’iscrizione al TSS agli insegnanti titolari di un contratto di lavoro subordinato. Inoltre, solo determinate categorie di istituti rientrano nella sua sfera di applicazione.
14.
Secondo le spiegazioni fornite dal governo del Regno Unito all’udienza, il TSS è un regime che riguarda le persone assunte da enti pubblici nel settore dell’insegnamento. E’ stato espressamente esteso a talune categorie di dipendenti di enti privati mediante assoggettamento ad una procedura che il datore di lavoro applica per essere accettato come datore di lavoro partecipante a tale fondo.
15.
L’art. 9, nn. 1 e 2, del del Sex Discrimination Act 1975 (legge del 1975 contro le discriminazioni fondate sul sesso) così dispone:
«Discriminazione contro i lavoratori con contratto di lavoro autonomo
1. Il presente articolo si applica a qualsiasi lavoro a favore di una persona (il committente) svolto da singoli (lavoratori con contratto di lavoro autonomo) al servizio non del committente stesso ma di un terzo che li mette a disposizione del committente in virtù di un contratto stipulato con quest’ultimo.
2. E’ illegittimo per il principale, in rapporto al lavoro cui si applica il presente articolo, effettuare discriminazioni contro una donna che è una lavoratrice con contratto di lavoro autonomo
a) quanto alle condizioni a cui egli le consente di svolgere quel lavoro, o
b) non consentendole di svolgerlo o continuare a svolgerlo, o
c) quanto al modo con cui le permette di accedere a qualsiasi vantaggio, struttura o servizio, ovvero rifiuta o deliberatamente omette di consentirle l’accesso ai medesimi, o
d) facendole subire qualsivoglia altro pregiudizio».
Causa principale
16.
La controversia principale trae origine dal licenziamento ad opera del college di un certo numero di docenti retribuiti a tariffa oraria, inclusa la sig.ra Allonby, via il mancato rinnovo dei rispettivi contratti di lavoro, e dalla decisione del medesimo College di assumere docenti retribuiti a tariffa oraria solo attraverso l’ELS, che offriva ai medesimi la possibilità di essere registrati in qualità di lavoratori autonomi per incarichi di insegnamento presso istituti di istruzione superiore.
17.
La sig.ra Allonby era in origine alle dipendenze del College come docente a tempo parziale nel settore della tecnologia per ufficio. Esercitava tale attività dal 1990 al 1996 in forza di contratti successivi di un anno, ai sensi dei quali sarebbe stata retribuita su base oraria in funzione del numero di corsi dispensati.
18.
Verso il 1996, gli obblighi finanziari del college divenivano sempre più onerosi per effetto di modifiche legislative che imponevano di accordare ai docenti a tempo parziale un trattamento uguale o equivalente a quelli a tempo pieno, in particolare in materia pensionistica. Il college occupava 341 docenti a tempo parziale. Al fine di ridurre le spese generali, veniva deciso di cessare o non rinnovare i loro contratti di lavoro e di avvalersi delle prestazioni di tali docenti come prestatori esterni di servizi. Ciò è avvenuto nel caso della sig.ra Allonby, il cui contratto di lavoro non veniva rinnovato a decorrere dal 29 agosto 1996 e a cui veniva offerta una nuova assunzione attraverso l’ELS.
19.
L’ELS operava come agenzia, gestendo una banca dati di docenti. I college potevano ricorrervi per incarichi di insegnamento, designando la persona interessata per via nominativa, se lo desideravano. In tal modo, la sig.ra Allonby ed altri che si trovavano in una situazione simile si vedevano costretti a registrarsi presso l’ELS al fine di continuare a lavorare come docenti a tempo parziale, divenendo lavoratori autonomi. A quel punto, la loro retribuzione costituiva una frazione del compenso per la prestazione concordato tra l’ELS ed il college. Il loro reddito diminuiva ed essi perdevano una serie di benefici che andavano dalla retribuzione in caso di assenza per malattia allo sviluppo delle carriere. L’ELS non è un datore di lavoro parte del TSS.
20.
Su 341 docenti assunti a tempo parziale pagati con tariffa oraria e licenziati nel 1996 dal college, si contavano 110 uomini e 231 donne. Tra i docenti impiegati a tempo pieno dal college, il rapporto uomini/donne passava da 74/40 nell’anno scolastico 1994-1995 a 55/50 nel 1995-1996.
21.
La banca dati dell’ELS conteneva circa altrettanti uomini che donne: rispettivamente 18 050 e 19 909 nel rendiconto più recente di cui il giudice adito in primo grado nella causa principale poteva disporre.
22.
La sig.ra Allonby, sostenuta dal suo sindacato, e, nell’ambito del ricorso in appello, dall’Equal Opportunities Commission (Commissione per le pari opportunità), avviava un procedimento avverso il college al fine di ottenere il pagamento di un’indennità per licenziamento economico e del risarcimento dei danni per licenziamento ingiustificato nonché per discriminazione indiretta fondata sul sesso conseguente al licenziamento stesso.
