Principi e proposte per la riforma della Costituzione

Si pubblica la c.d. “bozza Amato” (principi e proposte per la riforma della Costituzione), approvata dal coordinamento dei segretari dei partiti del centrosinistra il 10 dicembre 2003

Principi e proposte per la riforma della Costituzione
in tema di forma di Governo, Senato della Repubblica, garanzie democratiche
approvato il 10 dicembre 2003 dal coordinamento dei Segretari dei partiti del centrosinistra

Le opposizioni di centrosinistra, tra le quali rimangono aperte differenze su assetti generali, convengono su una riforma istituzionale che:

– completi e migliori la riforma già effettuata del Titolo V;
– adegui la forma di governo alla volontà ripetutamente manifestata dai cittadini di esprimersi con il loro voto sulla scelta della maggioranza e del futuro Primo ministro ed eviti tuttavia di trasformare le elezioni in una delega totale ad un leader della sovranità degli stessi cittadini;
– rafforzi, in questo contesto, le garanzie di trasparenza, equilibrio politico-istituzionale e di partecipazione degli stessi cittadini non solo attraverso le scelte elettorali, ma anche nella vita sociale e delle istituzioni.

Le opposizioni di centrosinistra sono pronte a sostenere in Parlamento e nel Paese le innovazioni indirizzate alle indicate finalità. Sono invece fermamente contrarie a modifiche che:

– portino i poteri del Premier al punto di rimettere la sopravvivenza del Parlamento (o della Camera) al solo fatto di una sua proposta di scioglimento, quand’anche ciò accada in contrasto con la volontà della sua maggioranza; ovvero di condurre allo scioglimento automatico, in caso di bocciatura di una misura su cui il Premier abbia posto la fiducia (con l’effetto, in questo secondo caso, di lasciare il Paese non solo senza una misura che potrebbe essere necessaria e urgente, ma anche senza Governo e senza Parlamento e senza quindi la possibilità di rimediare a quello che potrebbe essere stato un puro errore). Con poteri del genere non si dà luogo ad una forma di governo presidenziale, ma ad una forma di governo autoritario, sotto le vesti di un apparente parlamentarismo. Il presidenzialismo fondato sulla legittimazione diretta del capo dell’esecutivo ha infatti il suo bilanciamento fisiologico in un Parlamento politicamente indipendente dall’Esecutivo come accade negli Stati Uniti;
– facciano perdere al Capo dello Stato il suo ruolo di garante non solo della legalità, ma anche del corretto funzionamento del sistema istituzionale, secondo il modello della vigente Costituzione;
– modifichino l’assetto della Corte costituzionale al di là della maggiore sensibilità regionalista che utilmente sarà apportata dalla riforma del Senato e quindi dalle scelte dei componenti di esso nell’ambito delle esistenti procedure;
– nella ridefinizione delle competenze regionali mettano a repentaglio la fondamentale unità del Servizio Sanitario Nazionale e la fondamentale unità culturale della nostra scuola, nella autonomia di gestione degli istituti scolastici, nonché l’unitarietà dei diritti civili e sociali sull’intero territorio nazionale.

Su queste premesse, per quanto riguarda la forma di governo:

– per garantire il rispetto della volontà politica degli elettori e per evitare il rischio di uno scollamento tra cittadini e sistema politico, è giusto che non siano legittimati i c.d. ribaltoni. In questo senso, si conviene sul fatto che debba rendersi noto, contestualmente alla pubblicazione del programma elettorale, il nome del candidato alla guida del Governo, senza tuttavia farne oggetto di separata menzione nella scheda elettorale. Egli sarà poi nominato dal Presidente della Repubblica e investito della fiducia iniziale del Parlamento (o della Camera). In caso di sfiducia, e su sua proposta, vi sarà lo scioglimento a meno che una mozione costruttiva votata dalla maggioranza iniziale, comunque autosufficiente anche se integrata o eventualmente ridotta, non proponga un diverso candidato;
– per dare forza al Premier all’interno del Governo si ritiene che il Premier stesso debba avere il potere di nominare e revocare i ministri, il che comporta che su di lui (o lei) – e solo su di lui (o lei) proprio perché responsabile dell’intera compagine di governo – si debba esprimere il voto di fiducia iniziale;
– è inoltre utile che il Premier possa avocare al Consiglio qualunque affare di competenza ministeriale che abbia a suo avviso implicazioni di politica generale.

