Corte di giustizia, divieto di discriminazioni fondate sull’età, contratto collettivo, clausola di cessazione automatica dei contratti di lavoro a 60 anni per i piloti di linea

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

13 settembre 2011 (*)

«Direttiva 2000/78/CE – Artt. 2, n. 5, 4, n. 1, e 6, n. 1 – Divieto di discriminazioni fondate sull’età – Piloti di linea – Contratto collettivo – Clausola di cessazione automatica dei contratti di lavoro a 60 anni»

Nel procedimento C‑447/09,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesarbeitsgericht (Germania), con decisione 17 giugno 2009, pervenuta in cancelleria il 18 novembre 2009, nella causa

Reinhard Prigge,

Michael Fromm,

Volker Lambach

contro

Deutsche Lufthansa AG,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.–C. Bonichot, K. Schiemann, D. Šváby, presidenti di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dal sig. E. Juhász, dalle sig.re P. Lindh (relatore), M. Berger, A. Prechal e dal sig. E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

cancelliere: sig. K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 marzo 2011,

considerate le osservazioni presentate:

– per i sigg. Prigge, Fromm e Lambach, dagli avv.ti E. Helmig e J. Rodríguez Nieto, Rechtsanwälte,

– per la Deutsche Lufthansa AG, dagli avv.ti K. Streichardt e C. Kremser–Wolf, Rechtsanwältinnen,

– per il governo tedesco, dai sigg. J. Möller e C. Blaschke, in qualità di agenti,

– per l’Irlanda, dal sig. D. O’Hagan, in qualità di agente, assistito dall’avv. D. Keane, SC,

– per la Commissione europea, dai sigg. J. Enegren e V. Kreuschitz, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 maggio 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 2, n. 5, 4, n. 1, e 6, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303, pag. 16).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da una parte, i sigg. Prigge, Fromm e Lambach e, dall’altra, il loro datore di lavoro, la Deutsche Lufthansa AG (in prosieguo: la «Deutsche Lufthansa»), in merito alla cessazione ipso iure a 60 anni dei loro contratti di lavoro in applicazione di una clausola di un contratto collettivo.

Contesto normativo

La normativa dell’Unione

3 Ai termini del suo art. 1, la direttiva 2000/78 mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento.

4 Il ventitreesimo, il venticinquesimo e il trentaseiesimo ‘considerando’ di tale direttiva enunciano quanto segue:

«(23) In casi strettamente limitati una disparità di trattamento può essere giustificata quando una caratteristica collegata alla religione o alle convinzioni personali, a un handicap, all’età o alle tendenze sessual[i] costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, a condizione che la finalità sia legittima e il requisito sia proporzionato. (…)

(…)

(25) Il divieto di discriminazione basata sull’età costituisce un elemento essenziale per il perseguimento degli obiettivi definiti negli orientamenti in materia di occupazione [nel 2000, approvati dal Consiglio europeo di Helsinki il 10 e l’11 dicembre 1999] e la promozione della diversità nell’occupazione. Tuttavia in talune circostanze, delle disparità di trattamento in funzione dell’età possono essere giustificate e richiedono pertanto disposizioni specifiche che possono variare secondo la situazione degli Stati membri. È quindi essenziale distinguere tra le disparità di trattamento che sono giustificate, in particolare, da obiettivi legittimi di politica dell’occupazione, mercato del lavoro e formazione professionale, e le discriminazioni che devono essere vietate.

(…)

(36) Gli Stati membri possono affidare alle parti sociali, dietro richiesta congiunta di queste, l’attuazione della presente direttiva, per quanto riguarda le disposizioni che rientrano in convenzioni collettive, a condizion[e] che adottino tutti i provvedimenti necessari che consentano loro di garantire, in qualsiasi momento, i risultati imposti dalla presente direttiva».

5 L’art. 2 di detta direttiva, intitolato «Nozione di discriminazione» precisa quanto segue:

«1. Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.

2. Ai fini del paragrafo 1:

a) sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;

(…)

5. La presente direttiva lascia impregiudicate le misure previste dalla legislazione nazionale che, in una società democratica, sono necessarie alla sicurezza pubblica, alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione dei reati e alla tutela della salute e dei diritti e delle libertà altrui».

6 All’art. 3 della medesima direttiva, intitolato «Campo d’applicazione», il n. 1, lett. c), precisa che la medesima si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene segnatamente all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento.

7 L’art. 4 della direttiva 2000/78, intitolato «Requisiti per lo svolgimento dell’attività lavorativa», prevede al suo n. 1:

«Fatto salvo l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata a un[o] qualunque dei motivi di cui all’articolo 1 non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un’attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, purché la finalità sia legittima e il requisito proporzionato».

8 L’art. 6 di tale direttiva, intitolato «Giustificazione delle disparità di trattamento collegate all’età», così dispone al suo n. 1:

«Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.

Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare:

a) la definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, onde favorire l’inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi;

b) la fissazione di condizioni minime di età, di esperienza professionale o di anzianità di lavoro per l’accesso all’occupazione o a taluni vantaggi connessi all’occupazione;

c) la fissazione di un’età massima per l’assunzione basata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o la necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento».

