Approvazione del nuovo statuto della Banca d’Italia

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Con il D.P.R. 12 dicembre 2006 giunge a termine il processo di riscrittura delle norme di organizzazione e funzionamento della Banca d’Italia.
Tale percorso, lo si ricorderà, viene avviato con la L. 28 dicembre 2005, n. 262, recante “Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari” (c.d. “legge sul risparmio”), promulgata in gran fretta dal Governo Berlusconi a seguito degli scandali che hanno investito l’allora Governatore Antonio Fazio e le polemiche conseguenti, relative a quelli che – con espressione giornalistica – vengono poi definiti “i furbetti del quartierino”. Con detta legge, e segnatamente nei commi da 1 a 7 dell’art. 19, vengono individuate le macrolinee da seguirsi nel futuro riordino delle modalità di funzionamento della Banca; il comma 9 del medesimo articolo prevede in particolare che detti indirizzi normativi siano poi puntualizzati e recepiti dall’organo competente (id est l’Assemblea straordinaria dei partecipanti), tenuto ad adeguare lo statuto alle nuove disposizioni recate dalla legge stessa. Benché sia stato sforato il termine, evidentemente avente carattere ordinatorio, che prevedeva l’approvazione del nuovo statuto “entro due mesi dalla data di entrata in vigore” della legge sul risparmio (art. 19, c. 9, l. cit.), il nuovo statuto, approvato dall’Assemblea straordinaria dei partecipanti al capitale della Banca d’Italia in data 28 novembre 2006, deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 12 dicembre 2006, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, è finalmente realtà.
Il testo, che consta di 49 articoli (rispetto ai 67 di quello precedente), e che ha altresì ricevuto, il 25 luglio 2006, il placet della Banca Centrale Europea in forma di parere positivo, riscrive profondamente le regole di funzionamento dell’istituzione di Via Nazionale attorno ai principi cardine di trasparenza, indipendenza e maggiore collegialità (si veda in tal senso l’art. 1 del D.P.R. che, tra l’altro, recepisce la medesima previsione già contenuta nell’art. 19, c. 4, della legge sul risparmio)[ Analoga l’opinione, in ordine al nuovo nucleo valoriale di riferimento della Banca, di F. VELLA, Nuovo statuto, nuova vigilanza, in www.lavoce.info, 29 novembre 2006.]. Strutturalmente, il nuovo statuto è suddiviso in sette titoli, rispettivamente dedicati a «Costituzione e capitale della Banca d’Italia» (artt. 1-4), «Amministrazione della Banca» (artt. 5-26), «Filiali della Banca» (artt. 27-33), «Operazioni della Banca» (artt. 34-37), «Bilancio d’esercizio e relazione sull’attività» (artt. 38-41), «Disposizioni generali» (artt. 42-45), «Disposizioni transitorie» (artt. 46-49). Un breve excursus tra le disposizioni consente di enucleare gli aspetti salienti della disciplina e le maggiori novità: ad esempio, sempre a proposito dell’art. 1, è importante rimarcare la definizione del carattere pubblico dell’istituzione (già comunque presente nella previgente formulazione), mentre l’art. 5 provvede a confermare che gli organi centrali dell’Istituto sono l’Assemblea dei partecipanti (nelle due composizioni, ordinaria e straordinaria, cui sono dedicati gli artt. 6-14), il Consiglio superiore, il Collegio sindacale, il Direttorio, il Governatore, il Direttore generale ed i Vice direttori. Il Consiglio superiore è disciplinato dagli artt. 15-18; di particolare interesse quest’ultima disposizione citata, che, individuando le competenze dell’organo, le precisa e le amplia rispetto al passato, anche conferendogli espressamente funzioni di vigilanza sull’andamento della gestione della Banca; del pari, il Collegio sindacale (di cui agli artt. 19 e 20) svolge il controllo di legittimità e quello contabile, corroborando così l’attività di garanzia interna all’Istituto stesso, lasciando comunque impregiudicati gli accertamenti dei revisori esterni sul bilancio. Il Direttorio (disciplinato dagli artt. 