1. Premessa: per un’identità nazionale in movimento. 2. Immigrazione e assimilazione negli Stati Uniti e in Canada. 3. La sconfessione del melting pot statunitense. 4. Immigrazione e multiculturalismo in Canada. 5. Lo ‘spazio’ dei migranti.
1. Premessa: per un’identità nazionale in movimento. Quello del rapporto tra immigrazione e identità nazionale sembra essere un leit-motif che, sulla scia dei corsi e ricorsi storici, torna a proporre i suoi argomenti e le sue ambivalenze soprattutto nei momenti di forte crisi o instabilità; i termini in cui ai migranti viene chiesto di disporsi lungo gli spazi idealmente tracciati da quella prende in tali casi la forma di una verifica della fedeltà verso il Paese che li ospita. Gli avvenimenti dell’11 settembre e le misure anti-terrorismo adottate nel Nord America hanno riproposto sentimenti di diffidenza nei confronti degli immigrati e un deciso calo di consenso verso l’immigrazione; se durante le due guerre mondiali furono i cittadini di origine tedesca e poi giapponese a fare le spese di simili backlashes[1], la pressione degli eventi più recenti si è trasformata in un’ondata di sospetti e restrizioni nei confronti dei cittadini di (supposta) “origine araba”. In particolar modo negli Stati Uniti, proprio le leggi sull’immigrazione sono state messe al servizio di un’aggressiva lotta al terrorismo, fornendo – con estreme forzature – la base giuridica per l’arresto e la detenzione di molti immigrati senza garanzie e senza limitazioni temporali; gran parte delle restrizioni anti-terrorismo adottate nei loro confronti sono state difatti formalmente giustificate sulla base di presunte violazioni di quelle leggi[2].