Per quanto riguarda il Senato della Repubblica, la riforma del Titolo V impone l’uscita dal bicameralismo perfetto. L’occasione può essere colta per valorizzare il Senato come camera esterna al circuito fiduciario, in un equilibrato ridisegno complessivo delle nostre istituzioni, affidando ad esso due funzioni essenziali: la tutela degli interessi generali attraverso competenze latu sensu di garanzia e la rappresentanza delle autonomie territoriali.
Questa proposta non rappresenta una deminutio del Senato rispetto alla Camera. Essa punta anzi ad un reale investimento istituzionale, che recuperi nella Camera alta, non legata alla maggioranza e quindi al Governo, una buona parte dei contrappesi, degli istituti di garanzia e dei meccanismi di riequilibrio, attraverso i quali si possa rafforzare il valore dell’unità nella differenza.
La composizione deve corrispondere a questa duplice funzione del nuovo Senato. A tal fine soluzioni tecnicamente diverse sono possibili, che consentano di acquisire al Senato sia senatori eletti in funzione del solo mandato senatoriale, sia membri rappresentativi della articolazione istituzionale del Paese: Presidenti delle Regioni, Sindaci dei comuni capoluogo di Regione, altri rappresentanti delle autonomie locali. Ciò può essere fatto sia riservando un definito numero di seggi ai titolari di tali ruoli istituzionali ratione muneris, sia eleggendo a quei seggi i titolari stessi, avendo ovviamente rimosso le incompatibilità esistenti.
Quanto al sistema elettorale, non si prevede di farne oggetto di disciplina costituzionale secondo la nostra tradizione e secondo quanto dovrà accadere anche per la Camera dei Deputati. E’ tuttavia evidente che, mentre per la Camera, che deve esprimere la maggioranza politica, è funzionale un sistema elettorale maggioritario, per il Senato questa esigenza non si pone e quindi la legge ordinaria potrà prevedere anche un sistema proporzionale.
In merito alle funzioni, la funzione legislativa sarà declinata in due modi: su alcune materie Camera e Senato dovranno avere un ruolo paritario, che sarà reso più efficiente attraverso l’istituzione della Commissione di conciliazione; su altre materie, invece, l’eventuale voto negativo del Senato potrà essere superato dal voto finale della Camera. La legge finanziaria dovrebbe rientrare nella legislazione paritaria, mentre per la legge di bilancio potrà valere il primato della Camera.
Un Senato con la descritta composizione mista potrebbe altresì assorbire una parte almeno dei compiti oggi affidati ad organismi intergovernativi di concertazione tra livelli istituzionali.
Infine, proprio in chiave di bilanciamento dell’altra camera che ha vocazione maggioritaria, non soltanto il Senato dovrebbe essere competente in materia di nomine e di pareri parlamentari sulle nomine stesse e su quelle delle Autorità indipendenti in particolare, ma potrebbe essere anche l’unica camera abilitata a dare vita a Commissioni di inchiesta con i poteri dell’autorità giudiziaria.
Per quanto riguarda il riparto di competenze tra Stato e Regioni, il centrosinistra, che ha voluto la riforma del Titolo V approvata anche con referendum confermativo, non si oppone tuttavia a ragionevoli aggiustamenti degli elenchi delle competenze. Più importante è però una seconda innovazione, utile a garantire gli interessi nazionali, senza trasformarli nello strumento di un sindacato politico sulle leggi regionali e senza tornare, all’opposto, alla indicazione di principi legislativi statali per ciascuna materia di competenza regionale. Si può piuttosto indicare, tra le competenze legislative dello Stato, quella ad intervenire nelle stesse materie di competenza regionale, ai soli ed esclusivi fini della tutela a) dell’uniforme attuazione dei diritti costituzionali e b) dell’unità economica, giuridica e sociale della Repubblica. L’esercizio di tale speciale competenza sarebbe sottoposta alla procedura legislativa paritaria delle due Camere.

Per quanto attiene alle garanzie democratiche, anche sulla base dei disegni di legge già presentati in Parlamento dalle opposizioni, quattro sono i piani intervento individuati.
Il primo, tra forma di Stato e forma di Governo, è indirizzato ad individuare un’area non maggioritaria nella quale far esplicare a pieno le garanzie democratiche dell’ordinamento, valorizzando in tal modo sia la governabilità che la rappresentanza.
Il secondo punta a rafforzare, attraverso la previsione di strumenti, anche all’interno dei regolamenti parlamentari, le garanzie delle opposizioni in Parlamento.
Il terzo punta a favorire la trasparenza della vita politica ed a mantenere ed ampliare, all’interno del rapporto tra cittadino, Pubblica Amministrazione e Istituzioni, le garanzie di imparzialità e di buon andamento previste in Costituzione.
Il quarto punta a rafforzare gli istituti di democrazia partecipativa.