23.
La sig.ra Allonby ha avviato un’ulteriore serie di procedimenti facendo valere, innanzi tutto, che il college stava ponendo in essere una discriminazione nei suoi confronti quale lavoratrice con contratto di lavoro autonomo in violazione dell’art. 9 del Sex Discrimination Act 1975; inoltre, che l’ELS aveva l’obbligo per legge di retribuirla allo stesso livello – cioè pro rata – di un insegnante assunto dal college a tempo pieno e, infine, che lo Stato, rappresentato dal Secretary of State, agiva in maniera illegittima negandole l’accesso, in qualità di lavoratrice autonoma, al regime TSS. Tali procedimenti potrebbero costituire un precedente giurisprudenziale per altre persone che si trovassero in situazioni analoghe.
24.
La richiesta di pagamento di un’indennità di licenziamento economico le parti formava oggetto di un accordo transattivo.
25.
Nel luglio 1997, l’Employment Tribunal (Tribunale del lavoro) (Regno Unito) decideva, in via preliminare, che la sig.ra Allonby non aveva il diritto di far riferimento alla situazione di un docente di sesso maschile occupato a tempo pieno presso il college per un raffronto con la propria situzione. Nell’aprile 1998 lo stesso giudice decideva che il licenziamento ad opera del college era ingiustificato ma non dava luogo ad alcun risarcimento, e che costituiva una discriminazione indiretta fondata sul sesso, seppur giustificabile. Esso dichiarava altresì che il motivo relativo ad una presunta violazione dell’art. 9 del Sex Discrimination Act 1975 e i motivi dedotti avverso l’ELS e il Secretary of State non potevano essere accolti. Queste decisioni erano confermate nel marzo 2000 dall’Employment Appeal Tribunal (Regno Unito), il quale tuttavia autorizzava il ricorso in appello.
26.
A’ termini dei primi due motivi dedotti dinanzi al giudice del rinvio, il licenziamento della sig.ra Allonby da parte del college costituirebbe una discriminazione indiretta fondata sul sesso e il college, rifiutando successivamente all’interessata i benefici di cui potevano fruire i docenti stipendiati, avrebbe posto in essere nei suoi confronti una discriminazione in quanto lavoratrice con contratto di lavoro autonomo. Le questioni afferenti a questi due motivi sono state rinviate all’Employment Tribunal per riesame.
27.
Quanto agli altri motivi, il giudice del rinvio ha dichiarato quanto segue.
28.
Nei confronti dell’ELS la sig.ra Allonby fa valere che l’art. 141 CE le conferisce, quando lavora per il college, il diritto alla medesima retribuzione di un docente di sesso maschile, assunto dal college, per un lavoro che deve essere considerato equivalente. Essa chiede che la detta società sia condannata a versarle tale retribuzione comparando la propria situazione a quella di un docente da lei nominativamente indicato, il sig. R. Johnson.
29.
Secondo il giudice del rinvio, le circostanze di fatto rilevanti nell’ambito dell’esame di tale domanda di uguale retribuzione sono le seguenti:
– La sig.ra Allonby ed il sig. Johnson svolgono un lavoro di insegnamento presso il college, benché non sempre nel medesimo luogo, che si presumono equivalenti.
– Il sig. Johnson è assunto dal college in qualità di docente ed è stipendiato dal college alle condizioni stabilite dal medesimo.
– La sig.ra Allonby collabora con l’ELS in quanto lavoratrice autonoma. Essa lavora sulla base di specifici incarichi affidatile dall’ELS, presso il college o altri istituti. Essa non ha alcun rapporto contrattuale con il college.
– Il college decide insieme con l’ELS la retribuzione che gli verserà per gli incarichi di ciascun docente. L’ELS concorda con la sig.ra Allonby il compenso che questa riceverà per ogni incarico e fissa le condizioni di lavoro dei suoi docenti. Il college non ha il diretto controllo sull’ELS su questa o su altre materie.
– Il college e l’ELS occupano personale sia maschile che femminile.
30.
Nei confronti dell’ELS, del college e del Secretary of State la sig.ra Allonby rivendica il suo diritto di iscriversi al TSS. Reclama tale diritto sia in virtù del raffronto con la situazione di un docente di sesso maschile assunto dal college sia, dal momento che il detto regime è stato istituito per via legislativa, senza la necessità di un siffatto raffronto potendo dimostrare statisticamente che, tra gli insegnanti che possiedono tutti gli altri requisiti per l’iscrizione, una proporzione considerevolmente più ridotta di docenti di sesso femminile, rispetto a quelli di sesso maschile, è in grado di soddisfare il requisito di essere assunti in base ad un contratto di lavoro subordinato per potersi iscrivere al detto regime pensionistico. Nella causa principale, i giudici aditi non si sono ancora pronunciati sull’esistenza di una tal prova né sulla questione di una giustificazione oggettiva. Ciononostante, il giudice del rinvio considera necessario, al fine di evitare sforzi inutili, sottoporre alcune questioni alla Corte prima di disporre, ove la soluzione delle questioni lo rendesse necessario, l’accertamento dei fatti.
