L’appello che pubblichiamo, redatto, insieme a più di settanta docenti di diritto internazionale e di diritto costituzionale, da Gaetano Arangio Ruiz, emerito di diritto internazionale, è stato inviato il 12 maggio 2004 al Presidente della Repubblica ed ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Esso esprime le condizioni minime che, a giudizio dei firmatari, debbono essere soddisfatte per realizzare una seria ed utile svolta ONU nella vicenda irachena.
IRAQ: UNA SVOLTA ONU CORAGGIOSA E CREDIBILE
Il ripristino della legalità internazionale riguardo alla situazione irachena sembra subordinato, nell’opinione dei più (politici italiani inclusi), ad una forma di intervento delle Nazioni Unite, e dunque ad una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza in applicazione della Carta ONU. Sembra pure che una siffatta risoluzione dovrebbe andare al di là della risoluzione 1511 del 16 ottobre 2003. Infatti, affidando alla coalizione in atto il ristabilimento della pace in Iraq, quest’ultima risoluzione presenta il duplice inconveniente di essere pregiudizievole sia per la legalità internazionale che per le possibilità di accoglienza non ostile da parte irachena ed araba in generale. La risoluzione 1511 non prospetta, dunque, una sostituzione credibile dell’Onu alla coalizione e troppo si presta ad essere interpretata come una sanatoria dell’attacco allo Stato iracheno da parte di Bush, Blair e Aznar, contrario al diritto internazionale e alla Carta ONU, azione cui l’Italia si è associata in qualità di c.d. non belligerante.
Che una nuova decisione del Consiglio di sicurezza vada nella giusta direzione rispetto alla 1511 è tuttavia lungi dall’essere assicurato. Di qui la necessità di adoperarsi con urgenza onde promuovere una risoluzione del Consiglio che, a dispetto della evidente resistenza di Stati Uniti e Regno Unito, prenda le distanze dalla 1511 e rifletta invece l’esigenza sacrosanta di cui Kofi Annan è portavoce: quella cioè che l’Onu ritorni in Iraq solo a condizione che un’investitura del Consiglio di sicurezza la renda da tutti percepibile come neutrale e non soggetta alla coalizione.
Ad avviso degli scriventi, il Governo italiano dovrebbe dunque indirizzare (rendendola contemporaneamente pubblica) una precisa nota a Washington e a Londra (notificata per conoscenza ai partners UE) nella quale esso subordini la continuazione dell’impegno italiano in Iraq alla presentazione al Consiglio di sicurezza, da parte di quei due governi, della formale proposta che quell’organo:
(a) “accerti” (determine) in maniera netta, pur senza attribuire responsabilità ad alcuno, l’esistenza, in Iraq, di una “violazione della pace” (breach of the peace) ai sensi dell’art. 39 della Carta Nazioni Unite;
(b) “decida” (decide), in base all’art. 42 della stessa Carta, la costituzione di una Forza collettiva di interposizione che operi in territorio iracheno sotto la bandiera delle Nazioni Unite e sia composta di contingenti di provenienza anche marcatamente diversa da quella delle forze operanti oggi in Iraq. La Forza collettiva in discorso dovrebbe operare come Forza di peace-building fra le parti attualmente in conflitto nel Paese e al fine primo di agevolare il ristabilimento in Iraq di istituzioni di governo locali e nazionali: ciò a garanzia della sicurezza della popolazione civile, oltre che delle organizzazioni umanitarie operanti in loco. La Forza sarebbe retta sul campo da un comando integrato. Questo dovrebbe interagire con i comandi nazionali dei membri della coalizione (vale a dire, in specie, i generali americani e inglesi), posti peraltro in posizione subordinata rispetto ad un comandante neutrale (per esempio asiatico o sudafricano), nominato dal Segretario generale delle Nazioni Unite in consultazione (ma non più che in consultazione) con gli Stati della coalizione. Considerato che gli stessi Americani hanno lamentato, in occasione di esperienze precedenti, l’impraticità della doppia catena di comando, dovrebbe essere chiaro che il comando della Forza collettiva è unico e che il generale posto al suo vertice è espressione dell’ONU.
(c) “decida” (decide), in base allo stesso art. 42, di affidare al Segretario generale piena autorità (full authority) sulla pianificazione e la conduzione delle attività della Forza collettiva, autorità da esercitare sotto il controllo dello stesso Consiglio di sicurezza.
Qualora ciò non fosse fatto da Stati Uniti e Regno Unito entro il breve termine suggerito dalle drammatiche circostanze in atto, l’Italia dovrebbe procedere senz’altro al ritiro delle proprie forze dall’Iraq. A differenza dalla Spagna, l’Italia motiverebbe il ritiro del proprio contingente sulla base non già del presumibile ritardo dell’intervento Onu, bensì del rifiuto di Stati Uniti e Gran Bretagna di proporlo con l’urgenza, la serietà e nei termini che lo rendano affidabile. A differenza della Spagna offriremmo inoltre, prima di decidere l’abbandono, una chance di rientro nella legalità agli Stati dei quali ci siamo dichiarati (in modo incostituzionale e internazionalmente illegale, nonché ambiguo) “alleati non belligeranti”.
Se Bush e Blair si opponessero a che il Consiglio di sicurezza riconosca almeno implicitamente la “violazione della pace” (da parte loro e dei loro alleati) o non accettassero il comando Onu della Forza collettiva, continuino pure da soli nella sciagurata impresa.
