Abstract
L’art. 3 del d.lgs. n. 81/2015 introduce una nuova disciplina sul mutamento delle mansioni, prevedendo la possibilità del sottoinquadramento del lavoratore come risultato di una decisione unilaterale del datore di lavoro. Si tratta di una misura legislativa del tutto inedita, che desta non pochi dubbi di legittimità in riferimento all’art. 35, 2 c., Cost. su “la formazione e l’elevazione professionale” quali “compiti” della Repubblica. L’articolo ripercorre in apertura il dibattito costituente al fine di evidenziarne la consonanza con un orientamento della Corte di Cassazione sul danno da demansionamento, per poi illustrare le novità normative che impongono al lavoratore un’ulteriore e specifico “genere” di flessibilità. Quest’ultimo contribuisce ad accrescere la generale incertezza caratterizzante le condizioni di lavoro nei più diversi contesti, che soltanto politiche improntate ad una rinnovata promozione dei principi fondamentali può contribuire ad attenuare.
Section 3 of Legislative Decree no. 81/2015 introduces new provisions governing changes to work duties, providing for the possibility of a worker’s job downgrading resulting from an employer’s unilateral decision. Such a legislative measure is quite unprecedented and raises not a few doubts regarding legitimacy in relation to Article 35(2) of the Italian Constitution, which refers to “the training and professional advancement of workers” as one of the Republic’s “tasks”. The article opens with a consideration of the Constituent Assembly’s debate on the point, in order to highlight its harmony with a line of decisions from the Court of Cassation on loss and damage caused by job downgrading. It then goes on to illustrate the legislative novelties that impose a further, specific “genre” of flexibility on workers. This genre is increasing the general uncertainty characterising working conditions in the widest range of contexts: an uncertainty that only policies directed at a constant promotion of fundamental principles can help to lessen.