31.
Secondo il giudice del rinvio, le circostanze di fatto rilevanti nell’ambito dell’esame della domanda relativa al TSS sono le seguenti:
– Il regime è stato istituito dal Secretary of State grazie a poteri conferitigli da una legge.
– Uno dei presupposti prescritti per l’iscrizione al TSS è che si tratti di lavoratore subordinato assunto in qualità di docente da un istituto appartenente ad una categoria specifica. Il college rientra in una di tali categorie.
– Nessun lavoratore autonomo può iscriversi al detto regime pensionistico.
– Il TSS garantisce la corresponsione di pensioni ed altri benefici principalmente in funzione della durata della carriera degli iscritti e di un «salario di riferimento» percepito in un impiego rientrante in tale regime; non deve trattarsi necessariamente dello stesso impiego per tutto il periodo, ma l’attività deve essersi svolta presso gli istituti che possono partecipare al TSS.
– I livelli di retribuzione che formano la base per determinare le prestazioni a norma del detto regime pensionistico possono differire da un datore di lavoro all’altro.
– Le prestazioni pagate dal TSS sono finanziate da contributi a carico degli iscritti e dei loro datori di lavoro.
– Nessuno dei docenti reclutati dall’ELS è lavoratore subordinato. Di conseguenza, nessuno di loro può pretendere di iscriversi al TSS.
32.
Dalle spiegazioni fornite dal governo del Regno Unito discende che l’ELS può partecipare al TSS per i docenti che siano suoi lavoratori subordinati.
Questioni pregiudiziali
33.
La Court of Appeal afferma che si deve determinare in primo luogo se si debba considerare che due persone che lavorano nello stesso servizio od istituto, seppure in virtù di contratti conclusi con datori di lavoro distinti, svolgono lo stesso lavoro ai sensi dell’art. 141 CE, per lo meno se il lavoro viene svolto per i fini e a profitto del datore di lavoro nella cui competenza rientra il servizio o l’istituto. Secondo il giudice del rinvio, solo in caso di risposta negativa a tale questione non vi sarebbe conflitto tra la citata disposizione e l’art. 1, n. 6, dell’Equal Pay Act 1970.
34.
Da un lato sarebbe evidente che il contratto della sig.ra Allonby controverso nella causa principale non è stato concluso col college, ma con l’ELS e, dall’altro, che tale società ed il college non sono datori di lavoro associati ai sensi dell’art. 1, n. 6, lett. c), dell’Equal Pay Act 1970. Il sig. Johnson non sarebbe quindi «impiegato dal datore di lavoro [della sig.ra Allonby] (…) nella stessa impresa» ai sensi di tale norma, bensì assunto dal college, benché nell’ambito dello stesso istituto.
35.
Secondo la Court of Appeal, il modo in cui l’art. 1, n. 6, dell’Equal Pay Act 1970 è redatto consentirebbe di interpretare eventualmente l’espressione «lo stesso lavoro» di cui al n. 2, lett. c), dello stesso articolo nel senso che questo ricomprende anche il lavoro svolto nello stesso servizio o istituto. Tuttavia, la versione iniziale di tale legge osterebbe a una simile interpretazione e la sig.ra Allonby dovrebbe quindi basare la propria azione sul diritto comunitario, sia mediante l’interpretazione dell’Equal Pay Act 1970 sia avvalendosi dell’effetto diretto di tale normativa.
36.
Il giudice del rinvio non dubita affatto che, se si dovesse effettuare un confronto tra la situazione della sig.ra Allonby e quella del sig. Johnson, ne risulterebbero numerose disuguaglianze: in particolare il secondo beneficierebbe, contrariamente alla prima, di una garanzia contro il licenziamento ingiustificato e quello economico, nonché di una retribuzione in caso di assenza per malattia. La sig.ra Allonby non sosterrebbe che il diritto alla parità con il sig. Johnson debba applicarsi al di fuori delle occasioni in cui l’ELS propone a quest’ultima degli incarichi presso il college. Tuttavia, se il suo argomento dovesse essere accolto in relazione al college, lo sarebbe – o potrebbe esserlo – in rapporto ad altri istituti che ottengono le sue prestazioni con l’intermediazione dell’ELS.
37.
In secondo luogo, la Court of Appeal si chiede se la sig.ra Allonby possa aspirare ad un’iscrizione al TSS sulla base dell’art. 141 CE. A questo proposito, spiega che la sig.ra Allonby, nel suo rapporto di lavoro con l’ELS, essendo vincolata a tale società soltanto da un contratto di prestazione di servizi, non può pretendere di iscriversi al detto regime di pensione.
