Abstract
L’articolo mette a fuoco il contradditorio status del lavoro penitenziario nell’ordinamento italiano. Da un lato, esso risente ancora dell’impostazione del Codice Penale del 1930 che considera il lavoro uno strumento sanzionatorio e, dell’altro, dell’ordinamento penitenziario del 1975 che, ispirato alla retorica ottocentesca, lo eleva a primo strumento di reinserimento sociale. A partire da questa situazione si ricostruisce il tortuoso percorso che sta portando gradualmente a trasformare il detenuto-lavorante, assoggettato all’autorità dell’amministrazione penitenziaria, in lavoratore-detenuto titolare, sulla carta, di diritti. Questo percorso, tracciato in origine dalle giurisprudenza della Corte Costituzionale, sembra essere stato ripreso negli ultimi anni, dopo l’entrata in vigore delle Regole penitenziarie europee del 2006, dalla giurisprudenza della Corte Edu. Si affronta poi il grave problema della sistematica violazione del diritto dei detenuti ad essere retribuiti per il lavoro svolto con salari adeguati ai Ccnl e si avanza l’ipotesi che il nuovo articolo 35 bis dell’ordinamento penitenziario possa costituire il mezzo per venire a capo di questa situazione di illegalità che si trascina da oltre venti anni. Data la pochezza e la parzialità a volte ingannevole dei dati ufficiali, per dare concretezza ai problemi normativi si è cercato di costruire una fotografia realista del lavoro nei penitenziari italiani: emerge che esistono un numero esiguo di posti di lavoro, con un contenuto risocializzante pressoché nullo, dato che nella stragrande maggioranze dei casi si tratta di lavori umili e pagati molto al di sotto dei limiti imposti per legge.
The article focuses on the contradictory status of prison labour in Italian penitentiary system. The rules on labour in prison are still suffering, on one hand, from the influence of Penal code of 1930 that considers prisoners’ work as a tool of punishment and, on the other, from the penitentiary legislation, inspired by the nineteenth-century rhetoric exalting its role in social reintegration. Starting from this state of art, the essay retraces the tortuous road that is leading to the transformation of working inmates, subject to the authority of the prison administration, to worker-detained as owner of rights. This path was initially traced by Italian Constitutional Court Case-Law and recently developed by the ECHR, after European Prison Rules of 2006 entered into force. Then the essay addresses the serious problem of systematic violation of right of prisoners to be paid for their work with adequate wages, and suggests that new judicial remedy provided for by new Article 35 of penitentiary law could be used to overcome this violations of law. For assessing the role of law in action, the article examines the poor and often ambiguous official data related to prison work, trying to draw a realistic picture of labour in Italian prison system: limited number of jobs’positions, not actually aiming to resocialization, in most cases menial jobs paid below the standards imposed by law.