Sarebbe veramente auspicabile, in questo momento, che l’Italia abbandonasse l’accettazione acritica che quasi sempre riserva alle posizioni dell’amministrazione americana la quale, mentre conta sul nostro Paese per le basi militari e quant’altro, passa addirittura sotto silenzio (come Bush in persona ha fatto nel corso dell’ultima Assemblea generale dell’Onu) nostre ragionevoli proposte sulla composizione del Consiglio di sicurezza. Sarebbe ora che si desse prova, visto che per un momento siamo uniti nel patriottismo auspicato dal Presidente Ciampi, di un minimo di dignità nei confronti di alleati che ostentano uno spregio crescente della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale tutto. Indicando in una ferma nota diplomatica i tre paragrafi sopra formulati, ci avvicineremmo anche a quella parte dell’Europa dalla quale ci siamo allontanati con la scelta irachena e che certo apprezzerebbe un gesto italiano che sia ad un tempo fermo e giuridicamente fondato.
Partecipano i sottoindicati docenti di diritto internazionale e di diritto costituzionale:
Pia Acconci (Un. Teramo); Maria Luisa Alaimo (Un. “La Sapienza”, Roma); Umberto Allegretti (Un. Firenze); Andrea Ambrosi (Un. Padova); Gaetano Arangio-Ruiz (Un. “La Sapienza”, Roma); Maurizio Arcari (Un. Milano-Bicocca); Gregorio Arena (Un. Trento); Gaetano Azzariti (Un. “La Sapienza”, Roma); Tito Ballarino (Un. Padova); Franco Bassanini (Un. “La Sapienza”, Roma); Giovanni Battaglini (Un. Ferrara); Paolo Benvenuti (Un. Roma Tre); Aldo Bernardini (Un. Teramo); Mario Bertolissi (Un. Padova); Ernesto Bettinelli (Un. Pavia); Francesco Bilancia (Un. Chieti-Pescara); Roberto Bin (Un. Ferrara); Maria Agostina Cabiddu (Un. Cattolica Milano); Enzo Cannizzaro (Un. Macerata); Paolo Caretti (Un. Firenze); Lorenza Carlassare (Un. Padova); Giovanni Cellamare (Un. Bari); Pietro Ciarlo (Un. Cagliari); Enzo Cocozza (Un. Napoli); Maria Ersilia Corrao (Un. Teramo); Claudio De Fiores (Seconda Un. Napoli); Gianmario Demuro (Un. Cagliari); Antonietta Di Blase (Un. Bologna); Alfonso Di Giovine (Un. Torino); Claudio Di Turi (Un. Calabria); Mario Dogliani (Un. Torino); Gianni Ferrara (Un. “La Sapienza”, Roma); Cristiana Fioravanti (Un. Ferrara); Paolo Fois (Un. Sassari); Serena Forlati (Un. Ferrara); Matteo Fornari (Un. Milano-Bicocca); Silvio Gambino (Un. Calabria); Andrea Gattini (Un. Urbino); Gustavo Ghidini (Un. LUISS Guido Carli, Roma); Alessandra Gianelli (Un. Teramo); Andrea Giardina (Un. La Sapienza); Roberto Giuffrida (Un. Perugia); Enrico Grosso (Un. Piemonte Orientale); Giancarlo Guarino (Un. “Federico II”, Napoli); Massimo Iovane (Un. “Federico II”, Napoli); Alessandra Lanciotti (Un. Perugia); Flavia Lattanzi (Un. Roma Tre); Antonio Marchesi (Un. Teramo); Luigi Mariucci (Un. Venezia); Anna Marzanati (Un. Milano-Bicocca); Franco Modugno (Un. “La Sapienza”, Roma); Bruno Nascimbene (Un. Milano); Andrea Orsi Battaglini (Un. Firenze); Giuseppe Palmisano (Un. Camerino); Nicoletta Parisi (Un. Catania); Laura Picchio Forlati (Un. Padova); Alessandra Pietrobon (Un. Padova); Paola Pillitu (Un. Perugia); Cesare Pinelli (Un. Macerata); Laura Pineschi (Un. Parma); Emanuela Pistoia (Un. Teramo); Salvatore Prisco (Un. Napoli); Giuseppe Ugo Rescigno (Un. “La Sapienza”, Roma), Dino Rinoldi (Un. Cattolica Piacenza); Lucia Serena Rossi (Un. Bologna); Antonio Ruggeri (Un. Messina); Marco Ruotolo (Un. Camerino); Francesco Salerno (Un. Ferrara); Michelangela Scalabrino (Un. Cattolica Milano); Tullio Scovazzi (Un. Milano-Bicocca); Federico Sorrentino (Un. “La Sapienza”, Roma); Marina Spinedi (Un. Firenze); Vincenzo Starace (Un. Bari); Luisa Torchia (Un. Urbino); Rosanna Tosi (Un. Padova); Tullio Treves (Un. Milano); Ennio Triggiani (Un. Bari); Lauso Zagato (Un. Venezia); Piero Ziccardi (Un. Milano).
La raccolta delle adesioni da parte dei colleghi di diritto internazionale e di diritto costituzionale è ancora aperta (può essere utilizzato il seguente indirizzo: pistoia@fastwebnet.it).
Roma, 12 maggio 2004