38.
Il giudice del rinvio afferma che, se la sig.ra Allonby potrà fondarsi sulla situazione del sig. Johnson come elemento di raffronto, in linea di principio otterrà soddisfazione per quest’aspetto e che, in ogni caso, l’interessata fa valere di aver diritto alla parità di trattamento senza che sia necessario operare un raffronto con una determinata persona di sesso maschile. La sig.ra Allonby rinvierebbe alla decisione dell’Employment Appeal Tribunal – con cui il giudice del rinvio dichiara di concordare – secondo cui, contrariamente a quanto statuito dall’Employment Tribunal, il contratto tra la sig.ra Allonby e l’ELS è, in forza dell’art. 1, n. 6, lett. a), dell’Equal Pay Act 1970, un contratto di lavoro subordinato ai fini della pensione.
39.
Di conseguenza, la Court of Appeal (England and Wales) (Civil Division) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’art. 141 abbia effetto diretto, così da consentire ad una donna di esigere una retribuzione eguale a quella di un uomo nelle circostanze del presente caso.
2) Se l’art. 141 abbia effetto diretto, così da conferire alla sig.ra Allonby il diritto di rivendicare l’accesso al regime di pensione, sia i) ponendosi a raffronto con il sig. Johnson, sia ii) dimostrando statisticamente che, rispetto ai docenti di sesso maschile, una percentuale considerevolmente più ridotta di docenti di sesso femminile, altrimenti in possesso dei requisiti per essere iscritti al regime, è in grado di soddisfare il requisito dell’assunzione in base ad un contratto di lavoro subordinato e provando che tale requisito non è obiettivamente giustificato».
40.
All’udienza del 28 gennaio 2003, la sig.ra Allonby ha informato la Corte che le domande rinviate dinanzi all’Employment Tribunal avevano formato oggetto di transazione tra lei e il college con il pagamento di un’indennità senza riconoscimento di responsabilità.
Sulla prima questione
41.
Il giudice del rinvio ha proposto la prima questione per poter statuire sulla domanda della sig.ra Allonby diretta ad ottenere dall’ELS una retribuzione pari a quella di un docente di sesso maschile assunto dal college.
42.
Pertanto, tale questione deve essere intesa come diretta a stabilire se, in circostanze come quelle di cui alla causa principale, l’art. 141, n. 1, CE debba essere interpretato nel senso che una donna il cui contratto di lavoro con un’impresa non sia stato rinnovato e che sia subito messa a disposizione del suo precedente datore di lavoro con l’intermediazione di un’altra impresa per fornire le stesse prestazioni abbia il diritto di avvalersi, nei confronti dell’impresa intermediaria, del principio della parità di retribuzione ponendo a raffronto la retribuzione percepita per uno stesso lavoro o un lavoro di pari valore da un uomo assunto dal precedente datore di lavoro della donna.
43.
In via preliminare, occorre ricordare che l’art. 141, n. 1, CE non può essere invocato solamente da lavoratori ai sensi di questa stessa norma.
44.
Tuttavia, anche ammesso che tale condizione sia soddisfatta, non si può risolvere la prima questione in senso affermativo.
45.
E’ vero che nella formulazione dell’art. 141, n. 1, CE nulla lascia intendere che l’applicabilità di tale disposizione sia limitata a situazioni in cui uomini e donne svolgono la propria attività lavorativa per un medesimo datore di lavoro. Il principio sancito da questo articolo può essere fatto valere dinanzi ai giudici nazionali, in particolare nel caso di discriminazioni che traggono direttamente origine da norme di legge o da contratti collettivi di lavoro, nonché nel caso in cui il lavoro venga svolto nella stessa azienda o nello stesso ufficio, privati o pubblici (v., in particolare, sentenze 8 aprile 1976, causa 43/75, Defrenne II, Racc. pag. 455, punto 40, e 17 settembre 2002, causa C-320/00, Lawrence e a., Racc. pag. I-7325, punto 17).
46.
Qualora, tuttavia, le differenze rilevate nelle condizioni retributive di lavoratori che svolgono uno stesso lavoro ovvero un lavoro di identico valore non possano essere ricondotte ad un’unica fonte, manca un soggetto che sia responsabile della diseguaglianza e che possa ristabilire la parità di trattamento. Una situazione di tal genere non rientra nell’ambito d’applicazione dell’art. 141, n. 1, CE. Il lavoro e la retribuzione di tali lavoratori non possono in questo caso essere raffrontati sulla base di tale disposizione (sentenza Lawrence e a., cit., punto 18).
47.
Orbene, dall’ordinanza di rinvio risulta che il lavoratore di sesso maschile a cui si riferisce sig.ra Allonby è retribuito dal college a condizioni determinate da quest’ultimo, mentre l’ELS ha convenuto con la sig.ra Allonby la retribuzione che questa percepirà per ogni singolo incarico.
