SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
8 settembre 2011 (*)
«Agricoltura – Mangimi geneticamente modificati – Misure urgenti – Misura adottata da uno Stato membro – Sospensione provvisoria di un’autorizzazione accordata in forza della direttiva 90/220/CEE – Fondamento giuridico – Direttiva 2001/18/CE – Art. 12 – Normativa settoriale – Art. 23 – Clausola di salvaguardia – Regolamento (CE) n. 1829/2003 – Art. 20 – Prodotti esistenti – Art. 34 – Regolamento (CE) n. 178/2002 – Artt. 53 e 54 – Presupposti d’applicazione»
Nei procedimenti riuniti da C‑58/10 a C‑68/10,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Conseil d’État (Francia), con decisioni 6 novembre 2009 e 28 dicembre 2009, pervenute in cancelleria il 3 febbraio 2010, nei procedimenti
Monsanto SAS (cause C‑58/10 e C‑59/10),
Monsanto Agriculture France SAS (cause C‑58/10 e C‑59/10),
Monsanto International SARL (cause C‑58/10 e C‑59/10),
Monsanto Technology LLC (cause C‑58/10 e C‑59/10),
Monsanto Europe SA (causa C‑59/10),
Association générale des producteurs de maïs (AGPM) (causa C‑60/10),
Malaprade SCEA e a. (causa C‑61/10),
Pioneer Génétique SARL (causa C‑62/10),
Pioneer Semences SAS (causa C‑62/10),
Union française des semenciers (UFS), già Syndicat des établissements de semences agréés pour les semences de maïs (Seproma) (causa C‑63/10),
Caussade Semences SA (causa C‑64/10),
Limagrain Europe SA, già Limagrain Verneuil Holding SA (causa C‑65/10),
Maïsadour Semences SA (causa C‑66/10),
Ragt Semences SA (causa C‑67/10),
Euralis Semences SAS (causa C‑68/10),
Euralis Coop (causa C‑68/10)
contro
Ministre de l’Agriculture et de la Pêche,
con l’intervento di:
Association France Nature Environnement (cause C‑59/10 e C‑60/10),
Confédération paysanne (causa C‑60/10),
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. J.-C. Bonichot, presidente di sezione, dal sig. L. Bay Larsen (relatore), dalle sig.re C. Toader, A. Prechal e dal sig. E. Jarašiūnas, giudici,
avvocato generale: sig. P. Mengozzi
cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 febbraio 2011,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Monsanto SAS, la Monsanto Agriculture Francia SAS, la Monsanto International SARL, la Monsanto Technology LLC e la Monsanto Europe SA, dagli avv.ti R. Saint-Esteben, C.-L. Vier, M. Pittie, P. Honoré e C. Vexliard, avocats;
– per l’Association générale des producteurs de maïs (AGPM) e a., dagli avv.ti M. Le Prat e L. Verdier, avocats;
– per la Pioneer Génétique SARL, la Pioneer Semences SAS, l’Union française des semenciers (UFS), già Syndicat des établissements de semences agréés pour les semences de maïs (Seproma), la Caussade Semences SA, la Limagrain Europe SA, la Maïsadour Semences SA, la Ragt Semences SA, la Euralis Semences SAS e la Euralis Coop, dagli avv.ti A. Monod e B. Colin, avocats;
– per la Confédération paysanne, dall’avv. H. Bras, avocat;
– per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e S. Menez, nonché dalla sig.ra R. Loosli-Surrans, in qualità di agenti;
– per il governo ellenico, dal sig. I. Chalkias e dalla sig.ra S. Papaïoannou, in qualità di agenti;
– per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl, in qualità di agente;
– per il governo polacco, dal sig. B. Majczyna e dalla sig.ra J. Sawicka, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, dalla sig.ra L. Pignataro-Nolin, dal sig. M. Van Hoof e dal sig. C. Zadra, in qualità di agenti;
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 marzo 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli artt. 12 e 23 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/18/CE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU L 106, pag. 1), degli artt. 20 e 34 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 22 settembre 2003, n. 1829, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati (GU L 268, pag. 1), nonché degli artt. 53 e 54 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2002, n. 178, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31, pag. 1).
2 Le domande in parola sono state presentate nel contesto di undici controversie insorte tra la Monsanto SAS, la Monsanto Agriculture France SAS, la Monsanto International SARL, la Monsanto Technology LLC, la Monsanto Europe SA (in prosieguo, rispettivamente: la «Monsanto», la «Monsanto Agriculture France», la «Monsanto International», la «Monsanto Technology» e la «Monsanto Europe»), nonché vari altri ricorrenti persone fisiche o giuridiche, e il Ministro dell’Agricoltura e della Pesca, con l’intervento dell’associazione France Nature Environnement e della Confédération paysanne, in merito alla legittimità di due misure provvisorie nazionali che hanno, in successione, sospeso la cessione e l’utilizzo di sementi di mais MON 810, organismi geneticamente modificati (in prosieguo: gli «OGM»), e in seguito hanno vietato la coltivazione delle varietà di sementi provenienti dalla linea di mais di cui trattasi.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
La direttiva 2001/18
3 La direttiva 2001/18, modificata dal regolamento n. 1829/2003 e dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 22 settembre 2003, n. 1830 (GU L 268, pag. 24; in prosieguo: la «direttiva 2001/18»), disciplina l’emissione deliberata nell’ambiente di OGM nonché l’immissione nel mercato degli OGM come tali o contenuti in prodotti.
4 L’art. 34 della direttiva 2001/18 fissa la data della sua trasposizione entro il 17 ottobre 2002. L’art. 36 abroga, alla data del 17 ottobre 2002, la direttiva del Consiglio 23 aprile 1990, 90/220/CEE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (GU L 117, pag. 15), e dispone che i riferimenti fatti a quest’ultima si intendono fatti alla direttiva 2001/18 secondo la tabella di correlazione contenuta in allegato.