21-23) sale a cinque componenti (prima erano quattro) e ad esso è ora attribuita anche la competenza, di assoluto rilievo, a porre in essere tutti i provvedimenti aventi «rilevanza esterna»; ne fanno parte il Governatore, il Direttore Generale e tre Vice direttori. Proprio riguardo la disciplina di questo organo di direzione dell’attività della Banca, il cui funzionamento collegiale è stato analiticamente previsto, si sono registrati i maggiori consensi da parte degli analisti del mondo economico e finanziario [Ad esempio, si vedano gli articoli di R. BOCCIARELLI, D. MASCIANDARO ne Il sole 24 ore del 29 novembre 2006, p. 3, o ancora di R. BOCCIARELLI, A. MERLI, ibidem, 27 dicembre 2006, p. 9. Considerazioni dello stesso tenore sono svolte anche ne Il Corriere della Sera del 30 novembre 2006, p. 27]: valorizzare la dimensione collegiale dell’attività di direzione consente – è infatti stato detto – di superare una struttura monocratica, quale era quella passata, incentrata sul ruolo assolutamente preminente del Governatore, che non trovava riscontro in alcuna altra Autorità di vigilanza nel nostro sistema. Da segnalare l’art. 24, concernente il Governatore, per il quale si prevede l’incarico a tempo (6 anni), rinnovabile per una sola volta. Soggiacciono ai medesimi termini decadenziali anche il Direttore Generale ed i Vice direttori (si vedano, rispettivamente, gli artt. 25 e 26).
Tra le norme, meritano di essere menzionate per la loro rilevanza anche gli artt. 39 e 40, concernenti la distribuzione degli utili conseguiti in ciascun esercizio ai soci partecipanti.
Da ultimo, nelle disposizioni transitorie, sono previsti meccanismi di avvicendamento graduale dei precedenti membri del Direttorio, al fine di consentire un “passaggio di consegne” senza traumi. Attualmente, anche alla luce delle norme appena citate, il Direttorio è composto dal Governatore Draghi, dal Direttore Saccomanni e dai Vice direttori Visco, Carosio (entrambi appena nominati) e Finocchiaro (il cui mandato terminerà nel 2009).
Se sul fronte della riorganizzazione il percorso può insomma dirsi compiuto, resta invece ancora tutta da definire, né al momento sembrano esserci indicazioni di un qualche progresso in tal senso, la questione relativa all’assetto proprietario della Banca d’Italia, lasciata dalla legge sul risparmio alla competenza di un «regolamento da adottarsi ai sensi dell’art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400», con il quale si disciplinino altresì «le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici» (così l’art. 19, c. 10, L. n. 262/2005) al Ministero del Tesoro.
Il Governo Prodi dovrà affrontare con grande cautela (ed ecco perché probabilmente, ricorrendo ad un po’ di malizia, la ragione della previsione di un termine per provvedere tanto lungo contenuto nella legge sul risparmio varata dal Governo Berlusconi) una sfida delicata come quella relativa alla ridefinizione della proprietà, badando in ogni caso a tutelare il valore «indipendenza» che è il punto di forza di ogni Autorità di vigilanza, e della Banca d’Italia in primis. Un primo contributo al lavoro da svolgersi, tuttavia, è stato già fornito dallo statuto (si veda l’art. 18), il quale, nel richiamarsi al già illustrato art. 19, c. 10, della legge sul risparmio, ha previsto che, in ogni caso, il trasferimento delle quote di partecipazione sia sottoposto al Consiglio Superiore su proposta del Direttorio; ciò con il fine di meglio garantire il rispetto dell’indipendenza della Banca ed una equilibrata distribuzione delle quote [Come pure è stato autorevolmente osservato (così F. VELLA, op. cit., 2), una sorta di «“clausola” di gradimento degli organi interni della Banca con lo scopo esplicito di bloccare modifiche degli assetti proprietari in grado di influenzarne l’autonomia decisionale»]: una misura prudenziale assolutamente da apprezzarsi (ed infatti specificamente lodata nel parere della Banca Centrale Europea del 25 luglio 2006 sulla bozza di statuto).