48.
Il fatto che il livello della retribuzione precepita dalla sig.ra Allonby sia influenzato dall’importo che il college paga all’ELS non è sufficiente per concludere che il college e l’ELS costituiscano una fonte unica a cui possono essere imputate le differenze riscontrate tra le condizioni retributive della sig.ra Allonby e quelle del lavoratore di sesso maschile retribuito dal college.
49.
Inoltre, dall’ordinanza di rinvio emerge che l’ELS e il college non sono datori di lavoro associati ai sensi dell’art. 1, n. 6, lett. c), dell’Equal Pay Act 1970.
50.
Conseguentemente, la prima questione dev’essere risolta dichiarando che, in circostanze come quelle di cui alla causa principale, l’art. 141, n. 1, CE dev’essere interpretato nel senso che una donna il cui contratto di lavoro con un’impresa non sia stato rinnovato e che sia subito messa a disposizione del suo precedente datore di lavoro con l’intermediazione di un’altra impresa per fornire le stesse prestazioni non ha il diritto di avvalersi, nei confronti dell’impresa intermediaria, del principio della parità di retribuzione ponendo a raffronto la retribuzione percepita per uno stesso lavoro o un lavoro di pari valore da un uomo assunto dal precedente datore di lavoro della donna.
Sulla seconda questione
51.
La seconda questione, che comprende diverse sezioni, riguarda l’iscrizione al TSS.
52.
Occorre preliminarmente ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, un regime pensionistico, come il TSS di cui alla causa principale, che dipende essenzialmente dal posto ricoperto dall’interessato si ricollega alla retribuzione che quest’ultimo percepiva e rientra nelle previsioni dell’art. 141 CE (v. in particolare, in questo senso, sentenze 13 maggio 1986, causa 170/84, Bilka, Racc. pag. 1607, punto 22; 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber, Racc. pag. I-1889, punto 28; 28 settembre 1994, causa C-7/93, Beune, Racc. pag. I-4471, punto 46, e 10 febbraio 2000, cause riunite C-234/96 e C-235/96, Deutsche Telekom, Racc. pag. I-799, punto 32).
53.
Inoltre, rientrano nell’ambito d’applicazione dell’art. 141 CE non solo il diritto alle prestazioni fornite da un regime pensionistico professionale, ma anche il diritto ad essere iscritto a detto regime (v., in particolare, in questo senso, sentenza 28 settembre 1994, causa C-128/93, Fisscher, Racc. pag. I-4583, punto 12).
Sulla seconda questione, lett. a)
54.
La seconda questione, lett. a), è volta a stabilire se l’art. 141, n. 1, CE debba essere interpretato nel senso che una donna che si trovi in una situazione quale quella di cui alla causa principale abbia il diritto di avvalersi, nei confronti dell’impresa intermediaria e/o del suo precedente datore di lavoro, del principio della parità di retribuzione al fine di potersi iscrivere ad un regime pensionistico professionale per insegnanti, istituito da una normativa statale, al quale possono iscriversi solamente gli insegnanti titolari di un contratto di lavoro subordinato, prendendo a confronto la retribuzione, comprensiva di tale diritto di iscrizione, percepita per lo stesso lavoro o per un lavoro dello stesso valore da un uomo assunto dal precedente datore di lavoro della donna.
55.
Per quanto concerne il rapporto tra la sig.ra Allonby e l’ELS, occorre seguire lo stesso ragionamento applicato alla prima questione.
56.
Quanto al rapporto con il college, si deve constatare che, a seguito dell’accordo transattivo conluso tra la sig.ra Allonby e il college nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, non è più necessario stabilire se la sig.ra Allonby abbia subito una discriminazione indiretta fondata sul sesso derivante dal licenziamento e se possa eventualmente ancora rivendicare, sul fondamento dell’art. 141, n. 1, CE, talune voci della retribuzione nei confronti del college.
57.
Pertanto, si deve risolvere la seconda questione, lett. a), dichiarando che l’art. 141, n. 1, CE dev’essere interpretato nel senso che una donna che si trovi in una situazione quale quella di cui alla causa principale non ha il diritto di avvalersi del principio della parità di retribuzione al fine di potersi iscrivere ad un regime pensionistico professionale per insegnanti, istituito da una normativa statale, al quale possono iscriversi solamente gli insegnanti titolari di un contratto di lavoro, prendendo a confronto la retribuzione, comprensiva di tale diritto di iscrizione, percepita per lo stesso lavoro o per un lavoro dello stesso valore da un uomo assunto dal precedente datore di lavoro della donna.
Sulla seconda questione, lett. b)
58.
La seconda questione, lett. b), riguarda da un lato lo Stato, rappresentato dal Secretary of State, e, dall’altro, l’ELS quale impresa intermediaria.
59.
Essa verte su un’eventuale discriminazione a livello normativo.