5 Conformemente ai suoi ‘considerando’ diciottesimo e ventottesimo, la direttiva 2001/18, al pari, precedentemente, della direttiva 90/220, instaura:
– procedure e criteri armonizzati per la valutazione, caso per caso, dei rischi potenziali derivanti dall’emissione deliberata nell’ambiente di OGM;
– una procedura comunitaria di autorizzazione per l’immissione sul mercato dei prodotti di cui trattasi, qualora l’uso previsto di questi ultimi comporti l’emissione deliberata dell’organismo o degli organismi nell’ambiente.
6 Il cinquantesimo e il cinquantunesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/18 recitano:
«(50) Le autorizzazioni esistenti rilasciate in base alla direttiva [90/220] dovrebbero essere rinnovate al fine di evitare disparità tra le autorizzazioni rilasciate in base a detta direttiva e quelle rilasciate in base alla presente direttiva e di tener pienamente conto delle condizioni relative alle autorizzazioni previste dalla [direttiva 90/220].
(51) Tale rinnovo richiede un periodo transitorio durante il quale le autorizzazioni rilasciate in base alla [direttiva 90/220] permangono valide».
7 Le modalità del rinnovo, prima del termine del 17 ottobre 2006, delle autorizzazioni accordate precedentemente al 17 ottobre 2002 in forza della direttiva 90/220 sono disciplinate dall’art. 17 della direttiva 2001/18. Il n. 2 di questa norma elenca i documenti, gli elementi informativi nonché l’eventuale proposta che deve includere la notifica del rinnovo. In applicazione dei nn. 2 e 9 della stessa norma, l’operatore interessato che presenta questa notifica prima del 17 ottobre 2006 può continuare a immettere in commercio gli OGM alle condizioni indicate nell’autorizzazione iniziale in attesa di una decisione finale in esito al rinnovo di quest’ultima.
8 Gli artt. 20, 21 e 24 della direttiva 2001/18 enunciano specifiche norme dettagliate in materia di monitoraggio, di etichettatura e di informazione del pubblico.
9 L’art. 23 della stessa direttiva, intitolato «Clausola di salvaguardia», dispone come segue:
«1. Qualora uno Stato membro, sulla base di nuove o ulteriori informazioni divenute disponibili dopo la data dell’autorizzazione e che riguardino la valutazione di rischi ambientali o una nuova valutazione delle informazioni esistenti basata su nuove o supplementari conoscenze scientifiche, abbia fondati motivi di ritenere che un OGM come tale o contenuto in un prodotto debitamente notificato e autorizzato per iscritto in base alla presente direttiva rappresenti un rischio per la salute umana o l’ambiente, può temporaneamente limitarne o vietarne l’uso o la vendita sul proprio territorio.
Lo Stato membro provvede affinché, in caso di grave rischio, siano attuate misure di emergenza, quali la sospensione o la cessazione dell’immissione in commercio, e l’informazione del pubblico.
Lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri circa le azioni adottate a norma del presente articolo e motiva la propria decisione, fornendo un nuovo giudizio sulla valutazione di rischi ambientali, indicando se e come le condizioni poste dall’autorizzazione debbano essere modificate o l’autorizzazione debba essere revocata e, se necessario, le nuove o ulteriori informazioni su cui è basata la decisione.
2. Una decisione in materia è adottata entro 60 giorni [a livello comunitario]».
10 L’art. 12 della direttiva in parola, intitolato «Normativa settoriale», enuncia quanto segue:
«1. Gli articoli da 13 a 24 non si applicano agli OGM come tali o contenuti in prodotti, autorizzati da atti comunitari che prescrivono, da un lato, una valutazione specifica del rischio ambientale specifico effettuata secondo i principi stabiliti nell’allegato II e sulla base delle informazioni di cui all’allegato III, salvi restando gli altri obblighi previsti dai suddetti atti, nonché, dall’altro, obblighi in materia di gestione del rischio etichettatura, eventuale monitoraggio, informazione del pubblico e clausole di salvaguardia almeno equivalenti a quelli previsti dalla presente direttiva.
(…)
3. Un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio stabilirà le procedure per garantire che la valutazione del rischio, gli obblighi in materia di gestione del rischio, etichettatura, eventuale monitoraggio, informazione del pubblico e clausola di salvaguardia, siano equivalenti a quelli stabiliti nella presente direttiva. La futura legislazione settoriale basata sulle disposizioni di quel regolamento farà riferimento alla presente direttiva. (…)
(…)».
Il regolamento n. 1829/2003
11 Conformemente al settimo e all’undicesimo ‘considerando’, il regolamento n. 1829/2003, applicabile il 18 aprile 2004 in forza del suo art. 49, prevede una procedura comunitaria di autorizzazione unica, utilizzata, in particolare, per i mangimi che contengono OGM o sono costituiti o prodotti a partire da questi ultimi come materiale di base per la produzione degli alimenti in parola.
12 Il nono ‘considerando’ del regolamento così enuncia:
«Le nuove procedure di autorizzazione per gli alimenti e i mangimi geneticamente modificati dovrebbero comprendere i nuovi principi contenuti nella direttiva [2001/18]. Esse inoltre dovrebbero ricorrere al nuovo quadro per la valutazione dei rischi in materia di sicurezza degli alimenti fissato dal regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare [GU L 31, pag. 1]. In tal modo, gli alimenti e i mangimi geneticamente modificati dovrebbero essere autorizzati ai fini dell’immissione sul mercato soltanto dopo una valutazione scientifica del più alto livello possibile, da effettuarsi sotto la responsabilità dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (“Autorità”), dei rischi che essi eventualmente presentino per la salute umana e animale o per l’ambiente. Detta valutazione scientifica dovrebbe essere seguita da una decisione relativa alla gestione del rischio adottata dalla Comunità, mediante una procedura di regolamentazione che garantisca una stretta cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri».