9 L’art. 16 della citata direttiva così recita:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare che:

(…)

b) tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti di lavoro o nei contratti collettivi, (…) siano o possano essere dichiarate nulle e prive di effetto oppure siano modificate».

10 L’art. 18 della direttiva 2000/78 precisa che:

«Gli Stati membri (…) possono affidare alle parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in atto la presente direttiva per quanto riguarda le disposizioni che rientrano nella sfera dei contratti collettivi. In tal caso gli Stati membri si assicurano che, entro il 2 dicembre 2003, le parti sociali stabiliscano mediante accordo le necessarie disposizioni, fermo restando che gli Stati membri devono prendere le misure necessarie che permettano loro di garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla direttiva. (…)

Per tener conto di condizioni particolari gli Stati membri possono disporre se necessario di tre anni supplementari, a partire dal 2 dicembre 2003 ovvero complessivamente di sei anni al massimo, per attuare le disposizioni relative alle discriminazioni basate sull’età o sull’handicap. In tal caso essi informano immediatamente la Commissione. Gli Stati membri che decidono di avvalersi di tale periodo supplementare presentano ogni anno una relazione alla Commissione sulle misure adottate per combattere le discriminazioni basate sull’età e sull’handicap e sui progressi realizzati in vista dell’attuazione della direttiva. La Commissione presenta ogni anno una relazione al Consiglio.

(…)».

11 La Repubblica federale di Germania ha fatto uso di detta facoltà, cosicché l’attuazione delle disposizioni di tale direttiva relative alla discriminazione fondata sull’età e sull’handicap doveva intervenire in questo Stato membro entro il 2 dicembre 2006.

La regolamentazione della professione di pilota

La normativa internazionale

12 La normativa internazionale in materia di piloti privati, commerciali o di linea è elaborata da un istituto internazionale, denominato Joint Aviation Authorities, cui la Repubblica federale di Germania partecipa. Una di tali normative, il Joint Aviation Requirements – Flight Crew Licensing 1 (in prosieguo: il «JAR–FCL 1»), è stata adottata il 15 aprile 2003.

13 Il JAR–FCL 1 è stato pubblicato dal ministero federale dei Trasporti, dell’Edilizia e della Politica degli alloggi nel Bundesanzeiger n. 80a, del 29 aprile 2003.

14 Il punto 1.060 del JAR–FCL 1 precisa quanto segue:

«Restrizioni concernenti i titolari di licenze che hanno superato i 60 anni di età:

a) da 60 a 64 anni:

il titolare di una licenza di pilota che abbia superato i 60 anni di età non potrà più esercitare l’attività di pilota su un aereo da trasporto commerciale tranne nel caso in cui:

1) egli sia membro di un equipaggio composto da diversi piloti

2) e gli altri piloti non abbiano ancora compiuto i 60 anni di età.

b) 65 anni:

il titolare di una licenza di pilota che abbia superato i 65 anni di età non potrà più esercitare l’attività di pilota su un aereo da trasporto commerciale».

La normativa nazionale

15 L’art. 20, n. 2, del regolamento relativo alle condizioni richieste in materia di circolazione aerea (Luftverkehrs–Zulassungs–Ordnung), come emendato dal regolamento di modifica delle disposizioni in materia di diritto della navigazione aerea che disciplinano gli equipaggi (Verordnung zur Änderung luftrechtlicher Vorschriften über Anforderungen an Flugbesatzungen), del 10 febbraio 2003 (BGBl. 2003 I, pag. 182), prevede quanto segue:

«Le condizioni attinenti alle qualifiche professionali e agli esami ai fini del conseguimento di una licenza, la portata, comprese le qualifiche, la durata di validità, la proroga e il rinnovo, nonché le altre condizioni per la maturazione di diritti collegati ad una licenza o ad una qualifica sono disciplinati dal regolamento relativo al personale di volo [Verordnung über Luftfahrtpersonal] (…)».

16 L’art. 4 del primo regolamento di attuazione del regolamento relativo al personale di volo (Erste Durchführungsverordnung zur Verordnung über Luftfahrtpersonal), del 15 aprile 2003 (Bundesanzeiger n. 82b, del 3 maggio 2003), stabilisce quanto segue:

«Superati i 60 anni di età e sino al compimento dei 65 anni, il titolare di una licenza di pilota commerciale o di linea, rilasciata nella Repubblica federale di Germania, o di una licenza ottenuta in conformità all’art. 46, n. 5, del regolamento relativo al personale di volo può parimenti esercitare i diritti collegati alla medesima in aerei il cui equipaggio è composto da almeno un pilota per il trasporto commerciale di passeggeri, posta e/o merci, limitato al territorio della Repubblica federale di Germania.

Superati i 65 anni di età, il titolare di una licenza di pilota non può più pilotare un aereo da trasporto commerciale di passeggeri, posta e/o merci».

Il contratto collettivo n. 5a

17 I rapporti di lavoro tra le parti nella causa principale sono disciplinati dal contratto collettivo generale n. 5a relativo al personale di bordo della Deutsche Lufthansa, nella sua versione in vigore a partire dal 14 gennaio 2005 (in prosieguo: il «contratto collettivo n. 5a»).

