Audizione dei dirigenti del Ministero dell’Interno dinanzi al Comitato parlamentare di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Il documento che si propone all’attenzione dei lettori contiene il resoconto dell’audizione del Prefetto A. Pansa (Vice Capo della Polizia e Direttore Centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere del Ministero dell’Interno) e del Prefetto A.M. D’Ascenzo (Capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno) svoltasi, il 15 novembre 2005, innanzi al Comitato parlamentare di controllo dell’Accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività dell’Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.
Il resoconto è assai rilevante anche perché contiene informazioni dettagliate sulle modalità di svolgimento dei procedimenti relativi all’identificazione, al rimpatrio, al respingimento e al trattenimento nonché sul funzionamento, passato, presente e futuro, dei Centri di identificazione, dei Centri di Permanenza Temporanea (CPTA), ecc..
Interessanti anche le notizie sui costi dei Centri, sui rapporti operativi con gli enti locali e con la Libia.
Alcune affermazioni appaiono assolutamente non condivisibili dal punto di vista giuridico.
Ad esempio: che significato ha distinguere due tipi di “trasparenza” – in relazione all’accesso di osservatori esterni alle strutture di accoglienza – a seconda che si tratti di centri di prima accoglienza e soccorso o di centri di permanenza temporanea e assistenza? Mentre nel primo caso – come viene spiegato nell’audizione – le organizzazioni internazionali potrebbero essere chiamate a collaborare, migliorando l’accoglienza sul territorio e accelerando le procedure, nel secondo caso, invece, le medesime organizzazioni non possono assolutamente «entrare, in quanto il centro di permanenza temporanea riceve persone già valutate, che devono essere espulse» (p. 8 della bozza dell’audizione). Che tipo di ragionamento sostiene questa logica? A parte il fatto che i centri di permanenza temporanea tali non sono e divengono, per lo più, centri di permanenza “permanenti”, ma, proprio perché essi ospitano persone già sottoposte a uno screening identificativo che li definisce “alieni” rispetto all’ordine giuridico che li ha valutati, pare necessario (se non obbligatorio) sottoporre quei “luoghi” di “temporanea” reclusione a procedure di massima trasparenza, per evitare che alla già umiliante limitazione della libertà personale si accompagni una sospensione fattuale, sine die, dei diritti elementari della persona umana.
Il testo appare, comunque, interessante perché fornisce una versione esaustiva ed aggiornata della visione, in materia, dei Dirigenti delle amministrazioni centrali del Ministero.
Il Prefetto Pansa afferma, sorprendentemente, innanzi al Comitato parlamentare di controllo, che gli immigrati trattenuti sono persone che, di solito, «non sanno neanche usare una toilette» (si veda p. 12 della bozza di audizione).
L’art. 2 della Costituzione italiana, il principio personalista, le conquiste culturali del costituzionalismo democratico paiono, in materia di immigrazione, fumiganti chimere.