Sulla seconda questione, lett. b), prima parte
60.
Per i profili che interessano lo Stato, il giudice del rinvio intende sapere, in sostanza, se il requisito di essere assunti in base ad un contratto di lavoro subordinato al fine di potersi iscrivere ad un regime pensionistico per insegnanti, istituito da una normativa statale, debba restare inapplicato qualora si dimostri che tra gli insegnanti che sono in possesso degli altri requisiti per essere iscritti al regime, una proporzione considerevolmente più ridotta di docenti di sesso femminile, rispetto a quelli di sesso maschile, è in grado di soddisfare il detto requisito e che è provato che quest’ultimo non è obiettivamente giustificato.
61.
Per rispondere a tale questione, occorre innanzi tutto interpretare la nozione di «lavoratore» ai sensi dell’art. 141, n. 1, CE, per poi precisare la cerchia di soggetti che possono essere ricompresi nel raffronto e, infine, esaminare le conseguenze di un’eventuale incompatibilità del requisito controverso con la detta norma.
– La nozione di «lavoratore» ai sensi dell’art. 141, n. 1, CE
62.
Il criterio di riferimento posto alla base dellart. 141, n. 1, CE è la possibilità di confrontare le prestazioni lavorative fornite dai lavoratori dell’uno o dell’altro sesso (v., in questo senso, sentenza 15 giugno 1978, causa 149/77, Defrenne III, Racc. pag. 1365, punto 22). Pertanto, possono essere presi in considerazione nell’ambito del confronto previsto dall’art. 141, n. 1, CE solamente uomini e donne che siano lavoratori ai sensi di tale articolo.
63.
A questo proposito, si deve ricordare che la nozione di lavoratore nel diritto comunitario non è univoca, ma varia a seconda del settore di applicazione considerato (sentenza 12 maggio 1998, causa C-85/96, Martínez Sala, Racc. pag. I-2691, punto 31).
64.
L’espressione «lavoratore» ai sensi dell’art. 141, n. 1, CE non è espressamente definita nel Trattato CE. Onde determinare il suo significato è quindi duopo avvalersi dei principi interpretativi generalmente ammessi, tenendo conto, in particolare, del suo contesto e delle finalità del Trattato.
65.
Secondo l’art. 2 CE, la Comunità ha l’obiettivo di promuovere, tra l’altro, l’uguaglianza tra gli uomini e le donne. L’art. 141, n. 1, CE costituisce un’espressione specifica del principio di uguaglianza tra uomo e donna, che fa parte dei principi fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico comunitario (v., in questo senso, sentenza 10 febbraio 2000, cause riunite C-270/97 e C-271/97, Deutsche Post, Racc. pag. I-929, punto 57). Come già dichiarato dalla Corte nella citata sentenza Defrenne II (punto 12), il principio della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici è uno dei principi fondamentali della Comunità.
66.
Pertanto, il termine «lavoratore» di cui all’art. 141, n. 1, CE non può definirsi mediante rinvio al diritto degli Stati membri, bensì ha una portata comunitaria. Inoltre, non può essere interpretato restrittivamente.
67.
Ai fini di quest’ultima norma, dev’essere considerata lavoratore la persona che fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceve una retribuzione (v., in relazione alla libera circolazione dei lavoratori, in particolare, sentenze 3 luglio 1986, causa 66/85, Lawrie-Blum, Racc. pag. 2121, punto 17, e Martínez Sala, cit., punto 32).
68.
Ai sensi dell’art. 141, n. 2, primo comma, CE, per «retribuzione» si intende, ai fini di questo stesso articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo. Da tale definizione risulta che gli autori del Trattato non hanno voluto includere nel termine «lavoratore» ai sensi dell’art. 141, n. 1, CE i prestatori autonomi di servizi, che non sono legati al beneficiario dei servizi da un nesso di subordinazione (v. altresì, nell’ambito della libera circolazione dei lavoratori, sentenza 8 giugno 1999, causa C-337/97, Meeusen, Racc. pag. I-3289, punto 15).
69.
La soluzione al problema di stabilire se vi sia un simile nesso deve essere trovata in ogni caso specifico in funzione di tutti elementi e di tutte le circostanze che caratterizzano i rapporti tra le parti.
70.
Nel momento in cui una persona è un lavoratore ai sensi dell’art. 141, n. 1, CE, la natura del nesso giuridico che la lega all’altra parte del rapporto di lavoro è irrilevante ai fini dell’applicazione di tale articolo (v., nell’ambito della libera circolazione dei lavoratori, sentenze 31 maggio 1989, causa 344/87, Bettray, Racc. pag. 1621, punto 16, e 26 febbraio 1992, causa C-357/89, Raulin, Racc. pag. I-1027, punto 10).
71.