18 L’art. 19, n. 1, del contratto collettivo n. 5a è formulato come segue:

«Il rapporto di lavoro cessa – senza che occorra risolvere il contratto – alla fine del mese in cui si compiono 60 anni (…)».

La normativa nazionale sul lavoro e sulla parità di trattamento

19 L’art. 14 della legge sul lavoro a tempo parziale e sui contratti a tempo determinato, recante modifica e abrogazione di disposizioni in materia di diritto del lavoro (Gesetz über Teilzeitarbeit und befristete Arbeitsverträge und zur Änderung und Aufhebung arbeitsrechtlicher Bestimmungen), del 21 dicembre 2000 (BGBl. 2000 I, pag. 1966; in prosieguo: il «TzBfG»), recita come segue:

«(1) L’apposizione di un termine ad un contratto di lavoro è consentita quando sia giustificata da una ragione obiettiva (…)».

20 La legge generale sulla parità di trattamento (Allgemeines Gleichbehandlungsgesetz), del 14 agosto 2006 (BGBl. 2006 I, pag. 1897; in prosieguo: l’«AGG»), ha trasposto la direttiva 2000/78.

21 Gli artt. 1–3, 7, 8 e 10 dell’AGG recitano come segue:

«Art. 1 – Obiettivo della legge

La presente legge ha l’obiettivo di impedire o di eliminare qualsiasi svantaggio fondato sulla razza o sull’origine etnica, sul sesso, sulla religione o sulle convinzioni personali, sull’handicap, sull’età o sull’identità sessuale.

Art. 2 – Ambito di applicazione

(1) In virtù della presente legge le discriminazioni fondate su uno dei motivi indicati all’art. 1 sono illecite per quanto riguarda:

(…)

2. Le condizioni di occupazione e di lavoro, comprese la retribuzione e le condizioni di licenziamento, in particolare quelle riportate nei contratti collettivi e nei contratti individuali di lavoro, e le misure adottate al momento dell’esecuzione e della cessazione di un rapporto di lavoro, nonché in caso di avanzamento di carriera.

(…)

Art. 3 – Definizioni

1) Sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’art. 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga (…)

(…)

Art. 7 – Divieto di discriminazione

1) I lavoratori non possono essere oggetto di discriminazione sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1 (…)

2) Le disposizioni che, negli accordi, violano il divieto di discriminazione ai sensi del n. 1 sono nulle.

(…)

Art. 8 – Autorizzazione ad un trattamento diverso a causa di requisiti professionali

(1) Una differenza di trattamento per uno dei motivi di cui all’art. 1 è consentita quando, a causa della natura di un’attività lavorativa o delle condizioni per il suo esercizio, la caratteristica di cui trattasi costituisce un requisito professionale essenziale e determinante purché la finalità sia legittima e il requisito sia proporzionato.

(…)

Art. 10 – Autorizzazione della differenza di trattamento fondata sull’età

1) Fatto salvo l’art. 8, una differenza di trattamento fondata sull’età è altresì autorizzata quando è oggettivamente e ragionevolmente giustificata da una finalità legittima. I mezzi impiegati per il conseguimento di tale finalità devono essere appropriati e necessari. Tali differenze di trattamento possono comprendere in particolare:

(…)».

Causa principale e questione pregiudiziale

22 I sigg. Prigge, Fromm e Lambach sono stati impiegati per diversi anni presso la Deutsche Lufthansa come piloti e successivamente come comandanti di bordo.

23 I loro contratti di lavoro sono terminati rispettivamente nel 2006 e nel 2007, al raggiungimento del loro sessantesimo anno di età, in applicazione dell’art. 19, n. 1, del contratto collettivo n. 5a.

24 I ricorrenti nella causa principale, ritenendosi vittime di una discriminazione fondata sull’età, contraria alla direttiva 2000/78 e all’AGG, hanno adito l’Arbeitsgericht Frankfurt am Main affinché tale giudice accertasse che il loro rapporto di lavoro con la Deutsche Lufthansa non era terminato alla fine del mese in cui avevano compiuto 60 anni e ordinasse il proseguimento del loro contratto di lavoro.

25 L’Arbeitsgericht Frankfurt am Main ha respinto il ricorso e il Landesarbeitsgericht Hessen ha respinto il successivo appello. I ricorrenti hanno quindi proposto ricorso per «Revision» dinanzi al Bundesarbeitsgericht.

26 Tale giudice espone che, sino all’entrata in vigore dell’AGG, esso considerava valide disposizioni come l’art. 19, n. 1, del contratto collettivo n. 5a. Infatti, poiché l’art. 14, n. 1, del TzbfG consente di limitare la durata del contratto di lavoro qualora vi sia una ragione oggettiva per farlo, esso riteneva che anche un limite di età previsto da un contratto collettivo potesse essere giustificato da una ragione oggettiva, ai sensi di detto art. 14, n. 1.

27 Il Bundesarbeitsgericht considera che, in applicazione del principio di autonomia delle parti sociali e della libertà di cui dispongono nell’esercizio del loro potere normativo, esse possono adottare disposizioni che limitano la durata dei contratti di lavoro mediante la fissazione di un limite di età. Tuttavia, poiché tale potere normativo è condiviso con lo Stato, quest’ultimo avrebbe imposto che la limitazione della durata dei contratti di lavoro sia giustificata da una ragione oggettiva. Le parti sociali disporrebbero tuttavia di un margine di valutazione nella definizione di tale ragione oggettiva. Da tali principi risulterebbe che la fissazione di un limite di età a 60 anni per i piloti della Deutsche Lufthansa rientrava nella competenza delle parti sociali.

