I diritti appesi alla gru visti da chi alza lo sguardo (quasi una corrispondenza da Brescia)


L’episodio dei sei immigrati che dal 30 ottobre si trovano su una gru in un cantiere della metropolitana di Brescia proprio di fronte alla Facoltà di Giurisprudenza (così come quello dei cinque immigrati sulla torre a Milano) impone con forza l’attenzione, prima ancora che su quello giuridico, su un problema che scuote, con toni drammatici, la coscienza di ogni individuo.

Un problema di umanità e di dignità. Un problema che trova la sua principale causa nella disastrosa (ed inutile) politica italiana dell’immigrazione, nel fenomeno del lavoro nero, nelle scelte di un legislatore che decide di introdurre una sanatoria per alcuni stranieri irregolari (colf e badanti) e non, invece, per quelli che lavorano nelle fabbriche, nei campi, nei cantieri. L’immigrato, manodopera a basso costo per lavori che i cittadini del Paese «evoluto» e «civile» non vogliono fare perché troppo pericolosi, faticosi o umilianti, risorsa per gli imprenditori e per l’economia del Paese, è trattato come «merce» e proprio per il fatto di essere considerato come se non fosse nemmeno una «persona», è esposto a discriminazioni e sfruttamento, ed ora, se clandestino, anche alla beffa di non poter regolarizzare la propria posizione.

Continua su PDF