La qualificazione formale di lavoratore autonomo ai sensi del diritto nazionale non esclude che una persona debba essere qualificata come lavoratore ai sensi dell’art. 141, n. 1, CE se la sua indipendenza è solamente fittizia e nasconde in tal modo un rapporto di lavoro ai sensi del citato articolo.
72.
Per quanto riguarda gli insegnanti che, nei confronti di un’impresa intermediaria, abbiano l’obbligo di svolgere un incarico presso un college, si deve esaminare, in particolare, in quale misura sia ristretta la loro libertà di determinare l’orario, il luogo e il contenuto del loro lavoro. Il fatto che su di loro non gravi alcun obbligo di accettare un incarico è irrilevante nel contesto in esame (v., in questo senso, in relazione alla libera circolazione dei lavoratori, sentenza Raulin, cit., punti 9 e 10).
– La cerchia di soggetti che possono essere ricompresi nel raffronto
73.
Allorché si deve verificare se una normativa sia conforme a quanto disposto dall’art. 141, n. 1, CE, in linea di principio è la sfera di applicazione di tale normativa che determina la cerchia delle persone che possono essere incluse nel raffronto.
74.
Così, in materia di regimi pensionistici aziendali la cui sfera di applicazione è limitata all’impresa interessata, la Corte ha dichiarato che un lavoratore non può far valere l’art. 119 del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE-143 CE) per rivendicare la retribuzione cui potrebbe aver diritto se appartenesse all’altro sesso, in mancanza, nella detta impresa, di lavoratori dell’altro sesso che svolgano al momento o abbiano svolto anteriormente un lavoro analogo (sentenza 28 settembre 1994, causa C-200/91, Coloroll Pension Trustees, Racc. pag. I-4389, punto 103). Invece, in relazione a una normativa nazionale, nella sentenza 13 luglio 1989, causa 171/88, Rinner-Kühn (Racc. pag. 2743, punto 11), la Corte ha fondato il suo ragionamento su statistiche relative al numero di lavoratori e lavoratrici a livello nazionale.
75.
Al fine di dimostrare che il requisito di essere assunti in base ad un contratto di lavoro subordinato per potersi iscrivere al TSS, requisito che scaturisce da una normativa statale, costituisce una violazione del principio della parità delle retribuzioni tra lavoratori e lavoratrici sotto forma di discriminazione indiretta nei confronti delle donne, una lavoratrice può avvalersi di statistiche che dimostrino che, tra gli insegnanti, che sono lavoratori ai sensi dell’art. 141, n. 1, CE e che possiedono tutti i requisiti per l’iscrizione al regime pensionistico tranne quello di essere assunti in base ad un contratto di lavoro subordinato ai sensi del diritto nazionale, figura una percentuale molto più elevata di donne che di uomini.
76.
Se così è, la disparità di trattamento in relazione all’iscrizione al regime pensionistico controverso deve essere oggettivamente giustificata. Sotto questo profilo, dalla qualificazione formale di lavoratore autonomo ai sensi del diritto nazionale non può derivare alcun motivo di giustificazione.
– Conseguenze giuridiche
77.
Qualora risulti che il requisito di essere assunti in base ad un contratto di lavoro subordinato al fine di potersi iscrivere ad un regime pensionistico è in contrasto con l’art. 141, n. 1, CE, la clausola interessata dev’essere disapplicata, in virtù del primato del diritto comunitario (v., in questo senso, sentenza 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, Racc. pag. 629, punto 24).
78.
Alla luce delle osservazioni presentate dal governo del Regno Unito all’udienza del 28 gennaio 2003, occorre aggiungere che, ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. b), della direttiva 86/378, che esplicita la portata dell’art. 141 CE per quel che riguarda i lavoratori subordinati, anche il carattere obbligatorio o facoltativo della partecipazione a un regime professionale deve essere fissato senza discriminazioni fondate sul sesso.
79.
Stante quanto precede, la seconda questione, lett. b), prima parte, deve essere risolta dichiarando che, in mancanza di qualsiasi giustificazione obiettiva, il requisito, fissato da una normativa statale, di essere assunti in base ad un contratto di lavoro subordinato al fine di potersi iscrivere ad un regime pensionistico per insegnanti non è applicabile qualora si dimostri che tra gli insegnanti, che sono lavoratori ai sensi dell’art. 141, n. 1, CE e che possiedono tutti gli altri requisiti per l’iscrizione, una proporzione considerevolmente più ridotta di donne che di uomini è in grado di soddisfare il detto requisito. La qualificazione formale di lavoratore autonomo ai sensi del diritto nazionale non esclude che una persona debba essere qualificata come lavoratore ai sensi del citato articolo se la sua indipendenza è solamente fittizia.
Sulla seconda questione, lett. b), seconda parte
80.