28 A parte l’ipotesi in cui il limite di età sia fondato sulla possibilità per il lavoratore subordinato di ottenere una pensione di anzianità, il giudice del rinvio ritiene che la limitazione della durata del contratto di lavoro in funzione dell’età del lavoratore subordinato sia giustificata solo se, a causa dell’attività esercitata da quest’ultimo, il superamento di una certa età rappresenta un rischio. Tale condizione sarebbe soddisfatta per quanto riguarda i piloti. Il limite di età per i piloti garantirebbe non solo il corretto esercizio dell’attività ma anche la tutela della vita e della salute del personale di bordo, dei passeggeri e delle persone che abitano nelle zone sorvolate. L’età sarebbe oggettivamente legata alla diminuzione delle capacità fisiche.

29 Il fatto che la normativa internazionale e quella nazionale nonché altri contratti collettivi non vietino totalmente, ma soltanto limitino l’esercizio della professione di pilota dopo i 60 anni, conforterebbe l’idea che l’esercizio di tale professione dopo questa età rappresenti un rischio. Fissando il limite di età a 60 anni, le parti sociali sarebbero rimaste nei limiti del loro potere normativo.

30 Il Bundesarbeitsgericht considera che la circostanza che altri contratti collettivi relativi ai piloti di altre società del gruppo di cui fa parte la Deutsche Lufthansa non prevedano il limite di età di 60 anni non pregiudica il principio di uguaglianza. Infatti, tali altri contratti collettivi sarebbero stati negoziati da parti sociali diverse e per imprese diverse.

31 Il Bundesarbeitsgericht si chiede se, dopo l’entrata in vigore della direttiva 2000/78 e dell’AGG, un’interpretazione conforme al diritto dell’Unione dell’art. 14, n. 1, del TzBfG non abbia l’effetto di privare di validità il limite di età di 60 anni per i piloti della Deutsche Lufthansa.

32 Secondo tale giudice, l’art. 19, n. 1, del contratto collettivo n. 5a contiene una differenza di trattamento direttamente fondata sull’età. Esso considera che l’obiettivo cui mira la limitazione dell’età dei piloti a 60 anni è quello di garantire la sicurezza del traffico aereo. Si chiede dunque se questa differenza di trattamento sia contraria o meno a tale direttiva e/o ai principi generali del diritto dell’Unione.

33 In primo luogo, il giudice del rinvio si chiede se il limite di età previsto all’art. 19, n. 1, del contratto collettivo n. 5a rientri nell’ambito di applicazione di detta direttiva. Infatti, perseguendo un obiettivo di sicurezza del traffico aereo, tale misura sarebbe necessaria alla sicurezza pubblica ai sensi dell’art. 2, n. 5, della medesima direttiva. Tuttavia, il Bundesarbeitsgericht si chiede se i contratti collettivi possano costituire «misure previste dalla legislazione nazionale», conformemente a tale disposizione.

34 In secondo luogo, e per il caso in cui la misura che sancisce il limite di età rientrasse nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78, tale giudice si chiede se l’obiettivo di sicurezza del traffico aereo possa figurare tra le finalità di cui all’art. 6, n. 1, di tale direttiva. Esso osserva che, allorché ha interpretato tale disposizione, la Corte si è pronunciata sinora solo su misure che perseguono finalità rientranti nella politica sociale, senza pronunciarsi esplicitamente su misure volte a finalità diverse. Ove la finalità di garantire la sicurezza del traffico aereo figurasse tra quelle di cui all’art. 6, n. 1, di detta direttiva, occorrerebbe verificare se la limitazione a 60 anni dell’età dei piloti sia appropriata e necessaria al conseguimento di detta finalità.

35 Infine, in terzo luogo, il Bundesarbeitsgericht si chiede se la limitazione a 60 anni dell’età dei piloti non possa essere giustificata in applicazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva 2000/78. Infatti, quella di garantire la sicurezza aerea potrebbe costituire una finalità legittima tale da giustificare l’imposizione di un requisito professionale legato all’età. In tal caso, il suddetto giudice si chiede se il limite di età possa essere stabilito dalle parti sociali nell’ambito di un contratto collettivo o se esso rientri nel potere normativo dello Stato. A tal riguardo, il giudice del rinvio osserva che la normativa nazionale semplicemente limita, senza vietare, l’esercizio della professione di pilota tra i 60 ed i 65 anni.

36 Ciò premesso, il Bundesarbeitsgericht ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli artt. 2, n. 5, 4, n. 1, e/o 6, n. 1, prima frase, della direttiva (…) 2000/78/CE, (…) e/o il principio generale del diritto comunitario di non discriminazione in base all’età debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a disposizioni nazionali che ammettono una regola della contrattazione collettiva che prevede per i piloti un limite d’età di 60 anni al fine di garantire la sicurezza aerea».

