In un intervento pubblicato in anteprima sul sito Astrid, dopo il Seminario organizzato da questa Associazione sulla riforma costituzionale, Carlo Fusaro 1) contrasta alcune posizioni diverse dalle sue, tra cui esplicitamente (anche se non nominativamente) quelle sostenute da chi scrive in quella stessa sede. La Direzione della Rivista www.costituzionalismo.it mi propone di svolgere poche e brevi osservazioni di replica, non perché sia utile una mia risposta per fatto personale, bensì a sostegno della sensibilità costituzionalistica cui d’ufficio sono stato inscritto e che da tanti è avversata con impeto eccessivo.
Su un punto Fusaro ha ragione: il dibattito non è facile tra posizioni troppo distanti. Personalmente però sono abituato al dialogo ed al rispetto delle posizioni altrui. Nella mia vita di studioso mi è capitato più volte di rinunciare a dire la mia (tutte le volte che ho ritenuto non ci fossero le condizioni per essere ascoltato e tutte le volte in cui ho reputato troppo elevato il rischio di essere frainteso, se non strumentalizzato), mai però ho accusato altri di avere detto la loro. La disponibilità al dialogo dovrebbe essere costume di una comunità scientifica sana e vivace. Ma il dialogo pretende delle regole. Una – mi sia permesso notarlo – non è stata in questo caso rispettata (ma ahimè non è così infrequente). Quando si è usato l’argomento della “non scientificità” delle posizioni che non sono condivise, e che si afferma addirittura di non capire. E’ possibile che Fusaro non le abbia capite (ma credo più semplicemente che non le condivida), ma affermare che la strada indicata dall’autore deve essere percorsa “da studioso”, mentre le altrui prospettive esulano “da qualsiasi aggancio con un approccio anche latamente scientifico” appare francamente non ammissibile. Credo comunque sia un argomento che non solo precluda il dialogo, ma che si ritorca sempre contro chi lo utilizza.
Peccati veniali – almeno di questi tempi – sono poi i toni usati, che pure per chi ricerca il dialogo nel rispetto delle diversità e nella chiarezza delle rispettive posizioni, non sono da sottovalutare. Mi chiedo cosa si possa dire dinanzi all’accusa di costituzionalterrorismo, ovvero di “inesplicabile” overdose di allarmismo, ovvero di lettura evidentemente caricaturale di molte formulazioni, ovvero di innumerevoli forzature interpretative e vere e proprie “invenzioni”, ovvero di toni apocalittici, ovvero di evocazione a volte del tutto gratuita dei sacri principi, ovvero di piccole falsità e notevoli inesattezze, ovvero di esagerare grandemente le conseguenze temute. Perché invece non discutere nel merito gli argomenti altrui? Sarebbe difficile per chiunque riconoscersi nel quadretto dipinto, e – personalmente almeno – non ho interesse a replicare.
Ho invece personale interesse a rettificare un’inesattezza (o piccola falsità?). Nessuno ha mai negato l’opportunità di discutere il progetto di revisione costituzionale nel merito e anche di proporre soluzioni alternative. Un addebito che men che mai può essere rivolto oggi a chi, come me, ma insieme a molta parte dei costituzionalisti italiani, lo ha sempre fatto. In passato, quando la revisione era proposta da una maggioranza diversa dall’attuale, i cui esponenti politici e le forze intellettuali erano meno controversi, ma – “da studiosi” – questo non poteva indurre a tacere se non si condividevano le diverse proposte e la prospettiva complessiva. Fusaro, coerentemente, rivendica di avere concorso “ad avviare la transizione degli anni Novanta”, dovrebbe lasciare ad altri rivendicare una diversa coerenza. Caro Fusaro, dirà il futuro se è stata “la cosa giusta” (ma in base a quali parametri parli di “giusto”? Non credo ti riferissi all’urlo di harlemiana memoria: “Do the right thing!”) la transizione che hai contribuito a produrre, oppure se come io credo le trasformazioni del sistema costituzionale hanno contribuito a produrre un’insopportabile “torsione plebiscitaria”, nonché l’erosione di alcuni principi su cui si è venuto edificando il sistema costituzionale; principi che con troppa disinvoltura si sono voluti superare, anziché – come ritengo invece necessario – ridiscuterli per adeguarli alle mutate condizioni, non tanto nazionali, quanto mondiali. A noi spetta solo il compito di proporre argomenti, alla storia quello di giudicarli.
Ma la inesattezza di cui – con altri – mi si accusa è, in particolare, di non volere discutere di quest’ultimo progetto di revisione costituzionale. Figuriamoci: ho criticato le proposte delle maggioranze più presentabili – con molte difficoltà dettate dal contesto e qualche scrupolo personale – posso ora continuare a farlo senza remore e – ritengo – con assoluta coerenza. Nel mio breve intervento al Seminario di Astrid ho volutamente ed esplicitamente posto esclusivamente un problema di metodo e non di merito: la necessità di far fallire un progetto – nel merito – non condivisibile cercando di discutere dello stato della cultura costituzionale (che considero debba essere rianimata). Può non piacere la prospettiva, ma almeno la si discuta. D’altronde nessuno può ritenere che le questioni di metodo non siano legate al merito, anzi in questo caso ne sono l’esito. L’accusa è di non avere parlato in quella specifica sede del merito del progetto? E’ stata una scelta di priorità (oltre che di tempo a disposizione), come fa ciascuno di noi ogni volta che interviene nel dibattito scientifico. Si contesta la priorità del metodo sul merito? Ma con ciò si opera già una scelta di merito! Una scelta che – ovviamente e come tutte – può essere discussa. Ciò che non può farsi è dedurne l’indeducibile: considerare che ciò sottenda una rinuncia alla critica (auspicabilmente, dal mio punto di vista “scientifico” ma non neutrale, la più serrata e battagliera possibile) alle diverse proposte di revisione della Costituzione. Una deduzione questa tanto lontana dalla mia idea di una cultura “rigorosa e dialogante”, che non posso accettarla. In fondo, per quanto mi riguarda, bastava documentarsi (mi permetto di facilitare la ricerca: in questo stesso sito ho avuto modo più di una volta di contribuire, insieme ad altri, alla critica di merito del progetto).