13 Nel trentatreesimo ‘considerando’ si afferma:
«Se la domanda riguarda prodotti che contengono OGM o sono costituiti da siffatti organismi, il richiedente dovrebbe poter scegliere tra la possibilità di presentare un’autorizzazione per l’emissione deliberata nell’ambiente già ottenuta a norma della parte C della direttiva [2001/18], salve restando le condizioni stabilite da tale autorizzazione, oppure di chiedere che la valutazione dei rischi ambientali sia effettuata contestualmente alla valutazione della sicurezza ai sensi del presente regolamento. In quest’ultimo caso, è necessario che la valutazione del rischio ambientale rispetti i requisiti di cui alla direttiva [2001/18] e che le autorità nazionali competenti designate a tal fine dagli Stati membri siano consultate dall’Autorità. È altresì opportuno dare a quest’ultima la possibilità di chiedere a una delle suddette autorità competenti di effettuare la valutazione del rischio ambientale. Inoltre, conformemente all’articolo 12, paragrafo 4, della direttiva [2001/18], l’Autorità prima di concludere la valutazione del rischio ambientale dovrebbe consultare le autorità nazionali competenti designate a norma della suddetta direttiva in tutti i casi riguardanti gli OGM e gli alimenti e/o i mangimi che contengono un OGM o sono costituiti da un siffatto organismo».
14 Nel trentaquattresimo ‘considerando’ si sottolinea quanto segue:
«Nel caso di [OGM] da impiegare come sementi o altri materiali di moltiplicazione vegetale che rientrano nel campo d’applicazione del presente regolamento, [l’Autorità europea per la sicurezza alimentare] dovrebbe essere tenuta ad affidare ad un’autorità nazionale competente il compito di valutare i rischi ambientali. Tuttavia le autorizzazioni concesse a norma del presente regolamento dovrebbero lasciare impregiudicate[, in particolare le disposizioni della direttiva del Consiglio 13 giugno 2002, 2002/53/CE, relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole (GU L 193, pag. 1), come modificata dal regolamento n. 1829/2003, che contiene] segnatamente le norme e i criteri per l’ammissione delle varietà e l’accettazione ufficiale nel [catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole] (…)».
15 L’art. 2, punto 9, del regolamento n. 1829/2003 così dispone:
«Ai fini del presente regolamento:
(…)
9) “[OGM] destinato all’alimentazione degli animali” significa un OGM che può essere utilizzato come mangime o come materiale di base per la produzione di mangimi».
16 L’art. 15, n. 1, dello stesso regolamento determina nei seguenti termini l’ambito di applicazione della sezione I, intitolata «Autorizzazione e vigilanza», del capo III dedicato ai mangimi geneticamente modificati:
«La presente sezione si applica:
a) agli OGM destinati all’alimentazione degli animali;
b) ai mangimi che contengono o sono costituiti da OGM;
c) ai mangimi prodotti a partire da OGM».
17 Gli artt. 17‑19 del regolamento n. 1829/2003 disciplinano i presupposti per la concessione delle autorizzazioni iniziali dei mangimi geneticamente modificati.
18 Più precisamente l’art. 17, n. 5, così dispone:
«5. In caso di OGM o di mangimi contenenti o costituiti da OGM la domanda è inoltre corredata:
a) dell’incartamento tecnico completo contenente le informazioni richieste negli allegati III e IV della direttiva [2001/18] e le informazioni e conclusioni sulla valutazione del rischio effettuata conformemente ai principi di cui all’allegato II della direttiva [2001/18] o, se l’immissione in commercio dell’OGM è stata autorizzata a norma della parte C della direttiva [2001/18] [costituita dagli artt. 12‑24 di quest’ultima], una copia della decisione di autorizzazione;
b) un piano di monitoraggio degli effetti ambientali conformemente all’allegato VII della direttiva [2001/18], comprendente una proposta relativa al periodo del piano di monitoraggio; tale periodo può essere diverso dal periodo proposto per l’autorizzazione.
In tal caso, gli articoli da 13 a 24 della direttiva [2001/18] non si applicano».
19 L’art. 20, intitolato «Status dei prodotti esistenti», prevede quanto segue:
«1. (…) i prodotti che rientrano nel campo d’applicazione della presente sezione e che sono stati legalmente immessi sul mercato comunitario prima della data di applicazione del presente regolamento, possono rimanere sul mercato e continuare ad essere utilizzati e lavorati purché siano soddisfatte le seguenti condizioni:
a) per quanto concerne i prodotti autorizzati in virtù delle direttive [90/220 o 2001/18] (…), gli operatori responsabili della loro immissione in commercio notificano alla Commissione la data in cui essi sono stati per la prima volta immessi sul mercato comunitario, entro sei mesi dalla data di applicazione del presente regolamento;
(…)
2. La notifica di cui al paragrafo 1 è corredata degli elementi menzionati all’articolo 17, paragrafi 3 e 5 (…).
(…)
4. Entro nove anni dalla data in cui i prodotti indicati al paragrafo 1, lettera a), sono stati immessi per la prima volta sul mercato, e comunque non prima di tre anni a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento, gli operatori responsabili della loro immissione in commercio presentano una domanda conformemente all’articolo 23, che si applica per analogia.
(…)
5. I prodotti di cui al paragrafo 1 e i mangimi che li contengono o sono da essi derivati sono soggetti alle disposizioni del presente regolamento, in particolare degli articoli 21, 22 e 34, che si applicano per analogia.
(…)».
20 Gli artt. 21, 22, n. 1, 24, 25, 26 nonché 29 enunciano specifiche norme dettagliate in materia di vigilanza, etichettatura e informazione al pubblico.
21 L’art. 34, intitolato «Misure d’emergenza», dispone:
«Quando sia manifesto che prodotti autorizzati dal presente regolamento o conformemente allo stesso possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente (…), sono adottate misure conformemente alle procedure previste agli articoli 53 e 54 del regolamento [n. 178/2002]».
