Sommario. 1. Masculinities. 2. La revoca della Consigliera di parità, le decisioni del giudice amministrativo, le reazioni della dottrina. 3. Aspetti discriminatori di genere. 4. Fu vero dissenso? 5. Una Consigliera più indipendente forse non è tutto quel che serve. 6. Come usare Masculinities.
1.Masculinities
Secondo la teoria che da esse prende il nome, le Masculinities sono gli atteggiamenti, i comportamenti (come: autoritarismo, paternalismo o carrierismo) associati al modo normale, ‘egemonico’, e perciò normativo, di essere maschi: quello condiviso dagli uomini di classe media, bianchi ed eterosessuali[1]. Si tratta di stereotipi di genere, nei quali si radicano i giudizi di normalità e di accettabilità, che proteggono e fortificano l’identità, la coesione e la solidarietà di un gruppo a danni di altri, e che di quel gruppo perpetuano il potere: per Masculinities il comportamento discriminatorio è quello che tende a ribadire il modello dominante di identità maschile (e le corrispondenti azioni e comportamenti), e ad affermarlo nei confronti di soggettività distoniche o asimmetriche, siano esse maschili (es. omosessuali) o femminili. Lo schema che soggiace alla teoria delle Masculinities è quello, ricorrente nei Gender Studies americani, per cui la relazione uomo/donna (che si ripeterebbe nella relazione maschio eterosessuale/maschio omosessuale) è costruita su un archetipico rapporto di potere/soggezione, o dominazione/subordinazione[2]: pertanto, la hegemonic masculinity è forte (muscolare) e la femminilità normale e accettata, presupposta dai comportamenti discriminatori e imposta da essi, è “debole”[3].