In relazione all’ELS, il giudice del rinvio intende verificare, in sostanza, se l’applicabilità dell’art. 141, n. 1, CE nei confronti di un’impresa sia subordinata alla condizione che il lavoratore interessato possa essere paragonato ad un lavoratore dell’altro sesso che è o è stato assunto dallo stesso datore di lavoro e che ha ricevuto, per lo stesso lavoro o per un lavoro dello stesso valore, una retribuzione più elevata e che una donna non possa quindi far valere delle statistiche al fine di pretendere, sul fondamento di tale disposizione, il diritto di potersi iscrivere a un regime pensionistico istituito da una normativa statale.
81.
A questo proposito, si deve constatare che una donna può avvalersi di statistiche per dimostrare che una clausola contenuta in una normativa statale è in contrasto con l’art. 141, n. 1, CE per via del suo carattere discriminatorio nei confronti dei lavoratori di sesso femminile. Quando tale norma non è applicabile, le conseguenze che ne derivano non si impongono solamente alle pubbliche autorità o agli organismi sociali, ma anche al datore di lavoro interessato.
82.
Se, per esempio, un datore di lavoro assume solo lavoratori per i quali l’orario di lavoro normale non eccede le 10 ore settimanali o le 45 ore mensili e che, a prescindere dal sesso del lavoratore, non versa la retribuzione in caso di malattia perché una legge indirettamente discriminatoria nei confronti delle donne, come quella controversa nella causa conclusasi con la citata sentenza Rinner-Kühn, lo consente, le lavoratrici possono tuttavia invocare l’art. 141, n. 1, CE nei confronti del loro datore di lavoro, al fine di far valere i diritti derivanti dalla legislazione nazionale a favore dei lavoratori il cui orario di lavoro normale è più lungo e far disapplicare la clausola discriminatoria.
83.
In tale caso, è il legislatore l’unica fonte della disparità di trattamento di cui al punto 18 della citata sentenza Lawrence e a.
84.
La seconda questione, lett. b), seconda parte, deve essere quindi risolta dichiarando che l’art. 141, n. 1, CE deve essere interpretato nel senso che, quando si tratti di una normativa nazionale, l’applicabilità di tale norma nei confronti di un’impresa non è subordinata alla condizione che il lavoratore interessato possa essere paragonato ad un lavoratore dell’altro sesso che è o è stato assunto dallo stesso datore di lavoro e che ha ricevuto, per lo stesso lavoro o per un lavoro dello stesso valore, una retribuzione più elevata.
Sulle spese
85.
Le spese sostenute dai governi britannico e tedesco, nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE,
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) con ordinanza 22 giugno 2001, dichiara:
1) In circostanze come quelle di cui alla causa principale, l’art. 141, n. 1, CE dev’essere interpretato nel senso che una donna il cui contratto di lavoro con un’impresa non sia stato rinnovato e che sia subito messa a disposizione del suo precedente datore di lavoro con l’intermediazione di un’altra impresa per fornire le stesse prestazioni non ha il diritto di avvalersi, nei confronti dell’impresa intermediaria, del principio della parità di retribuzione ponendo a raffronto la retribuzione percepita per uno stesso lavoro o un lavoro di pari valore da un uomo assunto dal precedente datore di lavoro della donna.
2) L’art. 141, n. 1, CE dev’essere interpretato nel senso che una donna che si trovi in una situazione quale quella di cui alla causa principale non ha il diritto di avvalersi del principio della parità di retribuzione al fine di potersi iscrivere ad un regime pensionistico professionale per insegnanti, istituito da una normativa statale, al quale possono iscriversi solamente gli insegnanti titolari di un contratto di lavoro subordinato, prendendo a confronto la retribuzione, comprensiva di tale diritto di iscrizione, percepita per lo stesso lavoro o per un lavoro dello stesso valore da un uomo assunto dal precedente datore di lavoro della donna.
3) In mancanza di qualsiasi giustificazione obiettiva, il requisito, fissato da una normativa statale, di essere assunti in base ad un contratto di lavoro subordinato al fine di potersi iscrivere ad un regime pensionistico per insegnanti non è applicabile qualora si dimostri che tra gli insegnanti, che sono lavoratori ai sensi dell’art. 141, n. 1, CE e che possiedono tutti gli altri requisiti per l’iscrizione, una proporzione considerevolmente più ridotta di donne che di uomini è in grado di soddisfare il detto requisito. La qualificazione formale di lavoratore autonomo ai sensi del diritto nazionale non esclude che una persona debba essere qualificata come lavoratore ai sensi del citato articolo se la sua indipendenza non è fittizia.
4) L’art. 141, n. 1, CE deve essere interpretato nel senso che, quando si tratti di una normativa nazionale, l’applicabilità della detta norma nei confronti di un’impresa non è subordinata alla condizione che il lavoratore interessato possa essere paragonato ad un lavoratore dell’altro sesso che è o è stato assunto dallo stesso datore di lavoro e che ha ricevuto, per lo stesso lavoro o per un lavoro dello stesso valore, una retribuzione più elevata.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 gennaio 2004.
1: Lingua processuale: l’inglese.