Il regolamento n. 178/2002
22 L’art. 53 del regolamento n. 178/2002, intitolato «Misure urgenti per alimenti e mangimi di origine comunitaria o importati da un paese terzo», è così formulato:
«1. Quando sia manifesto che (..) mangimi di origine comunitaria o importati da un paese terzo possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente che non possa essere adeguatamente affrontato mediante misure adottate dallo Stato membro o dagli Stati membri interessati, la Commissione, agendo di propria iniziativa o su richiesta di uno Stato membro (…), adotta immediatamente, in funzione della gravità della situazione, una o alcune delle seguenti misure:
[sospensione dell’immissione sul mercato, sospensione delle importazioni in provenienza da paesi terzi, sospensione dell’utilizzazione dei mangimi in questione, determinazione di condizioni particolari per tali mangimi o qualsiasi altra misura provvisoria adeguata].
2. Tuttavia, in casi urgenti, la Commissione può adottare in via provvisoria le misure di cui al paragrafo 1, previa consultazione dello Stato membro o degli Stati membri interessati e dopo averne informato gli altri Stati membri.
Nel tempo più breve possibile e al più tardi entro dieci giorni lavorativi, le misure adottate sono confermate, modificate, revocate o prorogate secondo la procedura di cui all’articolo 58, paragrafo 2. Le motivazioni della decisione della Commissione sono pubblicate quanto prima».
23 L’art. 54 del medesimo regolamento, intitolato «Altre misure urgenti», recita:
«1. Qualora uno Stato membro informi ufficialmente la Commissione circa la necessità di adottare misure urgenti e qualora la Commissione non abbia agito in conformità delle disposizioni dell’articolo 53, lo Stato membro può adottare misure cautelari provvisorie. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione.
2. Entro dieci giorni lavorativi, la Commissione sottopone la questione al [Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali] ai fini della proroga, modificazione od abrogazione delle misure cautelari provvisorie nazionali.
3. Lo Stato membro può lasciare in vigore le proprie misure cautelari provvisorie fino all’adozione delle misure comunitarie».
Il diritto nazionale
24 L’art. L. 535-2 del codice dell’ambiente francese, in vigore fino al 27 giugno 2008, dispone come segue:
«I. – Ogniqualvolta lo giustifichi una nuova valutazione dei rischi per la salute o l’ambiente causati dalla presenza di [OGM], l’autorità amministrativa può, a spese del titolare dell’autorizzazione o dei detentori degli [OGM]:
1° sospendere l’autorizzazione in attesa di ulteriori informazioni e, se del caso, ordinare il ritiro dei prodotti dal mercato o vietarne l’uso;
2° imporre modifiche alle condizioni di emissione deliberata;
3° revocare l’autorizzazione;
4° ordinare la distruzione degli [OGM] e, qualora il titolare dell’autorizzazione o il detentore non ottemperi, procedere alla loro distruzione ex officio.
II. – Salvi i casi di emergenza, tali misure possono essere attuate solo se il titolare ha avuto la possibilità di presentare le proprie osservazioni».
Cause principali e questioni pregiudiziali
25 Con decisione della Commissione 22 aprile 1998, 98/294/CE, concernente l’immissione in commercio di granturco geneticamente modificato (Zea mays L. Linea MON 810) a norma della direttiva 90/220 (GU L 131, pag. 32), la Commissione, sul fondamento della stessa direttiva 90/220, ha autorizzato l’immissione in commercio del mais MON 810, su richiesta della Monsanto Europe.
26 In esecuzione dell’art. 1 della decisione in parola e conformemente all’art. 13 della direttiva 90/220, il Ministro dell’Agricoltura e della Pesca, con decreto ministeriale 3 agosto 1998 recante consenso scritto, a norma dell’art. 13, n. 4, della direttiva 90/220, alle decisioni 22 aprile 1998, 98/293/CE e 98/294/CE, concernenti l’immissione in commercio di varietà di granturco geneticamente modificate (Zea mays L. T25 e MON 810) (arrêté du 3 août 1998 portant consentement écrit, au titre de l’article 13, paragraphe 4, de la directive [90/220], des décisions 98/293/CE et 98/294/CE du 22 avril 1998 concernant la mise sur le marché de maïs génétiquement modifiés (Zea mays L. T25 et MON 810); JORF del 5 agosto 1998, pag. 11985], ha dato il suo consenso scritto a tale immissione sul mercato.
27 L’11 luglio 2004, la Monsanto Europe ha notificato alla Commissione il mais MON 810, in particolare in applicazione dell’art. 20, n. 1, lett. a), del regolamento n. 1829/2003, quale «prodotto esistente».
28 Essa non ha effettuato una notifica all’autorità nazionale competente, prima del 17 ottobre 2006, in forza dell’art. 17, n. 2, della direttiva 2001/18.
29 Il 4 maggio 2007, la stessa ha chiesto il rinnovo dell’autorizzazione all’immissione sul mercato del mais MON 810 sulla base dell’art. 20, n. 4, del regolamento n. 1829/2003.
30 Con decreto ministeriale 5 dicembre 2007, che ha sospeso la cessione e l’utilizzo di sementi di mais MON 810 (arrêté du 5 décembre 2007 suspendant la cession et l’utilisation des semences de maïs MON 810; JORF del 6 dicembre 2007, pag. 19748), il Ministro dell’Agricoltura e della Pesca, riferendosi senza ulteriori precisazioni al codice rurale e al codice dell’ambiente, ha sospeso sul territorio nazionale la cessione all’utente finale e l’utilizzo di sementi di mais MON 810 fino alla pubblicazione di una legge relativa agli OGM ed entro il 9 febbraio 2008.
31 Il 6 febbraio 2008, la Monsanto, la Monsanto Agriculture France, la Monsanto International e la Monsanto Technology hanno presentato dinanzi al Conseil d’État un ricorso di annullamento di questo decreto.
32 Con decreto ministeriale 7 febbraio 2008, che ha sospeso la coltivazione delle varietà di sementi di mais geneticamente modificato (Zea mays L. linea MON 810) [arrêté du 7 février 2008 suspendant la mise en culture des variétés de semences de maïs génétiquement modifié (Zea mays L. lignée MON 810); JORF del 9 febbraio 2008, pag. 2462], il Ministro dell’Agricoltura e della Pesca, invocando l’art. 23 della direttiva 2001/18, il regolamento n. 1829/2003 nonché l’art. L. 535-2 del codice dell’ambiente, ha vietato sul territorio nazionale «[l]a coltivazione, ai fini dell’immissione sul mercato, delle varietà di sementi di mais derivanti dalla varietà di mais geneticamente modificato MON 810» fino a che non si fosse statuito sulla domanda di rinnovo dell’autorizzazione di immissione sul mercato dell’organismo di cui trattasi.