Sulla questione pregiudiziale

Osservazioni preliminari

37 Per risolvere la questione posta occorre esaminare preliminarmente, da una parte, se la clausola del contratto collettivo di cui trattasi nella causa principale rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78 e contenga una differenza di trattamento fondata sull’età e, dall’altra, se detta direttiva debba essere interpretata nel senso che essa osta a che nelle clausole di un contratto collettivo come quello di cui trattasi nella causa principale siano contenute differenze di trattamento basate sull’età.

38 Per quanto riguarda l’applicazione della direttiva 2000/78, occorre ricordare che la Corte ha riconosciuto l’esistenza di un principio di non discriminazione in base all’età che deve essere considerato un principio generale del diritto dell’Unione e cui la direttiva 2000/78 dà espressione concreta in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (v., in tal senso, sentenza 19 gennaio 2010, causa C‑555/07, Kücükdeveci, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 21). Il divieto di qualsiasi discriminazione fondata segnatamente sull’età è sancito dall’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che, dal 1° dicembre 2009, ha il medesimo valore giuridico dei trattati.

39 Peraltro, tanto dal titolo e dal preambolo quanto dal contenuto e dalla finalità di tale direttiva emerge che essa è volta a stabilire un quadro generale per garantire a tutti la parità di trattamento «in materia di occupazione e di condizioni di lavoro», offrendo una tutela effettiva nei confronti delle discriminazioni fondate su uno dei motivi di cui al suo art. 1, tra i quali l’età (v. sentenza 12 ottobre 2010, causa C‑499/08, Ingeniørforeningen i Danmark, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 19).

40 Dall’art. 3, n. 1, lett. c), di detta direttiva emerge che essa si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene segnatamente all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento.

41 Prevedendo che il rapporto di lavoro dei piloti termini senza che occorra risolvere il contratto di lavoro, alla fine del mese del loro sessantesimo compleanno, l’art. 19, n. 1, del contratto collettivo n. 5a riguarda le condizioni di lavoro di tali lavoratori, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78. Quest’ultima si applica, di conseguenza, a situazioni come quelle che hanno dato luogo alla controversia sottoposta al giudice del rinvio.

42 Per quanto riguarda la questione se la misura oggetto della causa principale istituisca una discriminazione fondata sull’età ai sensi dell’art. 2, n. 1, della direttiva 2000/78, va rammentato che, ai fini di quest’ultima disposizione, «per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1» della medesima direttiva. L’art. 2, n. 2, lett. a), di quest’ultima precisa che, ai fini dell’applicazione del suo n. 1, sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’art. 1 della direttiva in parola, una persona è trattata in modo meno favorevole di un’altra in una situazione analoga.

43 Nella fattispecie, l’art. 19, n. 1, del contratto collettivo n. 5a prevede che il rapporto di lavoro di un pilota della Deutsche Lufthansa rientrante in detto contratto collettivo termini ipso iure al compimento dei 60 anni.

44 Orbene, un tale pilota si trova in una situazione analoga a quella di un pilota più giovane di lui che esercita la medesima attività per conto della medesima compagnia aerea e/o rientrante nel medesimo contratto collettivo. Il primo pilota il cui contratto di lavoro termina automaticamente al compimento dei 60 anni di età è trattato in modo meno favorevole, a causa della sua età, rispetto al secondo.

45 Ne consegue che la misura oggetto della causa principale contiene una disparità di trattamento direttamente fondata sull’età ai sensi del combinato disposto degli artt. 1 e 2, n. 2, lett. a), della direttiva 2000/78.

46 Occorre ricordare che la circostanza che la normativa nazionale – nella fattispecie, secondo le indicazioni del giudice del rinvio, l’art. 14, n. 1, del TzBfG – possa autorizzare, per una ragione oggettiva, che un contratto collettivo preveda la cessazione automatica dei contratti di lavoro ad un’età determinata non dispensa il contratto collettivo di cui trattasi dall’obbligo di essere conforme al diritto dell’Unione e, più in particolare, alla direttiva 2000/78 (v., in tal senso, sentenza 12 ottobre 2010, causa C‑45/09, Rosenbladt, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 53).

47 Infatti, il diritto alla contrattazione collettiva sancito dall’art. 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, deve essere esercitato conformemente a quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza 11 dicembre 2007, causa C‑438/05, International Transport Workers’ Federation e Finnish Seamen’s Union, detta «Viking Line», Racc. pag. I‑10779, punto 44, nonché 18 dicembre 2007, causa C‑341/05, Laval un Partneri, Racc. pag. I‑11767, punto 91).

48 Di conseguenza, quando adottano misure rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78, in cui trova espressione concreta, in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, il principio di non discriminazione in funzione dell’età, le parti sociali devono agire nel rispetto di tale direttiva (v., in tal senso, sentenza 27 ottobre 1993, causa C‑127/92, Enderby, Racc. pag. I‑5535, punto 22).

49 Così, emerge chiaramente dall’art. 16, n. 1, lett. b), della direttiva 2000/78 che i contratti collettivi devono, così come le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, rispettare il principio attuato da tale direttiva.

50 Poiché il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte l’interpretazione degli artt. 2, n. 5, 4, n. 1, e 6, n. 1, della direttiva 2000/78, occorre esaminare la clausola del contratto collettivo di cui trattasi nella causa principale in successione con riferimento a ciascuna di tali disposizioni e della o delle finalità perseguite da tale misura.