Su questa base le innovazioni possibili sono molto numerose e le opposizioni di centrosinistra intendono lavorare nell’ambito del seguente ventaglio:

1. in relazione al rafforzamento di un’area non maggioritaria:

– innalzare il quorum per l’elezione del Capo dello Stato ed estendere il collegio elettivo ad una significativa rappresentanza delle autonomie territoriali, oltre quella già assicurata dalla nuova composizione del Senato;
– innalzare i quorum per l’elezione delle altre cariche imparziali (i Presidenti delle Camere) e per l’approvazione delle regole del gioco (regolamenti parlamentari, legge elettorale, leggi di revisione in seconda lettura);
– riserva al Senato – come già detto – del potere di dar vita a commissioni di inchiesta con i poteri dell’autorità giudiziaria;
– attribuzione alla Corte costituzionale della potestà di decidere, in ultima istanza, sulle controversie relative alla elezione dei membri del Parlamento, sulle cause di ineleggibilità e incompatibilità dei parlamentari e sulle incompatibilità dei membri del Governo, nonché sulla insindacabilità delle opinioni espresse dai membri del Parlamento, rafforzando il più possibile il concetto di “nesso con le funzioni”, elaborato dalla giurisprudenza costituzionale e dalla dottrina.

2. in relazione al c.d. Statuto delle opposizioni:

– la previsione della facoltà di istituire dei portavoce dell’opposizione, riconosciuti ratione muneris dai Regolamenti parlamentari;
– il riconoscimento del diritto dell’opposizione di ottenere la istituzione di una Commissione camerale di inchiesta senza i poteri dell’autorità giudiziaria o l’attivazione di una indagine conoscitiva;
– la legittimazione dell’opposizione a ricorrere alla Corte costituzionale in caso di violazione delle disposizioni sul procedimento legislativo o sui limiti imposti all’esercizio da parte del Governo di poteri legislativi d’urgenza o di poteri legislativi delegati;
– la previsione che i regolamenti delle Camere debbano riservare adeguati spazi ai gruppi di opposizione nella formazione degli ordini del giorno e nella organizzazione dei lavori dell’Aula e delle Commissioni;
– l’attribuzione alla opposizione, sul modello britannico e tedesco, della presidenza delle Commissioni o Giunte parlamentari e degli altri organismi ai quali sono attribuiti essenzialmente compiti ispettivi, di inchiesta, di controllo o di garanzia.

3. si propone di favorire la trasparenza della vita politica ed un migliore rapporto tra cittadino e Pubblica amministrazione attraverso:

– l’introduzione di normative atte a garantire il pluralismo nell’informazione, il diritto dei cittadini ad una informazione politica libera e completa e la reale parità di accesso dei partiti e movimenti politici ai mezzi di comunicazione di massa;
– l’introduzione di nuove norme sull’eleggibilità al Parlamento e l’assunzione di incarichi di governo che prevengano i conflitti di interesse in ragione delle professioni e delle attività imprenditoriali (a partire da quelle nel settore dei mezzi di comunicazione di massa) che possano generare tali conflitti;
– l’introduzione in Costituzione di un advice and consent del Senato sulle nomine governative, ivi comprese quelle nelle società private, strumentali all’esercizio di attività pubbliche.

4. infine, si propone di incentivare la democrazia partecipativa attraverso:

– l’introduzione in Costituzione di un articolo specificatamente dedicato alla democrazia partecipativa, che ne definisca le articolazioni tanto sul versante dell’economia e della società, compresi i luoghi di lavoro, quanto su quello delle istituzioni pubbliche, prefigurando strumenti e procedure di partecipazione;
– il rafforzamento dell’iniziativa legislativa popolare, rafforzando i vincoli regolamentari alla trattazione della relativa proposta di legge in sede parlamentare;
– la rivitalizzazione del referendum abrogativo, elevando il numero delle firme necessarie a promuoverlo allo scopo di renderlo espressivo di una più consistente richiesta popolare; collocando in una fase intermedia il giudizio di costituzionalità della Corte Costituzionale; portando il quorum di validità alla metà più uno del quorum di partecipazione alle ultime elezioni politiche prima di ciascun referendum;
– la previsione, pur con un filtro, di un ricorso diretto dei cittadini alla Corte costituzionale in violazione dei diritti fondamentali, sulla falsariga del recurso de amparo e del verfassungsbeschwerde tedesco.