33 Con decreto ministeriale 13 febbraio 2008, che ha modificato il decreto ministeriale 7 febbraio 2008, volto a sospendere la coltivazione delle varietà di sementi di mais geneticamente modificato (Zea mays L. linea MON 810) [arrêté du 13 février 2008 modifiant l’arrêté du 7 février 2008 suspendant la mise en culture des variétés de semences de maïs génétiquement modifié (Zea mays L. lignée MON 810); JORF del 19 febbraio 2008, pag. 3004], il Ministro dell’Agricoltura e della Pesca ha soppresso i termini «ai fini dell’immissione sul mercato» di cui al decreto 7 febbraio 2008.
34 Il 12 febbraio 2008, le autorità francesi, notificando quest’ultimo decreto alla Commissione, hanno qualificato quest’ultimo come «misura di emergenza» ai sensi dell’art. 34 del regolamento n. 1829/2003. In questa comunicazione, esse hanno sottolineato la necessità di adottare misure di emergenza dirette a sospendere la coltivazione del mais MON 810 in applicazione del combinato disposto dell’art. 34 del regolamento n. 1829/2003 nonché degli artt. 53 e 54 del regolamento n. 178/2002.
35 Il 20 febbraio 2008, notificando alla Commissione il decreto ministeriale 13 febbraio 2008, le autorità francesi hanno indicato che quest’ultimo decreto era stato adottato in applicazione dell’art. 23 della direttiva 2001/18.
36 Il 20, il 21 e il 25 febbraio 2008, la Monsanto, la Monsanto Agriculture France, la Monsanto International, la Monsanto Technology, la Monsanto Europe nonché vari altri ricorrenti hanno presentato dinanzi al Conseil d’État ricorsi di annullamento del decreto ministeriale 7 febbraio 2008, modificato dal decreto 13 febbraio 2008.
37 Come osservato dal giudice del rinvio, le parti ricorrenti rilevano che al mais MON 810, che costituisce una linea di mais geneticamente modificato per l’alimentazione degli animali, sono ormai applicabili soltanto le disposizioni del regolamento n. 1829/2003, cosicché il Ministro dell’Agricoltura e della Pesca avrebbe inficiato in termini di incompetenza i decreti impugnati adottando una misura di emergenza rientrante nella competenza della Commissione e, quantomeno, in termini di errore di diritto fondandosi sull’art. 23 della direttiva 2001/18 e sull’art. L. 535-2 del codice dell’ambiente che ne garantisce la trasposizione nell’ordinamento nazionale.
38 Ciò premesso, il Conseil d’État ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte, in ciascuna delle cause principali, le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se, quando un [OGM] che costituisce un alimento per animali è stato immesso in commercio prima della pubblicazione del regolamento [n. 1829/2003] e la relativa autorizzazione è mantenuta in vigore in applicazione delle disposizioni dell’art. 20 di detto regolamento, il prodotto in questione debba essere considerato, in attesa della decisione in merito alla domanda di nuova autorizzazione che deve essere presentata in applicazione di detto regolamento, tra i prodotti menzionati dalle disposizioni dell’art. 12 della direttiva [2001/18] (…) e se, in tal caso, detto [OGM] sia soggetto, per quanto riguarda le misure urgenti che possono essere adottate successivamente alla concessione dell’autorizzazione di immissione in commercio, unicamente all’art. 34 del regolamento [n. 1829/2003] o se, al contrario, siffatte misure possano essere adottate da uno Stato membro sulla base dell’art. 23 della direttiva [2001/18] e delle disposizioni nazionali che ne garantiscono la trasposizione.
2) Nell’ipotesi in cui le misure urgenti possano intervenire soltanto nel quadro delle disposizioni dell’art. 34 del regolamento [n. 1829/2003], se, e a quali condizioni, le autorità di uno Stato membro possano adottare [misure come quelle di cui al decreto 5 dicembre 2007 (primo ricorso di annullamento) e al decreto 7 febbraio 2008 (dieci altri ricorsi), modificato dal decreto 13 febbraio 2008], a titolo di gestione del rischio cui fa riferimento l’art. 53 del regolamento [n. 178/2002], oppure a titolo di misure cautelari provvisorie che uno Stato membro può adottare sulla base dell’art. 54 del medesimo regolamento.
3) Nell’ipotesi in cui le autorità di uno Stato membro possano intervenire sulla base dell’art. 23 della direttiva 2001/18/CE o dell’art. 34 del regolamento [n. 1829/2003], o di entrambe queste basi giuridiche, tenendo conto in particolare del principio di precauzione, il ricorso solleva la questione del livello di rigore imposto rispettivamente dalle disposizioni dell’art. 23 della direttiva che subordinano l’attuazione di misure di emergenza quali il divieto temporaneo dell’uso del prodotto alla condizione che lo Stato membro abbia “fondati motivi di ritenere che un OGM (…) rappresenti un rischio per (…) l’ambiente” e da quelle dell’art. 34 del regolamento che subordinano l’intervento di una siffatta misura alla condizione che sia “manifesto che [il] prodott[o] (…) poss[a] comportare un grave rischio per (…) l’ambiente” in materia di identificazione del rischio, di valutazione della sua probabilità e di esame della natura dei suoi effetti».
Sulle questioni pregiudiziali
Osservazioni preliminari
39 Si deve ricordare che sementi provenienti da linee di mais come quelle di cui alla causa principale rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/53, in forza del combinato disposto dell’art. 1, n. 1, di quest’ultima e dell’art. 2, n. 1, parte A, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1966, 66/402/CEE, relativa alla commercializzazione delle sementi di cereali (GU 1966, n. 125, pag. 2309), modificata da ultimo dalla direttiva della Commissione 26 giugno 2009, 2009/74/CE (GU L 166, pag. 40).