51 Dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio emerge che le parti sociali avrebbero previsto la cessazione automatica dei contratti di lavoro dei piloti all’età di 60 anni con l’obiettivo di garantire la sicurezza del traffico aereo. Nelle sue osservazioni, il governo tedesco considera che il limite di età convenuto dalle parti sociali è necessario alla tutela della salute. Infatti, escludere i piloti che abbiano superato i 60 anni dal traffico aereo consentirebbe di evitare il rischio di incidenti nonché di proteggere la salute dei piloti, dei passeggeri e degli abitanti delle zone sorvolate. È alla luce di tali considerazioni che occorre interpretare la direttiva 2000/78.

Sull’interpretazione dell’art. 2, n. 5, della direttiva 2000/78

52 L’art. 2 della direttiva 2000/78, intitolato «Nozione di discriminazione», ha lo scopo di definire il principio della parità di trattamento ai fini di tale direttiva. Ai termini del n. 1 di detto art. 2, per tale principio si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’art. 1 di detta direttiva.

53 L’art. 2, nn. 2–4, della direttiva 2000/78 definisce i comportamenti che sono considerati discriminazioni ai sensi dell’art. 2, n. 1, di tale direttiva.

54 Ai termini dell’art. 2, n. 5, di detta direttiva, quest’ultima «lascia impregiudicate le misure previste dalla legislazione nazionale che, in una società democratica, sono necessarie alla sicurezza pubblica, alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione dei reati e alla tutela della salute e dei diritti e delle libertà altrui».

55 Adottando tale disposizione, il legislatore dell’Unione ha inteso prevenire e comporre, in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, un conflitto tra, da una parte, il principio della parità di trattamento e, dall’altra, la necessità di assicurare l’ordine, la sicurezza e la salute pubblici, la prevenzione dei reati nonché la tutela dei diritti e delle libertà individuali, che sono indispensabili al funzionamento di una società democratica. Il legislatore ha deciso che, in taluni casi elencati all’art. 2, n. 5, della direttiva 2000/78, i principi posti da quest’ultima non si applicano a misure che contengano differenze di trattamento fondate su uno dei motivi di cui all’art. 1 di tale direttiva, a condizione tuttavia che tali misure siano «necessarie» alla realizzazione delle finalità soprammenzionate.

56 Peraltro, poiché detto art. 2, n. 5 istituisce una deroga al principio di non discriminazione, deve essere interpretato in maniera restrittiva. Anche i termini utilizzati in tale disposizione depongono nel senso di una tale impostazione. (v., in tal senso, sentenza 12 gennaio 2010, causa C‑341/08, Petersen, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 60).

57 Occorre dunque esaminare, da una parte, se la sicurezza aerea figuri tra le finalità elencate all’art. 2, n. 5, della direttiva 2000/78 e, dall’altra, se l’art. 19, n. 1, del contratto collettivo n. 5a costituisca una misura prevista dalla legislazione nazionale ai sensi della medesima disposizione.

58 Per quanto riguarda la sicurezza aerea, risulta che le misure che tendono ad evitare gli incidenti aeronautici mediante il controllo dell’idoneità e delle capacità fisiche dei piloti affinché errori umani non siano all’origine di tali incidenti costituiscono innegabilmente misure idonee a garantire la sicurezza pubblica ai sensi dell’art. 2, n. 5, della direttiva 2000/78.

59 Quanto alla questione se una misura adottata mediante contrattazione collettiva possa costituire una misura prevista dalla legislazione nazionale, occorre rilevare, come ha fatto l’avvocato generale al paragrafo 51 delle sue conclusioni, che il legislatore dell’Unione, all’art. 2, n. 5, della direttiva 2000/78, ha fatto riferimento alle misure rientranti nella «legislazione nazionale», mentre né l’art. 4, n. 1, né l’art. 6, n. 1, di tale direttiva si riferiscono a strumenti giuridici precisi.

60 La Corte ha già dichiarato che le parti sociali non costituiscono enti di diritto pubblico [v., nel contesto dell’art. 3, n. 10, della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 16 dicembre 1996, 96/71/CE, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, (GU 1997, L 18, pag. 1), sentenza Laval un Partneri, cit., punto 84].

61 Tale considerazione non impedisce tuttavia che gli Stati membri, mediante norme di delega, autorizzino le parti sociali ad adottare misure, ai sensi dell’art. 2, n. 5, della direttiva 2000/78, nei settori cui tale disposizione si riferisce rientranti negli accordi collettivi. Tali norme di delega devono essere sufficientemente precise al fine di garantire che dette misure rispettino i requisiti enunciati in detto art. 2, n. 5.

62 Per quanto riguarda la misura di cui trattasi nella causa principale, le parti sociali avrebbero ritenuto che occorresse limitare ai 60 anni di età la possibilità per i piloti di esercitare la loro attività per ragioni di sicurezza dei passeggeri e degli abitanti delle regioni sorvolate, ma anche di salute e sicurezza dei piloti stessi. Tale misura persegue obiettivi connessi alla sicurezza pubblica e alla tutela della salute e rientra negli accordi collettivi.

