La legge e l’interesse generale: un paradigma per un’etica costituzionale?*

Metter insieme i concetti di «legge» e di «etica» nello stesso titolo potrebbe da subito indurre a ritenere che si stia tentando di nuovo di attribuire al diritto una qualche forma di dipendenza dalle categorie morali, cosa che per la verità esula, come tra breve cercherò di puntualizzare, dal presente orizzonte di riflessione. Da subito è opportuno, anzi, premettere come analizzando la più recente storia del concetto sia ormai evidente che nella legge debba essere individuato piuttosto un atto di organizzazione generale che non uno strumento per governare le passioni degli uomini, alla ricerca di un’idea di giustizia che in essa trovi la sua matrice e la sua stessa essenza materiale[1]. Come pure riflettendo sui rapporti tra diritto e legge non è ormai da tempo più possibile ad essa attribuire quel valore che fu già di centralità nel sistema della produzione giuridica, a fronte della pluralizzazione ed articolazione della potestà normativa in capo a differenti soggetti, organi ed enti tanto da poter attribuire allo stesso fenomeno della “crisi della legge” una già stabile e ricca proiezione nel campo di osservazione della fenomenologia politica e della riflessione scientifica.

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