40 In forza dell’art. 16, n. 1, della direttiva 2002/53, gli Stati membri vigilano affinché, con effetto a partire dalla data di pubblicazione nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, prevista all’art. 17 della stessa direttiva, le sementi delle varietà ammesse in applicazione delle disposizioni della presente direttiva o in base a principi corrispondenti a quelli stabiliti dalla presente direttiva non siano soggette ad alcuna restrizione di mercato per quanto concerne la varietà, salvo le eccezioni di cui agli artt. 16, n. 2, o 18 della direttiva 2002/53 (v., in tal senso, sentenza 16 luglio 2009, causa C‑165/08, Commissione/Polonia, Racc. pag. I‑6843, punto 62).
41 Si deve osservare che lo Stato membro interessato di cui alla causa principale non si è avvalso degli artt. 16, n. 2, o 18 della direttiva 2002/53 al fine di essere autorizzato a vietare le sementi di mais MON 810 alle condizioni enunciate da tali disposizioni.
42 In tale contesto, le soluzioni fornite alle presenti questioni pregiudiziali non pregiudicano la direttiva 2002/53.
Sulla prima questione
43 La prima questione si riferisce alle condizioni in cui una misura di sospensione o di divieto provvisorio può essere adottata da uno Stato membro nei riguardi di un «prodotto esistente» ai sensi dell’art. 20 del regolamento n. 1829/2003, che sia stato autorizzato in forza della direttiva 90/220, direttiva abrogata e sostituita dalla direttiva 2001/18.
44 Essa pone il problema del fondamento giuridico di una siffatta misura.
45 Il governo austriaco sostiene che la Monsanto ha notificato il mais MON 810 quale prodotto esistente a fini di un utilizzo in mangimi e alimenti, ma non ai fini di un utilizzo in quanto semente. Dubita, di conseguenza, che il prodotto di cui trattasi possa ancora essere considerato come immesso legalmente sul mercato in quanto semente a partire dalla scadenza del termine di notifica dei prodotti esistenti.
46 Pertanto, occorre esaminare la questione se l’utilizzo in quanto sementi di OGM notificati sul fondamento dell’art. 20 del regolamento n. 1829/2003 sia disciplinato da tale disposizione.
47 Il regolamento n. 1829/2003 costituisce un’attuazione dell’art. 12, n. 3, della direttiva 2001/18.
48 È pacifico che la Monsanto non ha notificato il mais MON 810 in forza dell’art. 17, n. 2, della direttiva 2001/18 prima del termine del 17 ottobre 2006 stabilito da tale articolo.
49 È altresì indiscusso che la Monsanto ha notificato il mais di cui trattasi sul fondamento dell’art. 20, n. 1, del regolamento n. 1829/2003, in quanto «prodotto esistente» rientrante nella sezione 1 del capo III di tale regolamento.
50 Dalla formulazione del trentaquattresimo ‘considerando’ nonché, relativamente ai mangimi, degli artt. 16, n. 7, e 18, n. 3, lett. c), dello stesso regolamento emerge che l’utilizzo di OGM in quanto sementi è disciplinato dall’autorizzazione concessa per i suddetti OGM in applicazione del regolamento in parola, fatta salva la direttiva 2002/53.
51 Per quanto riguarda i prodotti esistenti, si pone pertanto la questione se l’art. 20 del regolamento n. 1829/2003, nella parte in cui prevede, alle condizioni che enuncia, che «i prodotti che rientrano nel campo d’applicazione della [sezione 1] possono rimanere sul mercato e continuare ad essere utilizzati e lavorati», disciplini anche l’utilizzo in quanto sementi di OGM notificati quali prodotti esistenti sul fondamento dello stesso art. 20.
52 A questo riguardo si deve rammentare che i prodotti notificati sul fondamento dell’art. 20, n. 1, del regolamento n. 1829/2003 devono rientrare nell’ambito di applicazione della sezione 1 del capo III del regolamento in parola e che dall’art. 15, n. 1, di quest’ultimo emerge che tale sezione si applica, in particolare, agli «OGM destinati all’alimentazione degli animali».
53 Orbene, ai sensi dell’art. 2, punto 9, dello stesso regolamento, con questa espressione si intende, in particolare, un «OGM che può essere utilizzato come (…) materiale di base per la produzione di mangimi», definizione che può applicarsi a sementi.
54 Di conseguenza, le sementi di OGM rientrano nella sezione 1 del capo III del regolamento n. 1829/2003. Alle stesse è quindi applicabile, in particolare, l’art. 20, n. 1, di quest’ultimo.
55 Nei limiti in cui quest’ultima disposizione autorizza l’effettuazione dell’utilizzo dei prodotti che essa disciplina, tale norma è applicabile all’utilizzo in quanto sementi di prodotti che sono stati notificati.
56 A tale riguardo spetta al giudice nazionale verificare che prodotti quali il mais MON 810, che siano stati autorizzati in particolare in quanto sementi ai fini della coltivazione in applicazione della direttiva 90/220, siano stati effettivamente notificati sulla base dell’art. 20, n. 1, del regolamento n. 1829/2003.
57 Ai sensi di tali previe considerazioni, la Corte constata che il regolamento n. 1829/2003 contiene gli elementi interpretativi sufficienti per risolvere la prima questione, senza che sia necessaria una specifica interpretazione dell’art. 12 della direttiva 2001/18.
58 In tale contesto si deve considerare che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, in circostanze come quelle di cui alle controversie principali, OGM come il mais MON 810, che siano stati autorizzati, in particolare, in quanto sementi a fini di coltivazione in applicazione della direttiva 90/220 e che, alle condizioni enunciate all’art. 20 del regolamento n. 1829/2003, siano stati notificati quali prodotti esistenti, e, successivamente abbiano formato oggetto di una domanda di rinnovo di autorizzazione in corso di esame, possano costituire l’oggetto, da parte di uno Stato membro, di misure di sospensione o di divieto provvisorio dell’utilizzo o dell’immissione in commercio in applicazione dell’art. 23 della direttiva 2001/18, o se siffatte misure possano essere adottate conformemente all’art. 34 del regolamento n. 1829/2003.