63 Tuttavia, come è stato esposto ai punti 14 e 16 della presente sentenza, la normativa nazionale e quella internazionale hanno considerato che era necessario non già vietare ai piloti di esercitare la loro attività dopo i 60 anni, ma solo limitare tale esercizio. Di conseguenza, il divieto di pilotare dopo tale età, contenuto nella misura di cui trattasi nella causa principale, non era necessario alla realizzazione della finalità perseguita.

64 Da tali considerazioni emerge che l’art. 2, n. 5, della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che gli Stati membri possono, mediante norme di delega, autorizzare le parti sociali ad adottare misure ai sensi di tale art. 2, n. 5, nei settori cui tale disposizione si riferisce rientranti negli accordi collettivi e a condizione che tali norme di delega siano sufficientemente precise per garantire che dette misure rispettino i requisiti enunciati al citato art. 2, n. 5. Una misura come quella di cui trattasi nella causa principale, che fissa a 60 anni l’età limite a partire dalla quale i piloti non possono più esercitare la loro attività lavorativa, mentre la normativa nazionale e quella internazionale fissano tale età a 65 anni, non è una misura necessaria alla sicurezza pubblica e alla tutela della salute, ai sensi del medesimo art. 2, n. 5.

Sull’ interpretazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva 2000/78

65 Ai termini dell’art. 4, n. 1, della direttiva 2000/78, «gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata a un[o] qualunque dei motivi di cui all’articolo 1 [di tale direttiva] non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un’attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, purché la finalità sia legittima e il requisito proporzionato».

66 Emerge dalla formulazione di tale disposizione che, per non costituire una discriminazione, la differenza di trattamento deve essere fondata su una caratteristica legata a uno dei motivi di cui all’art. 1 della direttiva 2000/78 e tale caratteristica deve costituire un requisito «essenziale e determinante» per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La Corte ha dichiarato che non è il motivo su cui è basata la differenza di trattamento, ma una caratteristica legata a tale motivo che deve costituire un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa (v. sentenza 12 gennaio 2010, causa C‑229/08, Wolf, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 35).

67 Per quanto riguarda i piloti di linea, è essenziale che essi possiedano, segnatamente, capacità fisiche particolari in quanto le carenze fisiche, in tale professione, possono avere conseguenze rilevanti. È altresì innegabile che tali capacità diminuiscono con l’età (v., in tal senso, per quanto riguarda la professione di pompiere, sentenza Wolf, cit., punto 41). Ne consegue che il possesso di capacità fisiche particolari può essere considerato, per l’esercizio della professione di pilota di linea, «un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa». ai sensi dell’art. 4, n. 1, della direttiva 2000/78, e che il possesso di tali capacità è legato all’età.

68 Per quanto riguarda la finalità perseguita dalla misura, come è stato precisato al punto 51 della presente sentenza, il giudice del rinvio ha indicato che le parti sociali avrebbero previsto la cessazione automatica dei contratti di lavoro dei piloti al compimento dei 60 anni allo scopo di garantire la sicurezza del traffico aereo.

69 Un tale scopo costituisce una finalità legittima ai sensi dell’art. 4, n. 1, della direttiva 2000/78.

70 Occorre anche esaminare se, decidendo che è a partire dall’età di 60 anni che i piloti di linea non avrebbero più le capacità fisiche per esercitare la loro attività lavorativa, le parti sociali abbiano imposto un requisito proporzionato.

71 A tal riguardo, occorre rilevare che il ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/78 precisa che in «casi strettamente limitati» una disparità di trattamento può essere giustificata quando una caratteristica collegata, segnatamente, all’età costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

72 Peraltro, in quanto consente di derogare al principio di non discriminazione, l’art. 4, n. 1, della direttiva 2000/78 va interpretato restrittivamente (v., per analogia, per quanto riguarda la discriminazione fondata sul sesso, sentenze 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston, Racc. pag. 1651, punto 36, e 26 ottobre 1999, causa C‑273/97, Sirdar, Racc. pag. I‑7403, punto 23, nonché, quanto all’art. 2, n. 5, della direttiva 2000/78, in tal senso, sentenza Petersen, cit., punto 60).

73 Orbene, come è stato esposto ai punti 14 e 16 della presente sentenza, le normative sia nazionale che internazionale prevedono la possibilità per i piloti di continuare a esercitare la loro attività, con determinate restrizioni, tra i 60 e i 65 anni. Le autorità nazionali e internazionali ritengono quindi che, sino all’età di 65 anni, i piloti abbiano le capacità fisiche per pilotare, anche se, tra i 60 e i 65 anni, possono farlo solo come membri di un equipaggio di cui gli altri piloti hanno meno di 60 anni.

74 Dal canto loro, le parti sociali avrebbero ritenuto che, dopo i 60 anni, i piloti rientranti nel contratto collettivo n. 5a non potessero più esercitare la loro attività, nemmeno con determinate restrizioni. Peraltro, le ragioni per cui tali piloti sarebbero considerati non più in possesso delle capacità fisiche per pilotare a partire dall’età di 60 anni non emergono né dagli elementi del fascicolo né dalle osservazioni presentate alla Corte.