59 A tale riguardo si deve ricordare che l’art. 20, n. 5, del regolamento n. 1829/2003 dispone che «[i] prodotti di cui al paragrafo 1 (…) sono soggetti alle disposizioni del presente regolamento, in particolare degli articoli 21, 22 e 34, che si applicano per analogia».
60 Questa formulazione sancisce pertanto esplicitamente l’applicabilità dell’art. 34 del regolamento n. 1829/2003.
61 Vi si prevede, inoltre, l’applicabilità a un prodotto esistente delle altre disposizioni di quest’ultimo o, in particolare, del suo art. 17, n. 5, che impone, al primo comma, lett. a) e b), che siano forniti vari elementi di informazione relativi ai prodotti di cui trattasi e aggiunge, al secondo comma, che, «[i]n tal caso, gli articoli da 13 a 24 della direttiva [2001/18] non si applicano».
62 Pertanto, dal combinato disposto degli artt. 20, n. 5, e 17, n. 5, del regolamento n. 1829/2003 risulta che, qualora gli elementi previsti dall’art. 17, n. 5, primo comma, siano forniti a sostegno della notifica di un prodotto esistente, l’art. 23 della direttiva 2001/18 non si applica.
63 Si deve quindi risolvere la prima questione nel senso che, in circostanze analoghe a quelle di cui alle controversie principali, OGM come il mais MON 810, che siano stati autorizzati, in particolare, in quanto sementi a fini di coltivazione in applicazione della direttiva 90/220, che, alle condizioni enunciate all’art. 20 del regolamento n. 1829/2003, siano stati notificati quali prodotti esistenti e che, successivamente, abbiano formato oggetto di una domanda di rinnovo di autorizzazione in corso di esame non possono costituire l’oggetto, da parte di uno Stato membro, di misure di sospensione o di divieto provvisorio dell’utilizzo o dell’immissione in commercio in applicazione dell’art. 23 della direttiva 2001/18, laddove siffatte misure, per contro, possono essere adottate conformemente all’art. 34 del regolamento n. 1829/2003.
Sulla seconda questione
64 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 34 del regolamento n. 1829/2003 autorizzi uno Stato membro ad adottare misure di emergenza in circostanze come quelle di cui alla causa principale.
65 I decreti ministeriali 5 dicembre 2007, 7 febbraio 2008 nonché 13 febbraio 2008, che ne ha modificato i termini, sono stati pubblicati nel Journal officiel de la République française, rispettivamente, il 6 dicembre 2007, il 9 febbraio 2008 e il 19 febbraio 2008. Secondo le indicazioni del governo francese, che spetta al giudice nazionale verificare, questi decreti sarebbero stati notificati alla Commissione, rispettivamente, il 9, il 12 e il 20 febbraio 2008.
66 A tale riguardo si deve constatare che, come risulta dal tenore letterale dell’art. 34 del regolamento n. 1829/2003, tale norma, da un lato, enuncia le condizioni sostanziali in forza delle quali un prodotto autorizzato da tale regolamento o conformemente a quest’ultimo può essere l’oggetto di misure di emergenza e, dall’altro, rinvia, per quanto riguarda le condizioni di adozione di tali misure, alle «procedure previste agli articoli 53 e 54 del regolamento [n. 178/2002]».
67 Pertanto, l’art. 34 del regolamento n. 1829/2003 non subordina l’adozione di misure di emergenza alle condizioni sostanziali previste all’art. 53 del regolamento n. 178/2002.
68 Peraltro, si deve osservare che l’art. 53 del regolamento n. 178/2002 riguarda le misure di emergenza che possono essere adottate dalla Commissione, laddove all’adozione di siffatte misure da parte degli Stati membri è applicabile l’art. 54 del detto regolamento.
69 Di conseguenza, uno Stato membro che intenda adottare misure di emergenza in forza dell’art. 34 del regolamento n. 1829/2003 deve rispettare, oltre alle condizioni sostanziali indicate in quest’ultima norma, anche le condizioni procedurali previste all’art. 54 del regolamento n. 178/2002.
70 Tali condizioni sono precisate al n. 1 del citato art. 54, che impone agli Stati membri, da una parte, di informare «ufficialmente» la Commissione circa la necessità di adottare misure urgenti e, dall’altra parte, qualora la Commissione non abbia agito in conformità delle disposizioni dell’art. 53, di informare «immediatamente» gli altri Stati membri e la Commissione in merito alle misure cautelari adottate.
71 Esse devono essere interpretate tenendo in considerazione la formulazione di tale disposizione, ma altresì le finalità del regolamento n. 1829/2003 nonché il principio di precauzione, allo scopo di garantire un elevato livello di tutela della vita e della salute umana, assicurando al contempo la libera circolazione di alimenti e di mangimi sicuri e sani, che costituisce un aspetto essenziale del mercato interno (v., per analogia, sentenze 21 marzo 2000, causa C‑6/99, Greenpeace France e a., Racc. pag. I‑1651, punto 44, e 9 settembre 2003, causa C‑236/01, Monsanto Agricoltura Italia e a., Racc. pag. I‑8105, punto 110).
72 Si deve al riguardo constatare che, se è vero che l’art. 54, n. 1, del regolamento n. 178/2002 non introduce l’obbligo di informare la Commissione entro un determinato termine, risulta tuttavia sia dalla precisazione secondo cui lo Stato membro interessato informa «immediatamente» la Commissione e gli altri Stati membri in merito alle misure urgenti adottate sia dalla circostanza che la Commissione deve successivamente, entro un termine di dieci giorni lavorativi, avviare il procedimento previsto all’art. 58, n. 2, del regolamento in parola che lo Stato membro interessato deve informare la Commissione il più rapidamente possibile sia della necessità di adottare misure urgenti sia, all’occorrenza, del contenuto delle misure adottate.