75 Fissando a 60 anni l’età limite a partire dalla quale i piloti di linea rientranti nel contratto collettivo n. 5a sarebbero considerati non più in possesso delle capacità fisiche per esercitare la loro attività lavorativa, mentre la normativa nazionale e quella internazionale autorizzano, a determinate condizioni, l’esercizio di tale attività sino all’età di 65 anni, le parti sociali hanno imposto a detti piloti un requisito sproporzionato ai sensi dell’art. 4, n. 1, della direttiva 2000/78.

76 Da tali considerazioni emerge che l’art. 4, n. 1, della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che osta a che una clausola di un contratto collettivo, come quella di cui trattasi nella causa principale, fissi a 60 anni l’età limite a partire della quale i piloti sono considerati non più in possesso delle capacità fisiche per esercitare la loro attività lavorativa, mentre la normativa nazionale e quella internazionale fissano tale età a 65 anni.

Sull’interpretazione dell’art. 6, n. 1, della direttiva 2000/78

77 L’art. 6, n. 1, primo comma, della direttiva 2000/78, stabilisce che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscono discriminazione qualora siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.

78 Come è stato precisato ai punti 51 e 68 della presente sentenza, il giudice del rinvio ha osservato che le parti sociali avrebbero previsto la cessazione automatica dei contratti di lavoro dei piloti all’età di 60 anni allo scopo di garantire la sicurezza del traffico aereo.

79 Si deve accertare se tale scopo configuri una finalità legittima ai sensi dell’art. 6, n. 1, primo comma, della direttiva 2000/78.

80 A tal proposito, occorre rilevare che, benché l’elenco non sia esaustivo, le finalità legittime di cui a tale disposizione sono collegate alla politica del lavoro, del mercato del lavoro e della formazione professionale.

81 La Corte ha dichiarato in tal senso che le finalità da ritenersi «legittime» ai sensi di detto art. 6, n. 1, primo comma, e, conseguentemente, atte a giustificare una deroga al principio del divieto delle discriminazioni fondate sull’età sono gli obiettivi di politica sociale, come quelli connessi alla politica del lavoro, del mercato del lavoro o della formazione professionale (v. sentenze 5 marzo 2009, causa C‑388/07, Age Concern England, Racc. pag. I‑1569, punto 46, e 18 giugno 2009, causa C‑88/08, Hütter, Racc. pag. I‑5325, punto 41).

82 Da tutti questi elementi emerge che la sicurezza aerea non rientra nelle finalità di cui all’art. 6, n. 1, primo comma, della direttiva 2000/78.

83 Alla luce delle considerazioni sopra svolte occorre risolvere come segue la questione proposta:

– l’art. 2, n. 5, della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che gli Stati membri possono, mediante norme di delega, autorizzare le parti sociali ad adottare misure ai sensi di tale art. 2, n. 5, nei settori cui detta disposizione si riferisce rientranti negli accordi collettivi e a condizione che tali norme di delega siano sufficientemente precise per garantire che dette misure rispettino i requisiti enunciati al citato art. 2, n. 5. Una misura come quella di cui trattasi nella causa principale, che fissa a 60 anni l’età limite a partire della quale i piloti non possono più esercitare la loro attività lavorativa, mentre la normativa nazionale e quella internazionale fissano tale età a 65 anni, non è una misura necessaria alla sicurezza pubblica e alla tutela della salute ai sensi del medesimo art. 2, n. 5;

– l’art. 4, n. 1, della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che osta a che una clausola di un contratto collettivo, come quella di cui trattasi nella causa principale, fissi a 60 anni l’età limite a partire dalla quale i piloti sono considerati non più in possesso delle capacità fisiche per esercitare la loro attività lavorativa, mentre la normativa nazionale e quella internazionale fissano tale età a 65 anni;

– l’art. 6, n. 1, primo comma, della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che la sicurezza aerea non costituisce una finalità legittima ai sensi di tale disposizione.

Sulle spese

84 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi la Corte (Grande Sezione) dichiara:

L’art. 2, n. 5, della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che gli Stati membri possono, mediante norme di delega, autorizzare le parti sociali ad adottare misure ai sensi di tale art. 2, n. 5, nei settori cui detta disposizione si riferisce rientranti negli accordi collettivi e a condizione che tali norme di delega siano sufficientemente precise per garantire che dette misure rispettino i requisiti enunciati al citato art. 2, n. 5. Una misura come quella di cui trattasi nella causa principale, che fissa a 60 anni l’età limite a partire della quale i piloti non possono più esercitare la loro attività lavorativa, mentre la normativa nazionale e quella internazionale fissano tale età a 65 anni, non è una misura necessaria alla sicurezza pubblica e alla tutela della salute ai sensi del medesimo art. 2, n. 5.

L’art. 4, n. 1, della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che osta a che una clausola di un contratto collettivo, come quella di cui trattasi nella causa principale, fissi a 60 anni l’età limite a partire dalla quale i piloti sono considerati non più in possesso delle capacità fisiche per esercitare la loro attività lavorativa, mentre la normativa nazionale e quella internazionale fissano tale età a 65 anni.

L’art. 6, n. 1, primo comma, della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che la sicurezza aerea non costituisce una finalità legittima ai sensi di tale disposizione.

Firme

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* Lingua processuale: il tedesco.