73 Pertanto, alla luce del carattere di urgenza dell’intervento dello Stato membro interessato e dello scopo di tutela della sanità pubblica perseguito dal regolamento n. 1829/2003, l’art. 54, n. 1, del regolamento n. 178/2002 deve essere interpretato nel senso che è diretto a imporre, come d’altronde a norma dell’art. 23 della direttiva 2001/18, che l’informazione della Commissione in esso prevista intervenga, in caso di urgenza, non oltre il momento dell’adozione delle misure urgenti da parte dello Stato membro interessato.
74 Si deve pertanto risolvere la seconda questione nel senso che l’art. 34 del regolamento n. 1829/2003 autorizza uno Stato membro ad adottare misure di emergenza soltanto alle condizioni procedurali enunciate all’art. 54 del regolamento n. 178/2002, di cui spetta al giudice nazionale verificare l’osservanza.
Sulla terza questione
75 Con la sua terza questione, il giudice di rinvio chiede in sostanza quale livello di rigore imponga agli Stati membri l’art. 34 del regolamento n. 1829/2003 in vista dell’adozione di misure di emergenza, laddove subordina queste ultime all’esistenza di una situazione che possa comportare, «[in modo] manifesto», un «grave rischio» per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente.
76 A tale riguardo occorre considerare che le espressioni «[in modo] manifesto» e «grave rischio» devono essere intese come atte a riferirsi a un serio rischio che ponga a repentaglio in modo manifesto la salute umana, la salute degli animali o l’ambiente. Questo rischio deve essere constatato sulla base di nuovi elementi fondati su dati scientifici attendibili.
77 Infatti, misure di tutela adottate in forza dell’art. 34 del regolamento n. 1829/2003 non possono essere validamente motivate con un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente. Al contrario, siffatte misure di tutela, nonostante il loro carattere provvisorio e ancorché esse rivestano un carattere preventivo, possono essere adottate solamente se fondate su una valutazione dei rischi quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, che dimostrino che tali misure sono necessarie (v., in tal senso, sentenza Monsanto Agricoltura Italia e a., cit., punti 106 e 107).
78 Si deve sottolineare che, alla luce dell’economia del sistema previsto dal regolamento n. 1829/2003 e del suo obiettivo di evitare artificiali disparità nell’assunzione di un grave rischio, la valutazione e la gestione di un rischio grave e manifesto compete esclusivamente alla Commissione e al Consiglio, sotto il controllo del giudice dell’Unione.
79 Ne risulta che, nella fase dell’adozione e dell’attuazione da parte degli Stati membri delle misure di emergenza di cui all’art. 34 di detto regolamento, fintantoché non sia stata adottata alcuna decisione al riguardo a livello dell’Unione, i giudici nazionali aditi al fine di verificare la legittimità delle misure nazionali di cui trattasi sono competenti a valutare la legittimità di queste misure alla luce delle condizioni sostanziali previste all’art. 34 del regolamento n. 1829/2003 e di quelle procedurali di cui all’art. 54 del regolamento n. 178/2002, e l’uniformità del diritto dell’Unione può essere garantita dalla Corte nell’ambito del procedimento di rinvio pregiudiziale, in quanto un giudice nazionale, quando nutre dubbi in merito all’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione, può o deve, conformemente all’art. 267, secondo e terzo comma, TFUE, deferire una questione pregiudiziale alla Corte (v., per analogia, sentenza 20 novembre 2008, causa C‑375/07, Heuschen & Schrouff Oriëntal Foods Trading, Racc. pag. I‑8691, punti 63 e 67).
80 Per contro, quando, in una fattispecie, la Commissione ha adito il Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali ed è stata adottata una decisione a livello dell’Unione, le valutazioni di fatto e di diritto e relative alla fattispecie medesima, contenute in una tale decisione, vincolano tutti gli organi dello Stato destinatario di quest’ultima, conformemente all’art. 288 TFUE, ivi compresi i suoi giudici chiamati ad esaminare la legittimità delle misure adottate a livello nazionale (v., per analogia, sentenza Heuschen & Schrouff Oriëntal Foods Trading, cit., punto 64).
81 Si deve quindi risolvere la terza questione nel senso che, ai fini dell’adozione di misure di emergenza, l’art. 34 del regolamento n. 1829/2003 impone agli Stati membri di dimostrare, oltre all’urgenza, l’esistenza di una situazione in grado di comportare un rischio che ponga a repentaglio in modo manifesto la salute umana, la salute degli animali o l’ambiente.
Sulle spese
82 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
1) In circostanze come quelle di cui alle controversie principali, organismi geneticamente modificati come il mais MON 810, che siano stati autorizzati, in particolare, in quanto sementi a fini di coltivazione in applicazione della direttiva del Consiglio 23 aprile 1990, 90/220/CEE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati, e che, alle condizioni enunciate all’art. 20 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 22 settembre 2003, n. 1829, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati, siano stati notificati quali prodotti esistenti e, successivamente, abbiano formato oggetto di una domanda di rinnovo di autorizzazione in corso di esame non possono costituire l’oggetto, da parte di uno Stato membro, di misure di sospensione o di divieto provvisorio dell’utilizzo o dell’immissione in commercio in applicazione dell’art. 23 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/18/CE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220, laddove siffatte misure, per contro, possono essere adottate conformemente all’art. 34 del regolamento n. 1829/2003.
2) L’art. 34 del regolamento n. 1829/2003 autorizza uno Stato membro ad adottare misure di emergenza soltanto alle condizioni procedurali enunciate all’art. 54 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2002, n. 178, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, di cui spetta al giudice nazionale verificare l’osservanza.
3) Ai fini dell’adozione di misure di emergenza, l’art. 34 del regolamento n. 1829/2003 impone agli Stati membri di dimostrare, oltre all’urgenza, l’esistenza di una situazione in grado di comportare un rischio che ponga a repentaglio in modo manifesto la salute umana, la salute degli animali o l’ambiente.
Firme
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* Lingua processuale: il francese.